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Brexit, modifiche «legalmente vincolanti» sul backstop. Oggi…

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may strappa maggiori garanzie dalla ue

Brexit, modifiche «legalmente vincolanti» sul backstop. Oggi si vota

Londra ha ottenuto a Strasburgo dai vertici Ue l’inserimento di modifiche “legalmente vincolanti” sul contestato backstop per il confine irlandese allegate all’accordo sulla Brexit. L'annuncio alla Camera dei Comuni del vicepremier di fatto del governo britannico David Lidington arriva dopo l'incontro tra la premier May e il presidente della Commissione Juncker. Le modifiche, che potrebbero garantire il via libera della maggioranza alla ratifica nel voto di oggi, «rafforzano e migliorano» l'accordo di divorzio con Bruxelles.

«A volte arriva una seconda possibilità - ha detto Juncker - ma non ce ne sarà una terza».

La Camera dei Comuni, il parlamento britannico, voterà oggi 12 marzo l’accordo siglato da May con Bruxelles. In caso di bocciatura, si passerà al voto del 13 marzo sul bivio fra un’uscita con o senza accordo. Infine, in caso di preferenza a un’uscita con accordo, il 14 marzo sarà il turno di un voto a favore o contro il rinvio dell’uscita oltre la scadenza attuale (29 marzo 2019). Nell’incontro con Juncker, May cercherà di strappare qualche concessione in extremis per tornare a Westminster con un testo più «digeribile» per i suoi deputati.

A serpeggiare, per ora, è soprattutto il pessimismo. I negoziati svolti nel weekend fra i delegati britannici e i diplomatici europei si sono conclusi con un nulla di fatto, dopo il rifiuto di Londra al compromesso sul backstop (la garanzia sui confini irlandesi) avanzato da Bruxelles. Il governo ha invece smentito di essere intenzionato a trasformare il voto del 12 marzo da «voto significativo» (un giudizio secco sul suo accordo con la Ue) a «voto provvisorio» (un giudizio sul suo accordo con alcuni emendamenti).

Cos’è il «voto significativo» e perché è così importante
Per «voto significativo» (meaningful vote) si intende una procedura, istituita dagli accordi di divorzio tra Londra e la Ue, che subordina la ratifica finale della Brexit all’approvazione dei parlamentari britannici: la Camera dei Comuni deve dare il suo ok all’intesa siglata dal governo con Bruxelles prima di avviare la separazione.

Era un «voto significativo», ad esempio, quello costato a May la stroncatura record del parlamento al suo accordo, con un margine negativo di 230 voti. Cambiando lo status a «provvisorio», May avrebbe chiesto alla Camera un giudizio parziale sul suo accordo integrato dalle modifiche proposte da Geoffrey Cox, il procuratore generale che ha condotto le trattative a Bruxelles nel fine settimana.

A quanto pare, non sarà così. Il governo è intenzionato a procedere con il voto sulla mozione nella data prevista, il 12 marzo, respingendo sia l’ipotesi di conversione in voto parziale sia la richiesta di un rinvio arrivata dalle ali più intransigenti del partito conservatore. Se confermata, la trasferta di May sarà mirata a «finalizzare l’accordo» con i partner europei, tentando magari un ultio assalto sulla questione del backstop: la “polizza” di garanzia sul fatto che non verranno eretti confini fisici tra Irlanda e Irlanda del Nord. I Brexiter insistono perché l’accordo venga riformulato, evitando che l’Irlanda del Nord (e il resto della Gran Bretagna) finiscano nel perimetro doganale della Ue. I leader europei hanno avanzato una proposta di compromesso nel weekend, ma i delegati britannici hanno rispedito al mittente l’offerta.

Il destino della Brexit in 72 ore
Il destino della Brexit potrebbe giocarsi, sostanzialmente, nell’arco di 72 ore e tre voti:

- Il 12 marzo la scelta è fra il sì e il no all’accordo di May con l’Europa. Un voto favorevole permette a May di ratificare l’accordo e avviare il divorzio con la Ue già il 29 marzo. Un voto negativo porterebbe al voto del giorno successivo (deal o no-deal)

- Il 13 marzo il bivio è fra la preferenza a una Brexit con o senza accordo. Se il parlamento vota a favore della seconda ipotesi, Londra si instrada a una Brexit «no-deal» il 29 marzo. Se il parlamento si schiera per un’uscita attutita da accordi diplomatici, bisogna transitare al voto successivo (rinvio o meno)

- Il 14 marzo si vota sull’ipotesi di un «delay»: il rinvio rispetto alla scadenza del 29 marzo, con estensione del cosiddetto articolo 50 (la procedura di separazione fra Londra e la Unione europea). In caso di esito favorevole, il rinvio verrebbe ratificato al summit europeo del 21-22 marzo, decidendo eventualmente sulla lunghezza dello slittamento.

In caso di esito sfavorevole, campo libero alle congetture. Il Guardian considera verosimili la richiesta di un secondo referendum, una Brexit no-deal o l’ennesimo voto sull’accordo di Brexit siglato da May. L’opposizione laburista sta già parlando di un nuovo voto di sfiducia alla premier, con l’obiettivo di «riprendere il controllo» della Brexit.

E l’Europa cosa ne pensa?
Michael Barnier, il capo-negoziatore europeo della Brexit, ha chiarito la linea di Bruxelles: «I negoziati sono fra il governo e il parlamento britannico», ha dichiarato all’agenzia Associated Press, lasciando intendere che la Ue non ha alcuna intenzione di rimettere mano all’imponente fascicolo di divorzio concordato ai tempi fra May e i partner comunitari. Bisogna capire se non ci sarà margine di ripensamento, visto la linea un po’ ondivaga di Bruxelles in materia. La Ue aveva già tentato un’apertura nel weekend, concedendo a Bruxelles una clausola per l’uscita unilaterale dal backstop di Londra (tradotto: la misura si sarebbe applicata solo all’Irlanda del Nord, e non all’intero Regno Unito). Ora ci sarebbe tempo fino al 12 stesso per concessioni in extremis, la speranza di Theresa May.

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