NEW YORK - La piazza virtuale. Dove miliardi di persone, ogni secondo, riflettono il loro ego. E altrettante osservano, guardando il mondo da un buco della serratura grande quanto lo schermo di un telefonino. Dopo la storia degli hacker, delle elezioni americane “truccate” e del referendum sulla Brexit, la strage alle moschee in Nuova Zelanda in diretta video. Brenton Tarrant, il 28enne australiano che ieri ha ucciso 49 persone in due moschee a Christchurch, in Nuova Zelanda, non ha resistito, nella folle esaltazione del suo gesto criminale, a premere il bottone della diretta streaming. Nel video si vede lui sorridente mentre guida, con la faccia di uno che sembra stia andando a fare una gita al mare la domenica mattina. Sullo sfondo si sente una musica psichedelica, beat fine anni Sessanta, un organo Hammond che suona come quello dei Doors.
I cultori del genere, qualche ora dopo, diranno che si tratta di una brand britannica: The crazy world of Arthur Brown. Il brano è del 1967: “Fire”, fuoco. In quegli anni andava di moda il fuoco on stage. Jimi Hendrix aveva cominciato incendiando la sua Stratocaster cosparsa di alcool tra lamenti delle corde distorte e gli spasmi del legno battuto della chitarra gettata sugli enormi amplificatori Marshall. Gli Arthur Brown avevano composto questo hit “Fire” che all'epoca vendette milioni di copie. A loro volta sul palco alla fine del brano davano fuoco a qualcosa nell'entusiasmo del pubblico pagante. Le parole di questa canzone scelta dal terrorista prima della strage di Christchurch hanno un suono sinistro, così come le immagini video: “I'm the god of hell / Fire, and I bring you / (…) Fire, to destroy all you've done. Burn, burn, burn…/. Tarrant continua a guidare, con la musica di sottofondo. Poi l'auto si ferma davanti alla moschea di Al Noor. Scende e apre il bagagliaio. Ma invece di prendere il cane o tirar fuori la tavola da surf, come di uno che va al mare, l'attentatore si avvicina a degli oggetti neri con delle scritte bianche. Lo smartphone si avvicina con la sua testa e si capisce che si tratta di armi. Le imbraccia. Si carica del suo apparato di morte. Chiude il portellone e si incammina, il video sempre acceso, verso l'entrata della moschea.
Le porte della moschea per la preghiera del venerdì sono aperte, spalancate, come quelle delle chiese la domenica mattina. Venite a pregare. Lui entra e il suo telefonino registra in diretta world wide web quello che poi racconteranno sotto shock i sopravvissuti. Morte. “Sono il dio dell'inferno e sono venuto a prendervi. Fuoco”. Persone. Uomini, donne in fila che sotto il fuoco del mitragliatore cadono a terra. Inermi, innocenti e inconsapevoli. Come birilli. Il video della strage alla moschea nel suo orrore ricorda quello delle immagini scattate dai fotografi nazisti nei campi di concentramento.
Nonostante tutte le precauzioni dei social network, le autorizzazioni richieste prima di avviare le dirette streaming il video della strage alla mosche di Christchurch ha girato ed è diventato virale su Facebook, su YouTube di Google, su Instagram (di Fb) e su Twitter. Un terrorista social che ha programmato e preparato il suo folle gesto assassino. Le tre big tech hanno rimosso il video originale e bloccato il profilo del terrorista australiano non appena si sono rese conto del contenuto, ma una versione del video ha continuato a essere condivisa ore dopo da altri account sulle piattaforme social, con la musichetta beat e il suo triste presagio di morte.
“Siamo molto tristi per quello che è accaduto con l'attentato di Christchurch”, ha commentato il portavoce di Twitter in seguito in un comunicato. Dopo le elezioni americane “Twitter ha avviato dei processi rigorosi e ha creato un team dedicato a gestire le situazioni di emergenza. Stiamo collaborando con le autorità per rafforzare le normative e facilitare le indagini quando ci viene richiesto”.
Facebook da mesi sta lavorando per tentare di migliorare la sua reputazione. Si è data nuove regole per l'advertising delle elezioni in tutto il mondo, con requisiti stringenti per gli inserzionisti che, ad esempio, non vengono autorizzati se le società paganti sono di paesi diversi rispetto a quelli dove si vota. Tutto in funzione delle prossime elezioni europee, il primo grande banco di prova dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, e per evitare le multe che presto arriveranno dal Congresso americano e dall'Unione europea. Due giorni fa in aperta polemica con la nuova policy sulla privacy voluta da Mark Zuckerberg due top manager di Facebook si sono dimessi. Nonostante tutte le premure, il video di Tarrant è passato senza filtri. “La polizia ci ha avvisati di un video su Facebook subito dopo l'inizio del livestream e noi abbiamo immediatamente rimosso gli account dell'attentatore su Facebook e Instagram”, ha spiegato Mia Garlick dell'ufficio neozelandese di Facebook. Orrore nell'orrore sono i sostenitori suprematisti dell'assassino delle moschee: “Abbiamo rimosso anche tutti i commenti di elogio e di apprezzamento per il crimine e per il suo responsabile non appena ne siamo venuti a conoscenza. Continueremo a lavorare direttamente con la polizia neozelandese mentre le indagini continuano”, conclude la nota della manager del social più diffuso al mondo. In seguito, in un'altra nota la società ha fatto sapere di avere attivato “un data base interno per scovare e rimuovere automaticamente i video che violano le normative della società, così come di rimuoverne le copie quando vengono di nuovo condivisi da altri account”. Raccomandazioni e premure che però non hanno funzionato.
Diverse persone sono riuscite a ripostare immagini del video dell'attacco di Christchurch su YouTube oltre dodici ore dopo dal duplice attentato, nonostante la stessa YouTube avesse comunicato ufficialmente di aver eliminato il video originale. E un portavoce della società in una nota si fosse affrettato ad assicurare “che i contenuti violenti non hanno spazio sulle nostre piattaforme”. Il video dell'attentato ha continuato a girare su forum di estrema destra o quelli dedicati ai video violenti come Reddit, con lo stupido immorale seguito di discussioni e commenti alle immagini delle persone uccise che cadevano come birilli.
Negli Stati Uniti da mesi è in corso un dibattito sui poteri eccessivi dei social network. La senatrice democratica Elizabeth Warren, che tra l'altro è candidata per la nomination democratica alle prossime presidenziali, ha lanciato una proposta per limitare le attività dei social con regole più stringenti sulle ads, contro la disinformazione delle fake news e i contenuti violenti. Proposta condivisa da diversi esponenti repubblicani. Le big tech ieri dopo lo scivolone del video diffuso dell'attentato alla moschea hanno riportato pesanti perdite in Borsa, ma cosa più grave, continuano a perdere in credibilità e reputazione. Da più parti, in queste ore di silenzio e di orrore, si levano richieste di norme per far finire il far west sulla rete. Una regola semplice-semplice sarebbe, come accade per i commenti agli articoli sui siti dei giornali, quella di prevedere una moderazione preventiva dei video caricati. Si perderebbe la diretta in tempo reale, per qualche istante. Ma non la faccia.
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