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Questo articolo è stato pubblicato il 23 luglio 2011 alle ore 13:19.

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MILANO - Non ci sono alternative. La legge delega per la riforma fiscale e assistenziale, nata per alleggerire la pressione delle tasse su cittadini e imprese, dovrà portare «effetti positivi» prima di tutto all'indebitamento netto della Pubblica amministrazione, «non inferiori a 4 miliardi di euro per il 2013 e a 20 miliardi dal 2014».

L'ultimo tassello della blindatura dei conti pubblici, previsto anche dalla manovra estiva «rafforzata» in Parlamento per rassicurare i mercati, arriva nel testo definitivo della delega fiscale, consegnato al Quirinale per l'autorizzazione alla presentazione. Con l'aggiunta dell'articolo 11, il testo inviato al Presidente della Repubblica chiude il cerchio con la manovra, in un percorso che non ammette deroghe: se il Governo non riuscirà a mettere in campo i primi decreti legislativi necessari a far sentire i primi effetti a partire dal 1° gennaio 2013, scatteranno i tagli più o meno lineari alle agevolazioni, destinati a crescere se l'inattività del legislatore proseguira anche verso il 2014.

Per il resto, la versione definitiva della legge delega ricalca da vicino quella approvata in consiglio dei ministri, con qualche piccola variazione che però non ne muta l'impianto di fondo. Negli interventi sull'Iva, elencati dall'articolo 3, ci si dovrà porre anche l'obiettivo di una «progressiva riduzione delle forme di indetraibilità», oltre che delle «distorsioni della base imponibile». Lo scopo finale, insieme alla revisione graduale delle aliquote (che nelle intenzioni del Governo dovrà «tenere conto» anche degli effetti inflazionistici su cui si sono allarmati commercianti e categorie), è quello di trasformare l'Iva in una vera e propria imposta sui consumi, nell'ottica dello spostamento progressivo dell'imposizione dalle persone alle cose secondo l'orizzonte più volte indicato dallo stesso ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Dalla revisione dell'imposizione sui servizi per arrivare a una «service tax» unica nazionale, invece, fra le voci da «razionalizzare» scompare la tassa sui contratti di Borsa, un settore finito nell'occhio del ciclone nel corso del cantiere della manovra. Evidentemente, un intervento ulteriore da quelle parti non viene escluso per il futuro, e blindare l'imposta all'interno dei componenti della futura service tax unificata avrebbe chiuso opportunità che sembra più prudente tenersi aperte.

Per il resto, nessuna novità: rimangono fra i compiti del Governo le tre aliquote Irpef al 20, 30 e 40% e la graduale eliminazione dell'Irap, con un occhio di riguardo al costo del lavoro. Obiettivi che l'esigenza di recuperare almeno 20 miliardi di euro a regime rende ancora più "ambiziosi".

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