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Shutdown del governo Usa, niente accordo tra Trump e i democratici sul budget per il muro anti-immigrati

New York - Lo shutdown del governo degli Stati Uniti è scattato puntuale, alla mezzanotte di venerdi' ora americana, le sei del mattino italiane. Nessun compromesso sul budget tra la Casa Bianca e i repubblicani piu' intransigenti da una parte, l'opposizione democratica dall'altra. Nessuno accordo cioè sul diktat di Donald Trump, la richiesta di quasi sei miliardi di dollari per costruire un muro anti-immigrati ai confini con il Messico, nonostante tentativi in extremis ieri sera soprattutto al Senato, dove era emersa una maggioranza bipartisan favorevole a intese per finanziare temporaneamente il governo fino agli inizi di febbraio senza il muro. E dove nelle ultime ore erano state intavolate trattative per inserire altre misure di rafforzamento della sicurezza ai confini, rifiutate pero' dalla Casa Bianca e dai suoi alleati parlamentari.

La maggioranza repubblicana alla Camera ha piuttosto approvato un duro provvedimento che stanzia 5,7 miliardi per il muro e il Congresso si è poi aggiornato a oggi senza superare l'impasse. Ulteriori prove di negoziato sono attese nelle prossime ore.

Oggi, così, gli americani si svegliano con uffici federali parzialmente paralizzati, almeno nelle attivita' considerate non essenziali. Lo shutdown interessa in tutto 800mila lavoratori federali, 420mila dei quali, classificati come indispensabili, continueranno a presentarsi al loro posto pur senza essere pagati e fino a 380mila che verranno invece lasciati direttamente a casa, costretti ad accettare un'assenza non remunerata. In tutto nove ministeri e numerose agenzie e enti federali ne risentiranno pesantemente, dal Dipartimento del Tesoro al Commercio, dall'Agricoltura alla Giustizia, dai Trasporti al Dipartimento di Stato.

La paralisi riguardera' progressivamente anzitutto musei (gli Smithsonian Museaums) e monumenti federali, i parchi azionali (l'80% dei dipendenti resterà a casa), gran parte delle attività della Nasa, l'agenzia delle entrate Irs. In alcuni casi fondi di riserva consentiranno l'apertura dei servizi per alcuni giorni: gli Smithsonian hanno reso noto che potranno resistere fino al primo gennaio.
Continueranno a funzionare normalmente invece le autorita' di sicurezza nazionale - dall'Fbi alle forze armate al Dipartimento di Sicurezza domestica - come anche il servizio postale e gli ospedali pubblici per i veterani. In azione restera' inoltre l'inchiesta sul Russiagate e le possibili complicita' della campagna di Trump condotta dal procuratore speciale Robert Mueller.
La paralisi potrebbe tuttavia aggravarsi con il passare del tempo, con l'esaurirsi di ogni risorsa di riserva dei diversi ministeri. Gli shutdown non sono una novita' negli Stati Uniti, ma i rischi in termini di crisi di fiducia e credibilita' sono sempre in agguato e difficili da misurare e potrebbero essere particolarmente elevati oggi con un'amministrazione gia' in preda al caos e a terremoti, ultimo quello causato dalle dimissioni in protesta del Ministro della Difesa James Mattis. Wall Street e' oltretutto reduce dalla settimana peggiore dalla crisi finanziaria ed e' avviata a chiudere un mese nero, con il Nasdaq entrato ieri in territorio ribassista dell'Orso.

Dal 1981 ci sono stati dodici shutdown di durata variabile da un solo giorno a tre settimane, ad un costo stimato in circa 6,5 miliardi di dollari alla settimana. Uno dei piu' seri shutdown e' avvenuto sotto la presidenza di Barack Obama nell'ottobre del 2013, durato per i primi sedici giorni del mese. In gioco era allora la riforma sanitaria Obamacare alla quale i repubblicani al Congresso volevano togliere i finanziamenti attraverso la legislazione finanziaria. Teoricamente la finanziaria americana dovrebbe essere varata entro l'inizio di ogni anno fiscale, il primo ottobre, ma spesso i ritardi vengono risolti con ripetuti provvedimenti temporanei bipartisan che lasciano spazio al rischio di simili crisi.

Il clima di scontro aperto tra Trump e i democratici ha generato una totale impasse. Trump ha scatenato particolare confusione cambiando ripetutamente posizione: aveva inizialmente segnalato intransigenza sul muro con il Messico, poi aveva al contrario segnalato flessibilità, infine è però tornato nuovamente all'offensiva dando un ultimatum: o il muro o nulla. Ha anzi detto di essere “orgoglioso” di chiudere il governo per il muro, anche se ha poi accusato i democratici di essere responsabili dello shutdwon perché denunciano quel muro come inutile e dannoso. Trump nelle ultime ore ha alzato ancora il tiro minacciando uno “shutdown molto lungo” se l'opposizione non si arrenderà. È forse stato incoraggiato dalla ribellione a qualunque compromesso senza il muro - tema centrale della campagna elettorale di Trump e di numerosi ultra-conservatori - di un consistente gruppo di deputati repubblicani alla Camera, i quali vedono adesso l'ultima chance di far passare la loro agenda anti-immigrazione, visto che l'anno prossimo, come risultato delle elezioni di Midterm, la Camera diventerà a maggioranza democratica.

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