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Da Parigi e Berlino un manifesto per creare campioni industriali Ue

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L'Analisi |POLITICHE INDUSTRIALI

Da Parigi e Berlino un manifesto per creare campioni industriali Ue

Il cancelliere tedesco Angela Merkel
Il cancelliere tedesco Angela Merkel

Germania e Francia hanno firmato ieri un manifesto lungo cinque pagine ed articolato in quindici misure su innovazione, assetti normativi e interventi difensivi, per saldare e rinsaldare la politica industriale non solo tra i due Paesi ma in tutta Europa. A poco meno di un mese dalla firma del Trattato di Aquisgrana da parte di Angela Merkel ed Emmanuel Macron e dei ministri degli Esteri Heiko Mass e Jean-Yves Le Drian, ieri è stata la volta del ministri dell’Economia e dello sviluppo Peter Altmaier e Bruno Le Maire.

La filosofia di fondo è sempre la stessa: l’unione fa la forza e per affrontare le sfide globali, l’Europa deve essere «unita come non mai». Incassato l’insuccesso sull’Unione bancaria e sugli eurobond, imbastito un accordo tra Germania e Francia per la creazione di un budget per l’area dell’euro come riportato ieri da Handelsblatt, Berlino e Parigi hanno deciso di premere sull’acceleratore per quello che si può effettivamente unire in Europa e nell’Eurozona senza toccare il tabù della mutualizzazione dei debiti e della condivisione dei rischi: la politica industriale. Partendo da un dato oggettivo: delle 40 aziende più grandi al mondo, solo cinque sono europee.

E così per Altmaier e Le Maire non è stato poi così difficile potersi accordare su una lunga serie di desiderata: il potenziamento delle fonti di finanziamento per la tecnologia (rilanciando il solito Fondo europeo degli investimenti sul quale fa già perno il Piano Juncker); la leadership mondiale dell’Intelligenza artificiale come target; creazione di tecnologie d’avanguardia in tutti i campi più “caldi”, dalle batterie per le auto elettriche alla cybersicurezza; più mezzi per bloccare le acquisizioni ostili da parte di imprese possedute da Stati non europei ma maglie più larghe dall’Antitrust per l’M&A europeo; campo di azione esteso per gli aiuti di Stato strategici; più controlli sugli investimenti da Paesi non europei con i quali va richiesta maggiore reciprocità; la difesa di multilateralismo, mercati aperti e modernizzazione della Wto; la capital market union. Il fatto stesso che uno dei punti del manifesto ieri sia stato dedicato all’unione del mercato dei capitali (il grande progetto lanciato con l’Unione bancaria e anch’esso portato avanti molto molto lentamente) fa capire che non bastano le buone intenzioni, servono assolutamente più finanziamenti «accessibili più facilmente».

Al ministero dell’Economia tedesco non attribuiscono a questo manifesto un tempismo particolare. La globalizzazione galoppa, i cambiamenti nel mondo sono sempre più rapidi e bisogna reagire: come ha dimostrato il ministro Altmaier che proprio una manciata di giorni fa in casa propria ha lanciato in grande pompa il Piano industriale nazionale 2030, velato da un “capitalismo di Stato” che non ha entusiasmato chi in Germania preme per contro per una riduzione della presenza dello Stato nell’economia e nell’industria.

Il Manifesto di politica industriale presentato da Berlino e Parigi, tuttavia, brilla proprio per il suo tempismo perché arriva in un momento particolare: mostra i muscoli europei a Donald Trump che deve decidere entro 90 giorni se e come aumentare i dazi sulle auto europee, che persegue politiche protezionistiche e che tenta dove e come può di dividere l’Europa e l’area dell’euro; lancia un messaggio a una Cina, sempre più aggressiva nell’ingresso e nella totale acquisizione di società europee soprattutto altamente tecnologiche, e questo senza reciprocità. Il manifesto rilancia l’indiscussa necessità di creare campioni europei a pochi giorni dalla decisione della Commissione Ue di bloccare la fusione tra Siemens mobility ed Alstom, nata anche per contrastare con più mezzi l’ingresso dei colossi cinesi nel mercato dei trasporti europei. Non da ultimo, questo ennesimo appello all’unione delle forze europee arriva in piena campagna elettorale, per il voto di maggio che rischia di passare alla storia per l’ascesa di populismi e nazionalismi.

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