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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2011 alle ore 16:13.

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La tassazione dei soci per l'uso dei beni intestati alle società, che risponde a finalità apprezzabili, richiederà regole applicative chiare per poter essere attuata efficacemente. Oltre ad accrescere il carico fiscale di chi utilizza beni aziendali a prezzi inferiori al valore d'uso, il legislatore intende fare emergere, anche ai fini degli accertamenti da "redditometro", disponibilità di beni altrimenti nascoste dietro lo schermo societario.

Il funzionamento della norma richiede innanzitutto che sia precisato se le comunicazioni al fisco dovranno riguardare solo i beni per i quali non si pagano canoni congrui (nel qual caso essa rischia di essere fortemente depotenziata lasciando spazio a discussioni infinite su quale sia il valore di mercato) o tutti i beni dati in uso. Si dovranno poi chiarire le interrelazioni con altre disposizioni che disciplinano l'utilizzo agevolato di taluni benefit (autovetture o abitazioni) per chi, oltre a essere socio, è anche dipendente o amministratore.

Altro aspetto riguarda le società estere che, come già evidenziato su queste colonne, paiono sfuggire in toto alle penalizzazioni e ai controlli. Da ultimo, vien da chiedersi perché mai il legislatore non accompagni la stretta, come in passato, con una nuova chance per la reintestazione dei beni ai soci pagando un'equa imposta sostitutiva, con il duplice beneficio di smontare gli schermi e di generare un introito per le casse erariali.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Luca

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