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Dossier La Nuova lega anseatica, voce dei rigoristi del Nord

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    Dossier | N. 3 articoli Sovranismo o integrazione

    La Nuova lega anseatica, voce dei rigoristi del Nord

    Il ministro delle Finanze olandese Wopke Hoekstra, al centro, durante un Eurogruppo del 2018.
    Il ministro delle Finanze olandese Wopke Hoekstra, al centro, durante un Eurogruppo del 2018.

    Un nuovo soggetto politico si aggira per l’Europa da poco più di un anno, nato dalle ceneri di Brexit e desideroso di far sentire forte la propria voce. È la cosiddetta Nuova lega anseatica, una coalizione tra Paesi Bassi, Danimarca, Finlandia, Svezia, Baltici e Irlanda che - ispirandosi ai fasti dell’alleanza tra città dell’Europa settentrionale e del Baltico che dominò il commercio tra il tardo Medio Evo e il XVI secolo – punta a difendere gli interessi, anche commerciali, dei suoi membri. E a improntare le riforme dell’Eurozona, come suggerisce il logo: uno stemma medievale dove, insieme alle bandiere, compare il simbolo dell’euro.

    Un’alleanza promossa dall’Olanda

    Promotore del progetto l’Olanda, chiare sin dal documento fondativo – una lettera dei ministri delle Finanze del febbraio 2018 - le intenzioni: richiamare l’Eurozona prima di tutto al rispetto delle regole di bilancio e spingere perché si concentri sul completamento delle riforme già avviate (dall’unione bancaria al mercato unico) piuttosto che su un ulteriore trasferimento di competenze.

    In questa presa di posizione, come sottolinea Greg Lewicki, PhD e autore per il Polish Economic Institute dello studio “Hansa 2.0. Un ritorno all’Età dell’oro del commercio?”, c’è prima di tutto un messaggio alla Francia di Macron «che cerca di attuare una fuga in avanti, allo scopo di contrapporre successi internazionali a una grave instabilità interna, evidenziata dalla protesta dei Gilets gialli. Di qui l’idea di un budget separato per la Francia e gli altri Paesi dell’Eurozona». Non sorprende perciò il fatto che proprio con Parigi si siano già verificati contrasti vivaci, con il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire che, ricevendo nel novembre scorso il suo omologo olandese Wopke Hoekstra, definì la Lega anseatica 2.0 un «club chiuso» che minacciava l’unità europea.

    Diverso il rapporto con la Germania, più vicina al conservatorismo rigorista in materia di conti pubblici di questi Paesi e per la quale, come sottolinea ancora Lewicki, l’alleanza è «un utile strumento per controbilanciare le idee francesi che non piacciono alle élite tedesche. Anche se nessuno probabilmente lo ammetterebbe ufficialmente».

    Colmare il vuoto lasciato da Londra...
    Illustrando le relazioni della Nuova lega anseatica con Francia e Germania, un’altra considerazione si impone. Nelle prese di posizione di questi Paesi ci sono i timori innescati dalla grave crisi del debito che l’Europa ha dovuto affrontare, ma il primo motore appare senza dubbio Brexit, con la perdita di un alleato chiave e campione del liberismo come la Gran Bretagna. «È fondamentale notare – evidenzia Lewicki – che, nei negoziati su questioni economiche, il sistema europeo funzionava come uno spinner, un meccanismo imperniato su tre poli rappresentati da Francia, Germania e Regno Unito. Ma il Regno Unito è quasi uscito. Perciò l’Olanda e i suoi alleati vogliono presentarsi come l’equivalente funzionale di Londra, un gruppo con obiettivi ben definiti in grado di bilanciare, collettivamente, l’approccio franco-tedesco».

    ...e influire sulle riforme dell’Eurozona

    In termini di potere decisionale gli otto Paesi non sono una superpotenza: valgono infatti circa il 10% della popolazione Ue, non abbastanza per pesare anche sul voto a maggioranza qualificata (che richiede che gli Stati membri rappresentino almeno il 65% della popolazione), anche se al gruppo dovesse aggiungersi la Polonia, con legami storici, geografici e in parte anche strategici con la Lega anseatica. L’Olanda e i suoi alleati hanno comunque trovato già il modo di incidere sulle riforme in cantiere: la proposta di budget dell’Eurozona messa a punto l’anno scorso, per esempio, lo prevede di entità minima, 22 miliardi di euro in sette anni, e 7 Paesi su 8 del gruppo ne hanno chiesto di recente un ulteriore ridimensionamento.

    La Nuova lega anseatica finirà dunque per indebolire il progetto europeo, come denunciano i francesi? Per Greg Lewicki è il contrario: «Credo che senza idee come quelle di questi Paesi siamo condannati. In passato la diversità all’interno di una stessa civiltà era un vantaggio, ma oggi la tendenza è opposta: la diversità politica significa con tutta probabilità confini e i confini significano che l’impatto a livello globale viene limitato. La Lega anseatica ci dà la vaga speranza che l’Europa un giorno sarà capace di competere economicamente a livello globale».

    La nuova «medievalizzazione» dell’Europa
    Non tanto attraverso le sue strutture istituzionali consolidate quanto, piuttosto, grazie a iniziative intra-Ue più snelle e orientate a obiettivi specifici tra Paesi affini, come appunto la Nuova lega anseatica. È una delle tante manifestazioni di quella che lo studio del Polish Economic Institute definisce la “nuova medievalizzazione dell’Europa”, fondata su «strutture a più livelli e multipolari, le corporazioni, e altre reti internazionali che oltrepassano i confini». «Come una volta una miriade di gilde e associazioni prosperavano sotto le insegne della Cristianità – conclude Lewicki – oggi, sotto la bandiera dell’Unione europea, vediamo l’emergere di numerose iniziative locali e finalizzate all’obiettivo , come la Nuova lega anseatica o l’Iniziativa dei Tre Mari (l’unione di 12 Paesi Ue per contrastare la minaccia russa lanciata nel 2015, ndr)».

    Il futuro dirà se questo trend servirà a contrastare la crisi di consensi che attanaglia la Ue. Di certo ha dato visibilità e peso ai Paesi nordici, a cominciare dall’Olanda di Mark Rutte.

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