I Gilets Jaunes non si arrendono. Ridimensionati di numero nelle manifestazioni di piazza, un po’ radicalizzati e concentrati ormai su temi soprattutto politici come il Référendum d’initiative citoyenne, si sono fatti notare anche per un crescendo di atti violenti: i deputati del partito di Macron, La République en Marche (Rem) denunciano minacce, intrusioni domestiche, auto incendiate. Patricia Gallernau, del Mouvement Démocrate (MoDem) di François Bayou, alleato della maggioranza, ha persino trovato un muro eretto di notte attorno alla propria villetta. Sabato è previsto l’Acte IX, la nona manifestazione consecutiva, concentrata a Bourges, al centro della Francia.
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Leader o portavoce?
Chi li guida? Il movimento rinuncia al momento ad avere leader, ma è innegabile che alcuni di loro hanno un ruolo centrale
mentre altri, considerati (o autoproclamatisi) portavoce hanno avuto un momento di notorietà prima di sparire. I due nomi
sicuri sono sicuramente quelli dei due primi organizzatori: Priscillia Ludosky e Éric Drouet.
La petizione di Priscillia Ludosky
Tutto inizia con Priscillia Ludosky: a maggio 2018 lancia su change.org un’argomentata petizione: «Per l’abbassamento dei prezzi del carburante alla pompa», rivolta al ministro per la Transizione ecologica e allo stesso
presidente Macron. Ottiene un successo straordinario: 1.186.555 adesioni, il massimo mai raggiunto in Francia. La petizione
non contesta l’idea del governo di ridurre l’inquinamento, ma le misure adottate, considerate contraddittorie: l’aumento delle
imposte sul gasolio a favore non tanto delle auto ibride ed elettriche, ancora molto costose, ma – nei fatti, almeno – a favore
delle auto a benzina. Ludosky, 33 anni, originaria della Martinica e residente a Savigny-le-Temple, a 30km da Parigi – è del
resto sensibile ai temi ecologici: ex impiegata della Bnp Paribas, dove si è occupata di garanzie internazionali con ruoli
anche organizzativi, vende oggi online prodotti di biocosmetica, ecocompatibili, grazie anche a una serie di diplomi di aromatologia.
Le proposte della sua petizione puntano così a istituire sussidi per l’acquisto di auto ibride ed elettriche, e a facilitare
il telelavoro per ridurre il numero di pendolari verso Parigi.
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«Che ne è stato delle vostre promesse?»
È considerata la testa pensante del movimento. Più moderata di altri protagonisti, era comunque presente alle manifestazioni
di sabato scorso che hanno segnato un’escalation nelle violenze, dove ha letto una lunga lettera aperta a Emmanuel Macron: «La collera si trasformerà in odio se continuate, dal vostro piedestallo, voi e i vostri simili, e considerare
la gente comune come dei plebei, dei “senza denti”, delle persone che non sono nulla. Che ne è stato delle vostre promesse
in campagna elettorale? Che ne è stato delle vostre belle frasi di aggregazione di quanto volevate salire in cima?». Il cedimento
sul tema del glifosato – che ha contribuito alle dimissioni del popolarissimo ministro della transizione ecologica Nicolas
Hulot – e in generale ai gruppi petroliferi sono i punti chiave del suo intervento, nel quale si chiede a Macron di non trasformare
la grande marcia per il clima del 27 gennaio in «“una marcia di sostegno alla vostra personale grandeur». Parteciperà al grande dibattito sulla fiscalità voluto da presidente, ma porterà avanti la nuova proposta del movimento,
quel Référendum d’initiative citoyenne che turba il mondo politico francese. Priva di affiliazioni politiche, è stata incoronata
da un recente sondaggio “Donna dell'anno”, a pari merito con Angela Merkel.
I raduni di Éric Drouet
Completamente diversa la figura di Éric Drouet, che pure di Priscillia resta stretto collaboratore. È stato lui a contattare Ludosky, in ottobre, su Facebook, e a lanciare
l’idea di una serie di manifestazioni di piazza contro i rincari dei carburanti. Sapeva come muoversi: 33 anni, autotrasportatore
di Melun - a un passo dal villaggio di Ludosky - padre di una bimba, Drouet ama le di auto di grande cilindrata e aveva già
organizzato via social diversi raduni tra appassionati dei motori. Ha così lanciato, dal 25 ottobre, le prime manifestazioni
del 17 e del 24 novembre a Parigi - anche se l’idea dei giubotti gialli è stata del meccanico Ghislain Coutard, 37 anni, di Narbonne - conservando poi un ruolo di primo piano. In qualità di portavoce è stato ricevuto il 17 novembre,
insieme a Ludosky, dal ministro per la Transizione ecologica, François de Rugy, ma ha poi rifiutato di incontrare il primo
ministro Édouard Philippe, ma non in polemica con il governo. «Mi rifiuto di andare domani dal primo ministro: nessuna delegazione
ha ancora il compito di rappresentare i Gilets jaunes», disse in quell’occasione, ritenendo necessario, per poter incontrare
il governo, la formazione di una «delegazione rappresentativa» dei Gilets «e dei loro rappresentanti nelle regioni».
«Entriamo all’Eliseo»
Pochi giorni dopo la sua prima scivolata: «Quando arriverete all'Eliseo che farete?», gli aveva chiesto un giornalista della
Bfmtv. «Entreremo», aveva risposto Drouet, che il giorno dopo si è precipitato a invitare i manifestanti “alla calma”. L’immagine
di esponente radicale del movimento è stata poi rafforzata dall’arresto, il 22 dicembre, perché in possesso di un bastone
considerato “arma impropria” (sarà giudicato il 5 giugno). Il 2 gennaio è stato di nuovo fermato (e rilasciato il giorno dopo)
per aver organizzato una manifestazione non autorizzata: con 50 persone ha portato candele in Place de la Concorde in omaggio
ai feriti delle manifestazioni, alcuni dei quali mutilati dalle granate lacrimogene istantanee, le GLI-F4, dotate di una carica
di TNT, usate nel mondo, tra mille polemiche, solo dalla polizia francese. Aveva salutato con favore il sostegno del leader
dei Cinque Stelle Luigi Di Maio, ma ha poi cambiato idea: «Signor Luigi di Maio - ha scritto frettolosamente giovedì sulla
pagina facebook La France en Colère - I Gilets Jaunes hanno cominciato come movimento apolitico fin dall’inizio, e altrimenti non sarebbe ciò che oggi è! Rifiuteremo
ogni aiuto politico, non importa da dove venga! Rifiutiamo dunque il vostro aiuto. Abbiamo cominciato soli, finiremo soli».
Un mistero le sue affiliazioni politiche: avrebbe dichiarato, qualche mese fa, di aver votato la stessa persona al primo e
al secondo turno delle presidenziali del 2017 – e quindi Marine Le Pen – ma successivamente ha smentito di essere vicino al
Rassemblement national.
Jacline Mouraud e i suoi fantasmi
Jacline Mouraud ha invece preso subito le distanze dal sostegno di Luigi Di Maio, giudicandolo «inaccettabile: il vostro vicepremier
ha perso un'occasione per tacere». Mouraud, 51 anni, residente a Ploërmel, in Bretagna, si è in realtà allontanata dal movimento
dopo aver ricevuto minacce di morte e quando i Gilets hanno chiesto le dimissioni di Macron, al punto da annunciare la creazione
di un nuovo partito politico moderato, Les Emergents, con la collaborazione anche di alcuni parlamentari. Aveva fatto scalpore
però un suo video su facebook, visto più di 5 milioni di volte, nel quale esprimeva, da automobilista, tutta la collera dei francesi («Abbiamo
gli stivali pieni»). “Autrice e compositrice”, Mouraud, madre di tre figli, aveva cercato già in passato la notorietà proponendo
nel 2014 un nuovo – e scadente – inno nazionale in sostituzione della Marseillaise, giudicata troppo aggressiva, e anche come ipnoterapeuta esperta di ectoplasmi
e di sedute spiritiche: un suo stage di un giorno e mezzo, con sedute di ipnosi, costava sembra 280 euro nel 2013, quando
sosteneva e pubblicizzava il lavoro di Michelle Lhôrence, che per 135 euro inviava la trascrizione del colloquio con il defunto
desiderato. Nel 2017 prendeva le distanze dalla politica ambientale di Macron: «Ascoltate Macron parlare del clima al G7 mentre
guardate le scie chimiche del giorno».
Benjamin Cauchy, sovranista
Benjamin Cauchy si è fatto notare per le sue capacità organizzative nella regione di Tolosa. Quadro nel settore commerciale, consigliere comunale
a Laon, a nord est di Reims, nel nord, nelle file dell’Ump, il partito di Nicolas Sarkozy, è stato sindacalista all’università
a Lille. Ha recentemente ammesso, dopo molto tergiversare, di essere vicino alle posizioni di Nicolas Dupont-Aignan, leader
di Debout la France, sovranista ed euroscettico. Ha preso recentemente le distanze dalle manifestazioni, auspicando un ritorno
al carattere non-violento delle origini; ma continua ad essere ascoltato dai media in qualità di rappresentante dei Gilet Jaunes libres, di cui è animatore con Cédric Guemy e Christophe Chalençon entrambi caratterizzati da simpatie di destra (e, fino a qualche tempo fa, a insieme con Jacline Mouraud). Il gruppo, il 1°
dicembre, ha pubblicato sul Journal de la Dimanche un appello per condannare le violenze offrire al governo una via di uscita dalla crisi. Le rivendicazioni, però, restano le stesse:
un dibattito sulla fiscalità, referendum e scrutinio proporzionale (caro ai partiti, soprattutto di medie dimensioni).
Véronique Rouillé e Yvan Yonnet: Gilets o ParDem?
Il ruolo di Véronique Rouillé e Yvan Yonnet nel movimento dei Gilets Jaunes non è chiaro ma i due esponenti hanno partecipato - autoproclamandosi portavoce - a diversi
incontri in Italia, anche con alcuni politici. Sono entrambi esponenti del ParDem, il Parti de la demondialisation, fondato
– con un nome diverso – da Jacques Nikonoff, ex comunista ed ex presidente di Attac. Rouillé, 60 anni, di Ver-Sur-Mer (Calvados)
è stata candidata alle regionali del 2015 e poi alle legislative nel 2017 a Honfleur, dove ha ottenuto 50 voti. Madre di due
figli, responsabile di una équipe solidarité – che si occupa dei clienti in difficoltà economica – della Edf, dopo essere
stata iscritta al Parti Communiste Français dal ’76 al ’95 e alla Cgt dal ’77 al ’99 è anticapitalista al di là delle divisioni
destra-sinistra e si è molto spesa, nel ’92, contro il trattato di Maastricht, oggetto in Francia di un referendum. Yvan Yonnet,
di Épinay-sur-Odon, è elettricista per le reti a basso voltaggio, anch'egli alla Edf, ha fatto a lungo parte della Cgt poi
ha aderito a Sud Energie Calvados, di cui è stato segretario. Bassista jazz, fa parte della Melon Jazz Band, attiva nella
regione di Caen. Si è candidato nel 2017 nella circoscrizione di Vire, dove ha ottenuto 93 voti. Entrambi sono contrari alle
grandi istituzioni internazionali: Fondo monetario internazionale, Organizzazione mondiale del commercio (Wto), Banca mondiale,
l’Unione europea e l’euro, la Nato e la Borsa sono i loro obiettivi polemici.
Gli otto portavoce ufficiali
Il gruppo di portavoce “ufficiali” scelti dai Gilet a novembre comprendeva, oltre a Ludosky e Douet anche altre sei persone,
cinque uomini e una donna, che quasi subito – anche a causa delle polemiche sulla loro scelta – hanno rinunciato al loro
ruolo. Il più noto è Jason Herbert, 26 anni, responsabile delle comunicazioni della mediateca di GrandAngoulême, l’agglomerato amministrativo attorno ad Angoulême,
nell’Est della Francia: aveva incontrato il 26 novembre Édouard Philippe, insieme a un altro portavoce, rimasto misterioso.
Il colloquio è durato pochi minuti, subito interrotto dopo il rifiuto del presidente del consiglio di trasmettere l’incontro
in diretta su Facebook. Gli altri sono: Mathieu Blavier, 20 anni, di Miramas-le-Vieux in Provenza, piccolo imprenditore nel settore delle patate vicino alla destra sovranista di
Debout La France; Marine Charrette-Labadie della regione Corréze, 22 anni, cameriera «piuttosto di sinistra»; Julien Terrier, 31 anni di Annecy, a sud di Ginevra, ex aviatore oggi artigiano (ristrutturazioni e riparazioni), lontano dai partiti tradizionali;
Maxime Nicolle, 31 anni di Dinan in Bretagna, precario, detto Fly Rider, vicino a Marine Le Pen, e “complottista” (ha espresso dubbi sull’attentato
di Strasburgo); e Thomas Miralles, 25 anni di Perpignan al confine con la Spagna, agente di mediazione su prestiti immobiliari, candidato al consiglio comunale
di Canet-en-Roussillon nel 2014 in una lista sostenuta dal Front National e nel 2010 in una lista sostenuta dal Parti Socialiste.
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