Prende forma l’internazionale sovranista lanciata da Matteo Salvini per le Europee. I leader dell’alleanza elettorale promossa dal vicepremier italiano hanno ufficializzato, con una conferenza stampa a Bruxelles, la nascita di un nuovo gruppo politico sulla sponda destra del parlamento Ue. Il soggetto si chiamerà «Identità e democrazia», nome diverso rispetto alla«Alleanza europea dei popoli e delle nazioni» annunciata in aprile a Milano, e sarà guidata dall’eurodeputato italiano della Lega Marco Zanni.
La formazione nasce dalle ceneri della vecchia famiglia politica dell’Europa delle nazioni e delle libertà, gruppo di provenienza di Lega e i francesi del Raggruppamento nazionale, incassando l’adesione di altri partiti euroscettici come Alternativa per la Germania. Con i loro 11 seggi, in realtà, i tedeschi sono l’unico «acquisto» di peso strappato da Salvini in vista del voto per l’Eurocamera. In totale l’alleanza conta su 73 dei 751 scranni previsti all’emiciclo contro i 181 cumulati dai Verdi (75) e liberali (106), ora riuniti sotto l’egida di «Renew Europe»: la neo-formazione che accorpa l’ex famiglia dell’Alleanza dei democratici e dei liberali e il drappello dei deputati francesi di En Marche!. Si tratta comunque del controllo del 10% dei seggi dell’Eurocamera, contro il 5% ottenuto nell’ultima legislatura dalla Europa delle nazioni e delle libertà (ferma a 36 seggi).
Salvini assente. L’incognita su tenuta e alleanze
Fra i nomi al tavolo della conferenza stampa lo stesso Zanni, la leader del Raggruppamento nazionale Marine Le Pen e il portavoce
di Alternativa per la Germania Jörg Meuthen. L’assenza più clamorosa è quella dello stesso Salvini, che ha però ha salutato
via tweet la nascita dell’alleanza. «Il vicepremier Matteo Salvini purtroppo non è presente per altri impegni ma sostiene
fortemente questa iniziativa», ha detto Zanni. Il neo capo-gruppo non esclude nuovi ingressi («Siamo aperti a chiunque rispetti
il nostro statuto») e ha ribadito l’intenzione di dialogare con tutte le delegazioni che possano condividerne l’approccio
sui macrotemi in agenda. Il collante fra le varie forze incluse nel movimento sono difesa della «sovranità nazionale», controllo
dell’immigrazione e rifiuto della politica «delle porte aperte», il no al «superstato europeo», alla diffusione dell’Islam,
stop al processo di adesione della Turchia all’Europa e difesa delle «radici cristiane». Per usare la formula di Meuthen,
«non a più competenze alla Ue, no a maggiore armonizzazione, non all’indebolimento dello Stato nazione». Linee guida che potrebbero
fare da ponte per un dialogo con altre delegazioni, a partire da Conservatori e riformisti e le ali più a destra del Partito
popolare europeo. Come Fidesz, il partito nazionalista del premier Viktor Orban, rimasto affiliato al Ppe (nonostantevari tentativi di espulsione) e apertamente incline alla collaborazione con i sovranisti. Più difficile capire quanto possano pesare le divergenze interne
al gruppo su banchi di prova diversi, come la politica economica. Nella stessa famiglia convivono sigle ostili all’austerity,
a partire ovviamente dalla Lega, e forze del centro-nord Europa fedeli al rigore di bilancio.
L’effetto leva della Brexit
Al momento il gruppo rappresenta la quinta forza all’Eurocamera, ai margini dell’alleanza filoeuropea in via di creazione
fra Popolari, Socialisti, Liberali e Verdi. Un blocco da 513 seggi che terrebbe ai margini l’attuale compagine sovanista,
anche se la contabilità pura non rivela tutti gli equilibri del parlamento Ue. Da un lato ci sono i margini di cooperazione
con altri gruppi su alcuni dossier, a partire da immigrazione e difesa delle frontiere: un argomento dove è facile creare
sinergie con partiti in arrivo da Conservatori e riformisti (come i polacchi di Diritto e Giustizia) e il già citato Ppe (Fidesz,
ma anche Forza Italia e a ltre sigle sbilanciate più a destra che al centro dell’Eurocamera). Dall’altro, i sovranisti vedranno
crescere la propria incidenza sul totale dei seggi con l’uscita di scena dei 73 deputati britannici oggi in carica. Il ritiro
degli europarlamentari britannici, fissato in coincidenza con la Brexit, farà calare il totale di scranni da 751
a 705: 46 seggi saranno eliminati del tutto, gli altri 27 distribuiti fra i candidati rimasti in lista d’attesa in vari paesi
europei. Un travaso che dovrebbe favorire il peso proporzionale, e politico, della nuova destra a Bruxelles.
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