«È più probabile che non si attui la Brexit piuttosto che si attui senza un accordo» dice alla vigilia del voto decisivo la premier Theresa May parlando in una fabbrica di porcellane a Stoke-on-Trent, roccaforte del Leave. «Non c'è mai stato un referendum che non sia stato onorato nel Regno Unito», ha aggiunto la primo ministro. Che a poche ore dalla disfatta del suo negoziato ne fa una questioen di democrazia: «Abbiamo il dovere di attuare la Brexit o sarà «una catastrofe».
Alla vigilia del voto dei Comuni, previsto domani pomeriggio 15 gennaio alle 20 italiane, sulla ratifica del suo accordo di divorzio con Bruxelles, May è in piena campagna elettorale per far passare il suo accordo che probabilmente non ha i numeri in Parlamento. «Cosa diremmo se avesse vinto Remain e il Parlamento cercasse di portare fuori il Regno Unito dall’Ue?», si domanda la premier Tory. «La fiducia del popolo nel processo democratico e nei politici subirebbe un danno catastrofico. «All or nothing». Tutto o nulla. Piena affermazione della propria linea, oppure inversione di marcia sul processo di uscita dall’Unione europea.
Ue rassicura ma è irremovibile
Intanto la linea Ue non cambia: non ci sono possibilità di modificare l'accordo siglato tra Ue e Regno Unito sulla Brexit,
si legge in una lettera inviata dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e dal presidente della Commissione europea
Jean-Claude Juncker alla premier britannica Theresa May per chiarire la posizione europea sul tema. Ma la Ue sottolinea di
«non augurarsi» l'entrata in vigore del backstop sul confine irlandese, che di fatto lascerebbe il Regno Unito nell'unione
doganale, quindi dentro la Ue, anche se temporaneamente, cioè finché non verranno definiti i futuri rapporti commerciali.
«La Commissione può confermare che, così come il Regno Unito, l'Unione europea non si augura» che questa disposizione (il
backstop) «entri in vigore», si legge nella lettera. Il nodo del confine irlandese è contestato da parte della maggioranza
che sostiene il governo May ed è il motivo principale che può portare alla bocciatura dell'accordo da parte del Parlamento
britannico.
La linea di May
La premier si gioca l’ultima carta per salvare il proprio accordo sulla Brexit, mettendo in guardia gli euroscettici di oltre Manica sul fatto che, in caso di No deal, le probabilità che
la Gran Bretagna resti nell’Ue appaiono particolarmente alte. All’inizio di una delle settimane più turbolente della sua premiership, la May prova a evitare una clamorosa debacle al voto sull’accordo da lei costruito.
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Nel discorso di Stoke-on-Trent espone tutti i propri dubbi sul compimento della Brexit in caso di No deal. E fermare la Brexit rappresenterebbe un tradimento di milioni di elettori che hanno scelto di lasciare l’Ue nel referendum del 2016. «E se ci trovassimo in una situazione in cui il Parlamento tentasse di far uscire il Regno Unito dall’Ue in opposizione ad un voto di mantenimento? La fiducia dei cittadini nel processo democratico e dei loro politici subirebbe un danno catastrofico», dice. «Abbiamo tutti il dovere di attuare il risultato del referendum».
La scelta di Stoke è significativa. Nella città nell’Inghilterra centrale, a 217 chilometri a nord di Londra e una volta cuore dell’industria mondiale della ceramica, il voto pro Brexit del 2016 ha registrato un’adesione senza pari nel Regno Unito. Il tutto mentre, come riporta il Sunday Times, in Parlamento ci sarebbe chi sta lavorando per procrastinare l’uscita dall’Unione europea a dopo il 29 marzo o addirittura far saltare Brexit. Una prospettiva comunque giudicata non credibile da molti strenui sostenitori della Brexit, come l’ex segretario di Stato per gli affari esteri Boris Johnson: «Se mi chiedete cosa penso di questo complotto - ha scritto nella sua rubrica sul Daily Telegraph - e del rischio che il Parlamento in qualche modo ostacoli Brexit, temo che sia tutta una sciocchezza. Non deve, non può e non succederà». May ha 24 ore per salvare un accordo con l’Ue frutto di quasi due anni di negoziati, ma la missione sembra praticamente senza speranza.
Il No deal fa paura. Secondo l’analisi della Banca d’Inghilterra, un’uscita caotica e priva di accordi commerciali dall’Ue
potrebbe avere gravi contraccolpi su sterlina e prezzi delle case, facendo precipitare il Regno Unito in una recessione peggiore
della crisi finanziaria di dieci anni fa. Per i sostenitori di Brexit più intransigenti, May dovrebbe tornare all’Ue e rinegoziare
le parti più controverse dell’accordo, anche se Bruxelles ha già indicato che c’è poco spazio per il compromesso. Si dice
anche che gli altri ministri esortino May a cercare un piano comune con il partito Laburista. Il fine di questi ultimi resta
comunque quello di far cadere il governo: il leader Jeremy Corbyn si è infatti detto pronto a una mozione di sfiducia, in caso di mancata approvazione dell’accordo da parte del Parlamento.
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