Boris Johnson vince ma non convince. Il superfavorito nella corsa per diventare il prossimo leader del partito conservatore e premier britannico ha ottenuto 126 voti nel secondo round di votazioni ieri, aumentando ulteriormente il distacco dagli
altri concorrenti e facendo un altro passo da gigante verso Downing Street.
L'ex ministro degli Esteri non è però emerso vincitore dal dibattito televisivo in diretta di ieri sera sulla Bbc, il primo
al quale ha accettato di partecipare. Non si è vista traccia del suo senso dell'umorismo, propensione alla battuta o facilità
nel parlare. Nella cacofonia dei cinque concorrenti che cercavano tutti di dire la loro e di brillare sul palcoscenico, Johnson
è stato spesso in disparte e sulla difensiva.
L'ex sindaco di Londra, già dato come vincitore dalle società di scommesse, ha ribadito ieri che è «del tutto fattibile» per
la Gran Bretagna lasciare l’Unione Europea il 31 ottobre e che rinviare porterebbe a «una catastrofica perdita di fiducia
nella politica».
La corsa resta del tutto aperta. Nel voto di ieri il ministro degli Esteri Jeremy Hunt si è confermato al secondo posto ottenendo 46 voti dai deputati conservatori, ma la sua posizione non è sicura perché ha molti rivali. Il ministro dell'Ambiente Michael Gove, che era stato uno dei leader della campagna anti-Ue nel referendum del 2016, ha conquistato 41 voti.
Il balzo in avanti più significativo lo ha fatto Rory Stewart, ministro dello Sviluppo Internazionale, che è passato a 37 voti dai 19 ottenuti nel primo round. Stewart si è presentato
come l’unico candidato che non fa promesse impossibili da mantenere e ha detto che Bruxelles non è disposta a riaprire i negoziati
con Londra. È anche l'unico dei concorrenti che ha criticato apertamente Johnson e che ha categoricamente escluso un “no deal”.
Il ministro dell’Interno Sajid Javid è arrivato quinto con 33 voti e resta in lizza come il candidato diverso, l’unico musulmano, figlio di immigrati, nato in una famiglia povera che si è fatto da solo. Ieri sera in diretta tv ha sfidato gli altri candidati a promettere un’indagine indipendente sull’islamofobia nel partito conservatore.
Dominic Raab, ex ministro responsabile di Brexit, ieri ha ottenuto solo 30 voti ed è quindi stato eliminato perché non ha raggiunto la soglia minima di 33 voti. Raab era il più estremo dei sostenitori di Brexit, disposto anche a esautorare il Parlamento pur di procedere con un “no deal”, e si prevede che gran parte dei suoi voti ora andranno a Johnson.
L'ascesa di Johnson sembra inarrestabile, nonostante le critiche per la mancanza di chiarezza sulla sua strategia su Brexit. Ieri mattina l'ex ministro degli Esteri ha incontrato un gruppo di imprenditori per tentare di rassicurarli e farsi perdonare l’infelice commento “fuck business” fatto qualche mese fa. Johnson ha lasciato intendere che uscire dalla Ue senza un accordo non è l’opzione che preferisce e ha addirittura parlato di prolungare il periodo di transizione.
Molti dei sostenitori di una “hard Brexit” però sono convinti che Johnson sia il candidato più risoluto e disposto a scegliere “no deal” pur di non rinviare l'uscita dalla Ue. L'ex sindaco di Londra sembra avere promesso cose diverse a interlocutori diversi per ottenere il loro sostegno. Ieri sera durante il dibattito televisivo Johnson si è spesso trovato in difficoltà, ha evitato di dare risposte dirette e non ha “bucato lo schermo” come previsto.
Il terzo round di votazioni si terrà oggi (mercoledì), con l'eliminazione di uno o più concorrenti, e poi se necessario un quarto e ultimo round domani fino ad arrivare ai due finalisti. A quel punto la parola passerà ai circa 160mila membri del partito conservatore in tutta la Gran Bretagna, che voteranno per posta. Il vincitore verrà annunciato entro fine luglio, prima della chiusura estiva del Parlamento.
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