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Riforma Madia, all’appello mancano 10 decreti

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Riforma Madia, all’appello mancano 10 decreti

Marianna Madia (Lapresse)
Marianna Madia (Lapresse)

Archiviata mercoledì la questione «furbetti» insieme ai decreti su conferenza dei servizi e Scia, la riforma della Pa apre il secondo capitolo dell’attuazione, che conta una decina di decreti in attesa del primo via libera (mentre altri sei, tra i quali il taglio alle partecipate) stanno ultimando il passaggio in Parlamento prima di tornare a Palazzo Chigi.

In prima fila ci sono gli interventi paralleli su dirigenza e pubblico impiego, chiamati a decidere su articolo 18 e premi di produttività. Il passaggio è indispensabile per rinnovare i contratti nazionali, passati da 11 a 4 grazie al ridisegno approvato sempre mercoledì. Il dibattito sugli statali e le loro buste paga, insomma, entra ora nel vivo. Lo stallo sul riordino della geografia del pubblico impiego ha infatti rappresentato finora un ottimo pretesto per non mettere mano ai nuovi contratti, su cui sia il governo sia i sindacati si giocano una parte importante della loro credibilità nella battaglia per rinnovare davvero la pubblica amministrazione: con il testo sui nuovi comparti, che la prossima settimana tornerà all’Aran per la sigla definitiva e sarà quindi in vigore nei primi giorni di luglio dopo l’ok della Corte dei conti, la partita si riapre ufficialmente. Sul risultato finale giocherà però un ruolo determinante un altro pezzo della riforma Madia in arrivo, quello che appunto riscrive il testo unico del pubblico impiego e che entro la prima metà di luglio potrebbe arrivare sul tavolo del consiglio dei ministri insieme alla riforma della dirigenza: lì si riscriveranno le regole per i premi di produttività dei dipendenti pubblici. Viste le cifre, esili, che accompagnano i nuovi contratti (300 milioni, più una settantina, cioè lo 0,4% della massa salariale, che regioni ed enti locali devono stanziare), le sorti delle buste paga reali si giocheranno proprio su integrativi e premi. «Licenziamo i dipendenti pubblici che fanno i furbetti e valorizziamo i bravi», ha sintetizzato ieri in un tweet il premier Matteo Renzi: dopo il decreto anti-assenteismo, quindi, ora tocca alla seconda mossa.

Anche su questo aspetto la situazione è andata in stallo con il blocco contrattuale introdotto nel 2010. La riforma Brunetta aveva tentato di rivoluzionare il quadro imponendo una doppia regola, mai applicata. La quota maggioritaria delle risorse integrative deve andare alla produttività, e i premi devono andare per metà ai dipendenti «eccellenti», pari al 25% del totale, e per l’altra metà al 50% degli organici, collocati in fascia media, lasciando a secco l’ultimo quarto del personale. Per la riforma Madia il sentiero è stretto, perché l’obiettivo è di superare la rigidità delle tre fasce, che ha contribuito non poco alla loro mancata attuazione, senza mettere in discussione il principio che concentra i premi su una quota di «migliori» e li azzera per una fascia di persone giudicate meno produttive. L’idea potrebbe tradursi nel mantenimento di una soglia in alto, che individua la quota di personale a cui attribuire i premi maggiori, e di una in basso, per blindare il concetto che non possono esserci premi per tutti, e ampliare gli spazi di autonomia della contrattazione. Una semplificazione drastica, poi, dovrebbe arrivare per la giungla di regole che in questi anni ha creato il caos nella gestione dei fondi decentrati, quelli che finanziano la parte integrativa della busta paga, con l’obiettivo di cancellare le indennità che ancora “premiano” aspetti ordinari (e spesso in pratica la stessa presenza in servizio).

Il rafforzamento della contrattazione decentrata sarà anche una delle linee guida dell’atto di indirizzo con cui la Funzione pubblica aprirà ufficialmente le trattative dei rinnovi. L’altra punterà a evitare un mini-ritocco del tabellare uguale per tutti, introducendo una progressività che concentri gli effetti sulle fasce più basse e li alleggerisca via via che cresce il peso dello stipendio. L’atto di indirizzo, comunque, non indicherà soglie (e quindi nemmeno l’ipotesi di bloccare gli aumenti a quota 26mila euro circolata ma smentita da Palazzo Vidoni), ma il principio.

L’altro rebus da sciogliere con i rinnovi contrattuali è quello dell’incrocio con gli 80 euro, perché una fetta consistente del pubblico impiego si affolla fra 24mila e 26mila euro di reddito, cioè nella fascia in cui può bastare un piccolo aumento per uscire dal raggio d’azione del bonus. Due le ipotesi al momento: inserire l’effetto 80 euro direttamente nelle tabelle, oppure indicare nell’atto di indirizzo l’esigenza di tenerne conto nella modulazione degli aumenti.

Sul fronte semplificazioni, invece, manca solo il tassello rappresentato dal via libera finale al Dpr taglia-tempi, quello che dimezza i termini per l’autorizzazione delle opere (infrastrutture e impianti produttivi) considerate «strategiche» e commissaria le amministrazioni che non rispettano il calendario abbreviato: dopo un tira e molla con le regioni, l’accordo è stato trovato sul passaggio attraverso un altro decreto, da scrivere entro due mesi dopo l’entrata in vigore del primo, per fissare i criteri con cui individuare gli interventi strategici. Il grosso del lavoro, comunque, è contenuto dalle riforme di Scia e conferenza dei servizi approvate mercoledì, che nella sintesi via twitter del premier produrranno «tempi certi, finalmente». Gli effetti attesi sono stati riassunti in una serie di slide diffuse ieri sul sito della Funzione pubblica: agibilità immediata per gli edifici (oggi si aspettano 60 giorni), riduzione a tre dei regimi per le autorizzazioni (attività libera per la manutenzione ordinaria, Scia per la ristrutturazione e permesso di costruire per i nuovi edifici) e domanda unica online per aprire un’attività. Definite le regole, però, la possibilità di arrivarci davvero passa anche dalla riorganizzazione delle amministrazioni, a partire da Palazzo Chigi e ministeri la cui struttura sarà rivista dal secondo pacchetto di decreti attuativi in arrivo.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

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