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Dossier Commissione Ue, braccio di ferro Merkel-Macron sulla presidenza

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Dossier | N. 52 articoli L’Europa dopo il voto

Commissione Ue, braccio di ferro Merkel-Macron sulla presidenza

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES – Terminata la tornata elettorale, sono iniziate le difficili trattative tra i Ventotto in vista della nomina di una nuova dirigenza comunitaria. A ridosso di una cena martedì sera qui a Bruxelles durante la quale i capi di Stato e di governo faranno un primo giro di tavolo, i governi di Francia e Germania hanno confermato di avere posizioni divergenti. Mentre Berlino è a favore di garantire al capolista popolare la presidenza della Commissione europea, la Francia si è detta nuovamente contraria.

Quattro sono le cariche che verranno a scadere nei prossimi mesi. Oltre alla presidenza dell'esecutivo comunitario, in scadenza sono anche le cariche di presidente del Consiglio europeo, di Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza e di presidente della Banca centrale europea. Le quattro nomine vanno considerate insieme, ha spiegato a inizio mese l'attuale presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, garantendo un equilibrio politico, geografico e di genere.

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Indebolito dal risultato elettorale di domenica, che ha visto il Rassemblement National di Marine Le Pen superare la République en Marche (LaREM), il presidente Emmanuel Macron ha incontrato in queste ultime ore le sue controparti olandese, portoghese, spagnola, oltre ad avere parlato domenica sera con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Alla radio RTL, l'esponente LaREM Pascal Canfin ha teso ieri la mano agli ecologisti, rifiutando il principio dello Spitzenkandidat.

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«Vogliamo formare al Parlamento europeo una coalizione maggioritaria», ha detto l'uomo politico, confermando che la Francia, e più in generale i liberali europei, non credono che presidente della Commissione europea debba essere per forza il capolista del partito vincente, in questo caso il popolare tedesco Manfred Weber. Di avviso contrario sono i democristiani tedeschi i quali domenica sera hanno ribadito il loro pieno appoggio all'attuale capogruppo popolare al Parlamento europeo.
Prima della cena, nella quale i Ventotto daranno ampio mandato al presidente Tusk di trovare i giusti candidati, a esprimersi sulla questione saranno i capigruppo parlamentari. «Dobbiamo capire se decideranno di confermare il principio dello Spitzenkandidat o meno», nota un diplomatico nazionale. Parigi non è sola nel rifutare questa formula che limita il potere di scelta attribuito dai Trattati ai governi. L'obiettivo di Donald Tusk è di trovare un accordo al summit europeo di fine giugno.

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Dopo essere rimasta per settimane una tra quattro Spitzenkandidaten liberali alla presidenza della Commissione, Margrethe Vestager è uscita allo scoperto domenica. L'attuale commissaria alla concorrenza potrebbe beneficiare del buon risultato liberale, e dimostrarsi un candidato di compromesso. Al tempo stesso, è delicato abbandonare il principio di Spitzenkandidat quando si tratta di nominare Manfred Weber, per poi recuperare lo stesso principio per scegliere la signora Vestager.

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La successione a Draghi
Come detto, le quattro nomine sul tavolo saranno trattate in quanto pacchetto, in modo da ottenere i diversi equilibri politici, geografici e di genere. In parte fa gioco a sé la carica di banchiere centrale. Gli aspetti tecnici prevalgono su quelli politici o anche nazionali. Tradizionalmente, il consiglio direttivo della Bce non vuole vedersi imporre un presidente dai governi, e si deve immaginare che il presidente Mario Draghi abbia fatto o farà conoscere ai Ventotto la sua preferenza.

I canditati non mancano: i francesi Benoît Cœuré e François Villeroy de Galhau, i finlandesi Olli Rehn e Erkki Liikanen, e possibilmente il tedesco Jens Weidmann. La Germania vuole avere un uomo fidato alla guida della banca, ma sa altresì che nominare un tedesco rischia di limitare paradossalmente il suo margine di manovra. E' più facile criticare da fuori una politica monetaria ritenuta lassista piuttosto che essere costretti in un ruolo a cui viene imposto di rispettare il consenso tra i banchieri centrali.

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