Giornalisti, ex ministri, medici e figli di.. In tutto circa 20 piccoli indiani. Che cosa hanno in comune? Sono tutti candidati alle prossime elezioni europee. Ma non nel proprio Paese di origine, dove molti vivono, lavorano e non di rado hanno ricoperto cariche pubbliche. Bensì in un altro Paese europeo. Li chiamano i candidati “cross-border” e sono la crescente avanguardia di quelle che avrebbero dovuto esser le prime liste transnazionali per le elezioni europee. Eccone alcuni. E perchè lo fanno.
L’idea era stata lanciata dal presidente francese Emmanuele Macron per riassegnare i 73 posti vacanti lasciati liberi dagli eurodeputati britannici in uscita causa Brexit. Ma l’idea fu respinta. E dato che, oltretutto, il Regno Unito parteciperà alle elezioni, la proposta potrebbe essere rilanciata per il prossimo voto dell’Europarlamento: se ne riparlerà per il 2024.
Chi sono
Scovarli non è facile. Alcuni sono professionisti o “cervelli in fuga”, con scarsa esperienza politica, candidati in liste
minori e in posizioni che lasciano poche speranze di successo. E che si fanno campagna elettorale quasi solo sui social.
Come Attila Csordas, ungherese candidato all’europarlamento per il Regno Unito e che punta ad attrarre «maggiori finanziamenti
verso le politiche di salute pubblica e prevenzione».
Ma ci sono anche partite interessanti.
Ad esempio, l’ex ministro delle finanze greco, Yannis Varoufakis, è candidato alle elezioni europee in Germania. E lui non
è l’unico.
L’ex sottosegretario alle Politiche comunitarie del governo Renzi, Sandro Gozi, ha scelto di correre in Francia con en Marche,
il partito del presidente Macron: «Non possiamo avere una democrazia europea – aveva detto Gozi – se non abbiamo forze politiche
transnazionali europee».
Non solo Gozi, però, tra gli italiani. Candidata con i greci di Syriza c’è Luciana Castellina, giornalista, 90 anni, tra i
fondatori del Manifesto, storica “colonna” della Sinistra italiana. In Italia, invece, si candida, sempre per la sinistra,
il giornalista greco Argiris Panagopoulos.
In Francia, poi, corre anche il medico di origine greca Chrisoula Zacharopoulou. Mentre il francese Ugo Lopez, anch’egli vicino
a En Marche di Macron, ha deciso di candidarsi con Ciudadanos in Spagna.
Poi ci sono i “cittadini di due mondi”. L’ex premier romeno Iurie Leanca corre in Moldavia (Paese di cui ha anche la cittadinanza); Jacek Rostowski, che è nato a Londra da immigrati polacchi, è stato sinora politicamente attivo in Polonia, dove è stato ministro delle finanze e vice premier: ora lavora per il partito pro-europeo Change UK. La svedese Camilla Appelgren – innamorata di Malta dai tempi della scuola – è in corsa per i Verdi della piccola isola. Mentre l’eurodeputata austriaca Angelika Mlinar, non ricandidata in patria, ha deciso ri riprovarci nella vicina Slovenia, dove ha anche vissuto 13 anni.
Tra i candidati cross-border con cognomi “noti” ci sono anche il francese Nicolas Barnier, il figlio del negoziatore Ue della Brexit, Michel Barnier, che correrà per i liberali belgi di lingua francese e l’ex commissario all’Antitrust, l’olandese Neelie Kroes, che correrà, anche lei in Belgio, per l’Open Flemish Liberals and Democrats (Open VLD) dell’ex primo ministro Guy Verhofstadt.
Poche possibilità
Nell’eurolegislatura che sta per chiudersi solo 4 deputati europei sono stati eletti al di fuori del proprio paese d’origine.
Anche perchè, in assenza di liste transnazionali, e con la possibilità di inserire le preferenze, chi non è "radicato” nel
territorio ha poche chance. Spesso, poi, molti candidati “migrati” non sono posizionati nelle parti alte delle liste. Insomma,
poco noti e poco visibili.
«Quella di Varoufakis – spiega Brigid Laffan, direttore del Centro di Studi avanzati Robert Schuman dell’Università europea di Firenze – non è, ad esempio, una candidatura “simbolica”. Ma è la volontà di portare all’attenzione il tema di quanto Germania e Grecia siano legate». Tuttavia, ha concluso Laffan, «benchè sinora siano stati solo 4 i candidati “transfrontalieri” effettivamente eletti al Parlamento europeo, il numero delle candidature – comunque crescente – è un segnale che l’Europa è pronta ad avere liste transnazionali. Un segnale che, dalla prossima legislatura, non potrà più essere ignorato».
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