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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2011 alle ore 18:34.

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Lotta all'evasione, le incognite dei ComuniLotta all'evasione, le incognite dei Comuni

Sono davanti a un «lascia o raddoppia». Ora i Comuni devono decidere se credere davvero nella possibilità di diventare le sentinelle sul territorio della lotta all'evasione. Ma non dipende tutto da loro e il cammino sembra ancora disseminato di incognite. La posta in gioco è stata ulteriormente aumentata dal maxi-emendamento alla manovra approvato la scorsa settimana al Senato. La collaborazione con agenzia delle Entrate e Guardia di finanza può valere fino al 100% delle imposte non pagate al fisco e riportate alla luce. Un raddoppio (rispetto al 50% previsto dal decreto sul federalismo municipale) vincolato comunque all'istituzione entro fine anno dei consigli tributari.

I poteri ci sono, basta stipulare una convenzione con il Fisco (in base all'ultimo aggiornamento ne sono state firmate 540) in grado di mettere in moto un circolo virtuoso antievasione. Qualche esempio concreto? Le Entrate possono selezionare e trasmettere al Comune l'elenco di professionisti o ambulanti con partita Iva, che non hanno presentato la dichiarazione o hanno indicato, per un certo periodo di tempo (3 o 5 anni), compensi e redditi da lavoro autonomo esigui. Sulla base di questi nominativi, il Comune è in grado di verificare se i professionisti - è il caso di geometri, architetti, ingegneri - hanno presentato pratiche edilizie e quantificare il compenso in base alle prestazioni svolte. Nel caso degli ambulanti, invece, il Comune potrebbe controllare le autorizzazioni rilasciate e, in caso di irregolarità, inviare la Polizia municipale per acquisire ulteriori informazioni (numero di addetti alla vendita, loro rapporto con il titolare dell'autorizzazione) e segnalare poi all'Agenzia e all'Inps i risultati dei riscontri effettuati. O ancora, i Comuni potrebbero segnalare chi ha chiesto agevolazioni o esenzioni, dichiarando un Isee con redditi molto bassi, pur risiedendo però in immobili di pregio o pur essendo titolari di attività svolte in immobili di proprietà (un dato rilevabile dai pagamenti della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani). Informazioni preziosissime per il Fisco che potrebbe poi accendere un faro su quali contribuenti sono titolari di partita Iva e dichiarino un basso reddito per procedere all'accertamento vero e proprio.

Un meccanismo che però incontra limiti. Il Comune impiega tempo e risorse nel segnalare situazioni che poi non portano ad accertamenti delle Entrate (come denotano i casi riportati nella pagina a fianco) e quindi non ottiene alcun incasso. Tra l'altro - elemento non secondario - i premi per chi ha collaborato finora non sono ancora arrivati.

Ma c'è un ostacolo (per così dire strutturale) da rimuovere: è la difficoltà di procedere a controlli, soprattutto nei piccoli centri, dove la rete di legami e di conoscenze (familiari e amicali) rende di fatto inattuabile un sistema di continuo controllo finalizzato alla segnalazione. Prima di tutto perché sarebbe scambiato per una sorta di "delazione tributaria" e poi perché minerebbe alle fondamenta del consenso della giunta in carica. «Un problema che c'è» come ammette Graziano Delrio, vicepresidente e delegato alla finanza locale dell'Anci. Sul tavolo poi, a suo avviso, c'è anche il «nodo dell'accesso alle banche dati da parte dei Comuni». Ecco perché per rendere veramente virtuoso il circolo antievasione «bisogna replicare i casi in cui le collaborazioni sulla base di convenzioni tra città e agenzia delle Entrate - conclude Delrio - hanno prodotto buoni risultati, facendoli diventare delle best practice da imitare».

Ha collaborato Rosanna Acierno
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