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Zuckerberg nella bufera: in dubbio l’impegno sulla privacy a Facebook

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Zuckerberg nella bufera: in dubbio l’impegno sulla privacy a Facebook

New York - Mark Zuckerberg ha “scherzato” con la privacy. E così avrebbero fatto i suoi piu' stretti collaboratori al vertice di Facebook. Il nuovo sospetto nasce da una serie di e-mail scoperta dallo stesso re dei social network nel corso di indagini interne scattate per rispondere alle richieste di trasparenza da parte delle autorita' federali, impegnate a fare luce sulle pratiche legate alla protezione degli utenti e delle loro informazioni personali. I messaggi di posta elettronica suggerirebbero che Zuckerberg e i suoi non hanno preso seriamente la necessita' di rispettare un accordo che avevano raggiunto in questo senso con la Federal Trade Commissione già nel 2012. Mostrerebbero, al contrario, che i top executive del gruppo non hanno considerato una priorità dare seguito a quell'impegno formale.

L'esistenza delle e-mail e' stata riportata dal Wall Street Journal e potrebbe mettere in crescete difficolta' l'azienda, al centro di una bufera sulla privacy. Secondo indiscrezioni, proprio il desiderio di tenerle lontane dai riflettori avrebbe spinto Facebook a cercare di accelerare al massimo i tempi di una nuova intesa con le authority per il pagamento di una multa record da cinque miliardi di dollari, affiancata da maggiori controlli, per archiviare lo scandalo di Cambridge Analytica. cioè della societa' di ricerca e analisi elettorale assunta da Donald Trump durante la scorsa campagna presidenziale e che aveva ottenuto accesso proprio a dati di decine di milioni di utenti del social network senza il loro consenso.

In risposta alle rivelazioni, Facebook nelle ultime ore si e' difesa: ha affermato che “in nessun momento Mark (Zuckerberg) o alcun altro dipendente ha coscientemente violato gli obblighi dell'azienda nell'ambito dell'intesa con la Ftc, ne' esiste alcuna e-mail che indichi un simile fatto”.

Se le e-mail, che sono state descritte al Journal da fonti che ne sono a conoscenza, mostrassero pero' mancanze o omissioni da parte dello stesso Zuckerberg, questo infliggerebbe un duro colpo a Facebook - quantomeno d'immagine e forse non solo. Le autorita' federali stanno tuttora discutendo se prendere di mira direttamente il top executive dell'azienda nell'ambito delle sanzioni per rimarcare la sua responsabilita', una prospettiva alla quale Facebook si sta opponendo strenuamente.

A rendere particolarmente tesa la situazione, e' il deterioramento del clima politico nei confronti di tutte le grandi societa' tech negli Stati Uniti. Iniziative antitrust sono oggi in discussione, sia da parte delle autroroty che del Congresso, nei confronti, oltre che di Facebook, di Alphabet-Google, di Amazon e di Apple. Google, come conseguenza del nuovo scrutinio sulle sue attivita', ha riorganizzato la sua intera squadra di lobbying a Washington licenziando una mezza dozzina delle società che aveva finora ingaggiato, pari a quasi la meta' del suo budget annuale da 20 milioni di dollari dedicato alle pressioni politiche. L'anno scorso Google, il leader tra le societa' tech nelle campagne di pressione, contava su cento lobbisti e 30 societa' al suo servizio nella capitale.

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