La Germania rischia la recessione? Quanto è preoccupante il rallentamento dell'economia tedesca, che si sta rivelando peggiore del previsto con una crescita zero nell’ultimo trimestre dopo il -0,2% del terzo? Quali le cause? Il Pil in Germania crescerà quest'anno attorno all'1% dopo una media degli ultimi anni poco sopra il 2%: che cosa sta facendo e che cosa dovrebbe fare il Governo tedesco per rinforzare
una crescita che si sta indebolendo più di quanto atteso? Più investimenti? Taglio delle tasse? Riforme strutturali? E cosa
fanno i sindacati? E le imprese? A queste domande hanno risposto cinque economisti tedeschi tra i principali e più influenti
in Germania: Clemens Fuest, Isabel Schnabel, Marcel Fratzscher, Reint Gropp e Roland Döhrn. Ecco le loro risposte.
Clemens Fuest (Ifo)
Il rallentamento dell’economia tedesca si è manifestato in maniera crescente nel corso del 2018: il nostro indice Ifo Business
Climate sulla fiducia delle imprese si è deteriorato quasi continuamente l’anno scorso. Il dato del Pil ora conferma questa
tendenza. Il rallentamento è guidato dall'export debole e specifici problemi dell’industria automobilistica: problemi transitori con le emissioni WLTP ma anche problemi collegati
al diesel. Al tempo stesso l’economia interna in Germania è stabile, l’occupazione cresce e i salari sostengono la domanda.
Il numero degli occupati toccherà un nuovo record nel 2019. L'industria delle costruzioni è in pieno boom. I rischi stanno
arrivando principalmente dall’esterno, in particolare da uno scenario di hard Brexit e dal rallentamento di altre economie
europee, in particolare quella italiana.
La politica fiscale in Germania è già piuttosto espansiva, quest'anno lo stimolo fiscale sarà pari allo 0,7% del Pil. E aumentare gli investimenti pubblici è difficile perché l’industria delle costruzioni non ha altra capacità inutilizzata. Non c'è una reazione visibile dei datori di lavoro e dei sindacati in risposta a questo rallentamento della crescita. Le richieste di aumento dei salari dai sindacati restano abbastanza alte, e questo non è inusuale: il più grande sindacato della pubblica amministrazione ha appena richiesto un aumento salariale del 6% ma l’accordo finale sarà notevolmente più basso.
Dal momento che il rallentamento della crescita è dovuto soprattutto al settore delle esportazioni, quello che il governo
tedesco può fare è limitato. Evitare una hard Brexit sarebbe molto importante per rimuovere l’incertezza, a sostegno di quegli
investimenti che al momento sono frenati proprio dall’incertezza.
Isabel Schnabelmembro del Consiglio degli esperti economici del Governo
La fine del 2018 è stata chiaramente peggiore del previsto. Al momento della stesura del nostro rapporto (rapporto economico
del Consiglio degli esperti nel novembre 2018) avevamo già previsto un terzo trimestre negativo a causa dei problemi temporanei
dell’industria automobilistica legati alle emissioni con i nuovi test europei (WLTP). All’epoca la nostra previsione per
il 2019 era ancora all'1,5%, nel senso che abbiamo interpretato il rallentamento come un ritorno verso la crescita potenziale,
dunque una normalizzazione, causata dall'aumento dei limiti della capacità produttiva.
Tuttavia, i dati successivi sono stati peggiori di quanto previsto. In particolare la crescita delle esportazioni è stata
bassa e la produzione delle auto è rimasta a livelli bassi più di quanto atteso. Tutto questo sembra essere collegato a uno
sviluppo generalizzato meno dinamico dell’economia globale, inclusa la Cina e alcune parti della zona dell'euro. La domanda
interna in Germania è ancora forte. In particolare, l’occupazione è prevista ancora in aumento e la crescita dei salari resta
dinamica. Inoltre, la politica fiscale è piuttosto espansiva quest'anno: per esempio sono stati ridotti i contributi per
la disoccupazione.
Tutto considerato, non vedo una Germania che entra in una recessione ma la crescita probabilmente si manterrà attorno all'1 per cento. Il 2% è chiaramente irrealistico per quest'anno, dato che la crescita potenziale non è superiore all'1,5 per cento.
Non enfatizzerei troppo i fattori strutturali in riferimento a questo rallentamento economico. Ma è certamente vero che alcune
riforme sono necessarie per favorire la crescita sul lungo termine, aumentando la crescita della produttività attraverso l’innovazione
e gli investimenti nelle infrastrutture. Il piano industriale nazionale annunciato di recente ( dal ministro dell'Economia
Peter Altmaier, ndr), che favorisce soprattutto chi ha già posizioni dominanti, sta andando nella direzione sbagliata.
Marcel Fratzscher(DIW)
La crescita rallentata che vedremo in Germania quest'anno è dovuta alla combinazione di più fattori: una certa normalizzazione
che arriva dopo diversi anni di crescita molto robusta; fattori esterni, non tanto in termini di rallentamento dell’export
ma anche di un aumento dell’incertezza (per esempio dovuta a Brexit) che sta frenando gli investimenti e la crescita. Aggiungerei
nella lista delle incertezze esterne anche l'andamento dell'economia negli Usa e in Cina. La Germania ha anche problemi strutturali
di suo che il governo deve affrontare, ma questi sono una minaccia per la crescita futura se nulla verrà fatto. Non ritengo
i problemi strutturali siano responsabili per il calo del tasso di crescita che vedremo quest'anno.
Non c'è dunque una risposta specifica a questo rallentamento da addossare al governo, perché si tratta di una normalizzazione. I consumi privati non hanno bisogno di stimoli quando il mercato del lavoro attraversa una fase di boom e i salari stanno crescendo. Abbassare le tasse societarie non farebbe nulla per alleviare l’incertezza dovuta invece ad eventi futuri come per esempio Brexit. Ed è questa incertezza che sta rallentando gli investimenti nel settore privato, non è un problema di tasse troppo alte o di mancanza di risorse finanziarie.
Il governo dovrebbe comunque focalizzarsi sulle sfide di lungo termine e sui nostro problemi strutturali che sono l’istruzione
(non solo quella dei giovani, anche la formazione in età avanzata), le infrastrutture, la digitalizzazione dove siamo molto
indietro rispetto ad altre economie avanzate. Servono più investimenti pubblici, ma anche una regolamentazione più intelligente
e un'agenda per mettere a punto le priorità. E non vedo nulla di questo al momento.
Reint Gropp (IWH)
Alcuni osservatori sono rimasti sorpresi dalla resilienza dell’economia tedesca e io sono uno di questi. Nel senso che mi
sarei aspettato che il rallentamento si sarebbe manifestato prima di quanto invece è accaduto. Detto questo, è stato comunque
un cambiamento brusco e nel breve periodo largamente guidato dai problemi dell'industria automobilistica tedesca collegati
alle immatricolazioni con i nuovi standard europei (WLTP). In linea di massima, i rischi che già esistevano si sono infine
materializzati: tra questi il più importante direi è quello del rallentamento della crescita in Cina. Brexit, Trump e persino
l’Italia sono per ora fattori minori ma possono aver contribuito a questo diffuso senso di incertezza che ha un effetto negativo
sugli investimenti delle imprese.
In quanto ai problemi strutturali della Germania, non sono nuovi e sono ben noti. Non hanno contribuito tuttavia a questo
rallentamento ma piuttosto diventeranno un problema nel lungo termine: portando molto probabilmente a un calo della crescita
della produttività e una riduzione della una crescita potenziale della produzione (forse simile a quanto accaduto in Italia).
Sembra che il governo tedesco sia stato preso alla sprovvista. Il disappunto di molti è che il governo non abbia utilizzato una situazione ottimale in termini fiscali ed economici durante l’ultimo decennio per implementare le riforme strutturali. La Germania si è finanziata a tasso zero o tassi negativi, ma sfortunatamente non ha usato questa opportunità così favorevole per investire nelle infrastrutture digitali o nell'educazione. Questa situazione peggiorerà e spero che almeno la tassa di solidarietà (introdotta per finanziare i costi della riunificazione, ndr) sarà abolita come programmato.
Non ci sono politiche espansive al momento, per lo meno non quelle mirate alla crescita. C'è invece l'iniziativa del ministro
Altmaier, ma si tratta di idee obsolete e distorte sul modo in cui la competitività dell’economia in Germania può essere migliorata
rispetto agli Usa e alla Cina. È una sorta di “capitalismo di stato” e non si capisce se sarà mai implementato: è invece chiaro
l'opposto, che più liberalizzazioni e meno interventi dello Stato sono la risposta corretta.
In quanto alle tasse societarie, dovrebbero essere abbassate per rimanere competitivi in un contesto dove molti Paesi le stanno tagliando, primo tra tutti gli Usa. La crescita dei salari è stata tuttavia elevata negli anni passati e sta continuando. Le richieste dei sindacati non si sono ancora adeguate al rallentamento della crescita economica.
In ultima analisi, la crescita in Germania dipende dalle esportazioni (anche se il contributo del consumo interno potrebbe
diventare più importante). Per questo, gli sviluppi negli Usa, in Cina e anche dentro la Ue saranno di fondamentale importanza
nei prossimi anni: questo ultimo decennio ci ha dimostrato che i fattori esterni possono essere più importanti delle riforme
strutturali in Germania.
Roland Döhrn (RWI)
Il rallentamento è più pronunciato di quanto atteso. Le previsioni per il 2019 sono state riviste al ribasso dalla metà del
2018. Le imprese sono più scettiche sul futuro. Il rallentamento è dovuto principalmente al settore manifatturiero mentre
il settore delle costruzioni e dei servizi stanno andando piuttosto bene. E questo spiega perché l’occupazione sta ancora
salendo. L'indebolimento del settore manifatturiero secondo me dipende da un misto di fattori interni ed esterni: è un settore
che reagisce con forza ai cambiamenti del contesto internazionale.
La crescita tuttavia sta rallentando a livello globale, tutte le previsioni sono state ritoccate al ribasso. E anche la crescita
europea sta perdendo momentum. Internamente, i fattori che hanno inciso di più sul rallentamento tedesco sono collegati a
una riduzione significativa della produzione di automobili. L'industria delle auto ha detto che questo è un fenomeno di breve
termine, legato alle immatricolazioni con le nuove procedure WLTP. Dunque la produzione dovrebbe rimbalzare e risalire una
volta risolti questi problemi. Se pur così sarà, questo rimbalzo arriverà più tardi del previsto. Altre spiegazioni diventano
sempre più plausibili: emergono problemi più profondi nell'industria dell'auto associati alla crisi del diesel e alla transizione
verso la mobilità elettrica. E dato che il contributo del settore automobilistico sul totale dell'industria è molto elevato,
questi problemi influiranno su tutte le altre industrie. I problemi strutturali secondo me possono influire sull'economia
sul medio termine, ma non hanno causato il rallentamento attuale.
Ritengo che non ci sia bisogno di un pacchetto di stimoli fiscali, dal momento che la crescita sta soltanto rallentando e non ci si aspetta una recessione. Inoltre, la politica fiscale nel 2019 è espansiva: e il governo ha avviato una serie di investimenti pubblici, anche se il risultato per ora è magro. Il problema non è tanto quello di carenza di risorse ma piuttosto della capacità del settore delle costruzioni che è limitata. E c'è la grande lezione imparata dalla grande recessione: le imprese sono ora molto caute nel licenziare, perché si sono rese conto che è molto difficile trovare manodopera specializzata e semi-qualificata. La popolazione sta invecchiando e questo processo è arrivato a un punto critico perché una grande quota di lavoratori in età avanzata lascerà il mercato del lavoro nei prossimi anni mentre quelli che entreranno nel mercato del lavoro saranno di meno. Il problema associato con l'invecchiamento della popolazione è che il governo concentra le sue politiche dove ha più voti dagli anziani, aumentando i sussidi a questa parte della popolazione.
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