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la guerra commerciale con pechino

Dazi, da Trump 16 miliardi agli agricoltori per arginare le perdite causate dalla Cina

NEW YORK – Donald Trump scava nuove trincee nei campi e nei pascoli d’America per reggere l’impatto della guerra commerciale che sta combattendo con la Cina. Trincee da 16 miliardi di dollari, tanti gli aiuti oggi stanziati per proteggere gli agricoltori americani, che vuole mantenere tra i suoi grandi sostenitori rurali ma che sono diventati sempre più impazienti - man mano che accumulano i danni e le perdite più pesanti dalla battaglia dei dazi reciproci.
Lo spettro è che, a causa dell’escalation dello scontro e delle incerte prospettive di compromessi, i farmers americani saranno di fatto tagliati fuori e a lungo dal colossale mercato cinese: 1,4 miliardi di consumatori dalla soia alle carni.

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Uno spettro che ha fatto precipitare i prezzi delle commodities agricole ai livelli minimi da dieci anni. Le associazioni di settore hanno messo in chiaro che questi rovesci si aggiungono a anni di declini, di crescenti pressioni e difficoltà per i redditi delle fattorie statunitensi.

L’esempio più evidente del dramma che si sta consumando nel cuore del Paese è quello dei semi di soia: è tradizionalmente il maggior bene agricolo Usa esportato verso la potenza asiatica, pari a un valore che aveva sfiorato i 12 miliardi di dollari l’anno prima del conflitto. Nel corso dell’ultimo anno questo export è precipitato a soli due miliardi. Un altro caso eclatante riguarda i produttori di ciliegie di Washington, Oregon e Idaho, con la Cina, principale mercato, che ha tagliato il loro export verso la potenza asiatica nel 2018 del 41 per cento.

Il ministro dell’Agricoltura, Sonny Perdue, ha fatto sapere che la Casa Bianca ha ora deciso di creare il programma di aiuti perché è cosciente che saranno proprio i farmers «a sopportare i colpi più duri dal mancato accordo commerciale con la Cina». Il nuovo piano è ancora più generoso di un precedente stanziamento, l’anno scorso, da 12 miliardi per ovviare alle ripercussioni dei primi giri di sanzioni commerciali. Con l’aumento dei dazi e la prospettiva di un allargamento a tutto l’interscambio con Pechino, la posta in gioco è diventata sicuramente più elevata. Di fatto Pechino ha ormai istituito un blocco delle importazioni di gran parte dei prodotti agricoli made in Usa, con rappresaglie a base di dazi e con aziende di stato che stanno fermando ordini d’acquisto.

Gli agricoltori, stando a quanto emerso, riceveranno pagamenti diretti dal governo statunitense, piuttosto che acquisti garantiti dei loro prodotti che non trovano più la via della Cina. Il ministero dell’Agricoltura calcolerà l’ammontare dei danni contea per contea e distribuirà gli aiuti sulla base degli ettari coltivati o utilizzati. In origine Trump aveva ipotizzato di usare le entrate da dazi - in realtà comunque pagati non dalle aziende cinesi ma dagli stessi importatori americani - per comprare raccolti, ma l’idea è stata scartata a favore dei versamenti alle famiglie.

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A rendere urgente l’ulteriore intervento è la realtà di profitti del settore ormai dimezzati dal 2013, a causa di cali nelle commodities fino al 40% (mais e soia). L’anno scorso l’import cinese complessivo di beni agricoli Usa è sceso di un terzo a 16 miliardi e il governo ha ormai previsto che quest’anno cada ancora, a nove miliardi o meno. Per oltre la metà si è sempre trattato dei già citati semi di soia (detto altrimenti, Pechino assorbe metà della produzione Usa di soia mentre grazie agli Usa la Cina ha finora coperto oltre un terzo del suo fabbisogno). Contributi significativi (almeno il 10% dell’export totale) arrivano anche da cotone, sorgo, prodotti caseari, maiale, pellami, crostacei.

Non è chiaro, temono gli operatori, se sarà facile riconquistare posizioni perse una volta tolte le sanzioni. Anche per questo l’indice della fiducia del settore, l’Ag Economy Barometer del Purdue/Cme Group, ha mostrato continui declini, tornando quest’anno a livelli toccati lo scorso ottobre e novembre quando era sotto pressione per cattivi raccolti. Oltre un quarto degli agricoltori sta aumentando l’indebitamento e si moltiplicano i sintomi di stress finanziario, con i prestiti in sofferenza ai massimi da nove anni, anche se il rapporto debito/asset del 14% resta lontano dal 23% della grande recessione agricola degli anni Ottanta.

L’associazione di settore, American Farm Bureau, ha rivelato che numerosi agricoltori oggi contano su entrare extra-agricole per far quadrare i conti. I profitti delle piccole e grandi aziende agricole dovrebbero rimanere sotto i 70 miliardi di dollari quest’anno. Ancora nel 2013, un boom durato sette anni delle commodities agricole era culminato al record di oltre 123 miliardi.

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