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Dossier | N. 52 articoli L’Europa dopo il voto

Salvini, Le Pen, Orban: i margini stretti dei sovranisti per cambiare le regole Ue

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES – L'impianto comunitario è una struttura complessa; votata al compromesso e al consenso, più che alle prese di potere e alle rivoluzioni politiche. Al di là dei toni tonitruanti con i quali la Lega e altri partiti nazionalisti stanno promettendo di «cambiare l'Europa», la loro capacità di influenza a Bruxelles e a Strasburgo è tutta da valutare: dipenderà tanto dall'iniziativa dei movimenti euroscettici quanto dalla coesione dei partiti europeisti.

Per quanto riguarda la Commissione europea, la scelta del portafoglio dei singoli commissari non dipende dai Ventotto e dal Consiglio europeo che nomina solo il presidente dell'esecutivo comunitario.

È quest'ultimo che distribuisce le deleghe alle personalità proposte dagli stati membri. In passato i candidati più controversi sono stati isolati, ottenendo portafogli minori. Un esempio è l'ungherese Tibor Navracsic nell'attuale Commissione Juncker, che si occupa di sport e cultura.

Sui commissari Europarlamento decisivo
Lo stesso Parlamento europeo ha un ruolo decisivo nel selezionare i commissari. In passato, l'assemblea parlamentare ha bocciato candidati fuori linea, come Rocco Buttiglione nel 2004 perché aveva definito l'omossessualità «un peccato». Il collegio dei commissari prende le decisioni per consenso. L'esperienza degli ultimi decenni mostra che con il passare del tempo le differenze politiche scompaiono, gli angoli si smussano, l'esprit de corps prende il sopravvento sulle partigianerie politiche.

Difficile un fronte unico sovranista
Sul fronte parlamentare, i partiti più euroscettici hanno ottenuto il 25% dei voti, in altre parole 171 deputati (154 nel 2014, pari al 20% dei suffragi). La sfida sarà di creare un solo gruppo parlamentare (oggi questi movimenti sono distribuiti in tre gruppi diversi) in modo da pesare nei dibattiti legislativi e nelle trattative politiche. Dalla forza di un gruppo parlamentare dipendono contributi finanziari, tempi di parola, presenza nelle diverse commissioni parlamentari. I movimenti nazionalisti non hanno la maggioranza, ma possono influenzare non poco i lavori.

È difficile dire quanto sia realistica la possibilità di creare un solo gruppo parlamentare. I partiti nazionalisti hanno sensibilità diverse, obiettivi dissimili, culture divergenti. Ciò detto, Sylvain Kahn nota in un recente articolo per la Fondation Robert Schuman che prima del 2014 la maggior parte dei deputati estremisti sedevano tra i non-iscritti. La loro presenza in tre gruppi distinti nella legislatura appena conclusa testimonia già di «un processo di raggruppamento».

EUROPARLAMENTO / Netta maggioranza europeista

Sylvain Kahn parla quindi di «una orbanizzazione dei movimenti nazionalisti». Il premier ungherese Viktor Orbán è diventato un modello non solo ideologico ma anche strategico per molti partiti euroscettici: «L'obiettivo non è più di far esplodere l'Unione europea o di costringere il proprio paese a uscirne, ma piuttosto di cambiarla a favore del proprio programma politico», spiega il professore di Sciences Po a Parigi. In questo senso, Matteo Salvini può contare sull'appoggio di Marine Le Pen, ma paradossalmente è ancora incerto cosa voglia fare lo stesso Orbán il cui movimento Fidesz, pur sospeso, è ancora parte del Partito popolare europeo.

In Consiglio serve minoranza di blocco
L'istituzione più debole è probabilmente il Consiglio. L'organismo co-legislatore insieme al Parlamento che raggruppa i 28 governi dell'Unione prende le decisioni solitamente a maggioranza qualificata. I campi in cui vige l'unanimità sono principalmente la politica fiscale e la politica estera. I tre paesi espressamente euroscettici o nazionalisti – ossia Polonia, Ungheria e Italia – non hanno insieme una minoranza di blocco (pari al 35% dei voti ponderati). Possono però ottenerla associando la Repubblica Ceca e il Regno Unito, per esempio.

A Bruxelles o a Strasburgo, le alleanze si fanno e si disfano a seconda dei dossier. Non vi sono regole prestabilite e prevedibili. Le trattative diplomatiche assomigliano ai tavoli di biliardo più che alle partite di Monopoli. Si gioca di sponda. Le scommesse sono calcolate, e di breve periodo. Gli interessi nazionali hanno innumerevoli gradazioni di grigio (per esempio, quanto l'Ungheria e la Polonia vorranno mettere a rischi fondi europei e aiuti agricoli?).

Quadro più frammentato
I rischi di ostruzionismo si toccano con mano in un Consiglio che già negli ultimi anni ha fatto del surplace nel gestire le derive dello stato di diritto in Ungheria o in Polonia. Riassumeva ieri un diplomatico nazionale sulla scia dei risultati elettorali pubblicati domenica: «I cambi di regime in Europa non avvengono in un colpo solo. Nel caso, sono una transizione graduale, lenta. Sicuramente, sarà sempre più difficile governare insieme. La geografia politica è diventata assai più variegata. Il Consiglio in particolare è ormai un animale politico complicato».

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