Mário Centeno non ha il carattere irruente o gaffeur dei suoi predecessori, Jeroen Dijsselbloem e Jean-Claude Juncker. Da presidente del consesso che riunisce i ministri delle Finanze della zona euro ha scelto una diplomatica prudenza. Professore di economia, diplomato a Harvard, Mário Centeno, 52 anni, preferisce spiegare piuttosto che intimare. A qualche ora dalle recenti decisioni della Banca centrale europea di allentare nuovamente il credito, in una intervista al Sole 24 Ore l'uomo politico portoghese si è detto ottimista sulla capacità della zona euro di affrontare la frenata economica; ha esortato il governo Conte a rispettare gli obiettivi di finanza pubblica; ha tratteggiato i contorni del prossimo bilancio della zona euro.
È sorpreso dall'ampiezza del rallentamento economico?
Si è dimostrato un po' più lungo delle attese. Mi sembra chiaro che dobbiamo agire per contrastarlo, tanto più che la ragione
principale di questo rallentamento è l'incertezza politica in Europa e fuori dall'Europa: Brexit, il protezionismo commerciale,
il lungo dibatitto su come gestire l'immigrazione, le discussioni sulla riforma della zona euro. La stessa incertezza relativa
ai conti pubblici italiani non ha aiutato; e il governo italiano ne ha preso consapevolezza. Insomma, l'incertezza pesa sulla
fiducia e sull'economia. Ciò detto, vi sono elementi positivi.
Può ricordarceli?
I fondamentali dell'economia della zona euro sono forti. Il saldo della bilancia commerciale è positivo, il bilancio pubblico
aggregato è in pareggio, abbiamo registrato 22 trimestri consecutivi di crescita economica e creato nove milioni di nuovi
posti di lavoro, lo stesso tasso di crescita degli investimenti si sta avvicinando ai livelli pre-crisi.
Statistiche della Banca centrale europea fanno temere nuovi circoli viziosi tra bilanci bancari e bilanci sovrani.
Le banche sono oggi assai meglio capitalizzate, le sofferenze creditizie sono state ridotte in modo significativo e il debito
pubblico sta calando in molti paesi. Non vedo una situazione che possa generare problemi o meccanismi simili a quelli che
abbiamo visto nel recente passato.
Eppure, la situazione italiana preoccupa. Il paese è ormai l'anello debole della zona euro. La Banca centrale europea vede
tra le cause del rallentamento economico la stessa recessione italiana.
Non vi sono buone o cattive politiche di per sé. Vi sono sempre alternative possibili. Ma tutte le scelte politiche devono
superare un test, ossia devono essere finanziariamente possibili. Nel 2015, il Portogallo optò per un cambio politico e una
nuova strategia economica, ma le scelte che facemmo dovevano essere realizzabili secondo le particolari condizioni finanziarie
del paese.
L'elevato livello dei rendimenti obbligazionari in Italia rendono le condizioni più stringenti in un contesto nel quale alcune
scelte del governo sono particolarmente costose, come il reddito di cittadinanza o la riforma pensionistica.
Rispetto al picco del 2018 i rendimenti obbligazionari sono calati, ma le imprese soffrono ancora di pesanti condizioni finanziarie.
In questa situazione, il governo deve dimostrare responsabilità perché lo Stato è il garante della sostenibilità delle condizioni
finanziarie di un paese. Le politiche economiche devono essere sostenibili. Naturalmente, ciò è più difficile quando il paese
è costretto comunque a ridurre l'indebitamento. Un debito elevato pesa sulle banche, sulle imprese, sulle famiglie, sull'economia
del paese nel suo insieme.
Tenuto conto del rallentamento economico, sono prevedibili richieste per maggiore flessibilità di bilancio. Come risponderà
l'Eurogruppo?
A livello aggregato di zona euro, abbiamo spazio di manovra per reagire. Bisogna farlo in modo coordinato, sapendo che in
alcuni paesi il margine di manovra è più ampio. Lo stesso Patto di Stabilità offre una certa flessibilità. Sono sicuro che
sarà sufficiente per gestire questa fase di rallentamento. Siamo in una situazione diversa rispetto a quella di 10 anni fa
e sarei sorpreso del ripetersi di una situazione così eccezionale. Gli strumenti che abbiamo ora a disposizione si dimostreranno
efficaci.
A quali strumenti pensa in particolare?
Da allora, è nato il Meccanismo europeo di Stabilità (ESM). La Banca centrale europea si è data nuovi strumenti di politica
monetaria. Stiamo lavorando per ultimare una unione bancaria.
I conti pubblici italiani rischiano di soffrire non poco. Crede che vi sia bisogno di una correzione di bilancio per garantire
il rispetto degli obiettivi per il 2019?
Non voglio esprimermi su questo aspetto. E' compito della Commissione europea monitorare l'andamento dei conti pubblici. Mi
limiterò a dire che l'Italia deve applicare la Finanziaria e lavorare alacremente perché i numeri rispettino gli obiettivi.
Vi è modo per rispettare gli impegni; e da ministro delle Finanze del Portogallo so quel che dico. Dietro al calo della fiducia
si nasconde una perdita di credibilità delle politiche economiche e delle politiche di bilancio. Spezzare questo circolo vizioso,
rispettando quindi gli impegni di bilancio, avrebbe certamente effetti positivi.
In Italia, l'establishment politico si difende facendo notare il continuo avanzo primario in questi venti anni. Evidentemente
non basta per ridurre il debito pubblico. È la struttura economica il problema?
C'è bisogno di rilanciare la crescita. Una delle condizioni è certamente un robusto sistema finanziario che garantisca una
efficiente trasmissione della politica monetaria. Le banche italiane stanno facendo molto per ridurre i rischi nei loro bilanci,
ma bisogna continuare su questa strada. Bisogna anche lavorare su altri fronti.
In questo contesto, a che punto è la discussione su un bilancio della zona euro?
Dobbiamo decidere a cosa servirà questo nuovo strumento finanziario; come verrà gestito; e a quanto ammonterà. Quest'ultimo
aspetto è il meno importante: più importante è il significato economico e politico di questo nuovo strumento. Dobbiamo prima
di tutto trovare un modo perché sia efficace per raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati: contribuire alla convergenza
e alla competitività.
Il denaro sarà distribuito sotto forma di sussidi o di prestiti?
Dipenderà dal livello di condizionalità. E' una questione di fiducia tra paesi. Credo che alla fin fine vi saranno entrambe
le formule: prestiti e sussidi. D'altro canto, vi sono chiare differenze tra finanziare una riforma e finanziare un investimento.
Collegare il bilancio della zona euro e il denaro alle raccomandazioni-paese della Commissione europea permetterebbe alle
stesse raccomandazioni-paese di avere un maggiore impatto.
La sfida sarà di evitare che l'uso del bilancio sia condizionato da troppi lacci e lacciuoli, come è la ricapitalizzazione
diretta delle banche da parte dell'ESM: una opzione finora mai utilizzata. Nella loro recente proposta Francia e Germania
hanno abbandonato l'idea che questo strumento possa servire a stabilizzare le economie colpite da uno shock. È deluso?
Nella sua decisione del dicembre scorso il consiglio europeo aveva preferito escludere per ora la funzione di stabilizzazione.
Faremo ulteriore lavoro tecnico. Ho accolto con soddisfazione la proposta franco-tedesca. E' un buon contributo che peraltro
ha il grande merito di giungere al momento giusto poiché vogliamo prendere una decisione entro giugno.
Una ultima domanda presidente Centeno su un tema che l'Eurogruppo discute ormai da anni: l'assicurazione in solido dei depositi,
terzo e ultimo pilastro dell'unione bancaria (nota con l'acronimo EDIS nel gergo comunitario). A che punto siamo?
Nel corso del 2018 siamo riusciti a mettere a punto una visione comune di cosa intendiamo per riduzione dei rischi nei bilanci
bancari, condizione perché si possa poi condividere i rischi. Per la prima volta, nelle conclusioni di un vertice, i capi
di Stato e di governo hanno menzionato EDIS. Ora, dopo avere trattato del tema a livello tecnico, lo stiamo finalmente trattando
a livello politico, e in modo più ampio di prima. Ci vorrà tempo ma giungeremo a un accordo.
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