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Def, 9-10 miliardi di nuova «flessibilità». Deficit…

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il documento di economia e finanza

Def, 9-10 miliardi di nuova «flessibilità». Deficit al 2%, obiettivo Pil +1%

Le misure che in manovra bloccheranno gli aumenti Iva previsti dalle clausole di salvaguardia e punteranno a rilanciare gli investimenti privati e pubblici avranno il compito di far salire il Pil dello 0,4% in più rispetto alla dinamica che si disegnerebbe a legislazione invariata. La scommessa è indicata nella nota di aggiornamento al Def approvata nella tardissima serata di ieri dal Consiglio dei ministri: quest’anno la ricchezza nazionale crescerà dello 0,8%, cioè quattro decimali in meno rispetto all’1,2% previsto del Documento di aprile, mentre per l’anno prossimo il «tendenziale», cioè appunto il risultato che l’economia otterrebbe senza nuovi interventi, è indicato dal governo allo 0,6%: toccherà appunto agli stimoli della manovra farlo salire fino al +1%, il nuovo obiettivo fissato per il 2017 al posto dell’1,4% ipotizzato ad aprile.

A motivare la differenza, nei programmi del governo, c’è lo stop alle clausole di salvaguardia che avrebbero fatto aumentare l’Iva, e il pacchetto fiscale basato sul rilancio del superammortamento e sugli altri interventi previsti per l’«Industria 4.0» e per le piccole e medie imprese. A permettere questa spinta all’interno della nuova legge di bilancio, che dovrebbe di conseguenza valere fra i 22 e i 25 miliardi, è lo spazio aggiuntivo che il governo punta a ottenere nel corso del difficile confronto con l’Europa, destinato a sfociare a metà novembre nel giudizio ufficiale.

La nota di aggiornamento al Def fissa al 2% il rapporto fra deficit e Pil per l’anno prossimo, contro il 2,4% con cui si chiude il 2016; il nuovo obiettivo si colloca quindi due decimali sopra all’1,8% che era stato indicato in primavera. Le tabelle approvate ieri, però, aggiungono un ulteriore 0,4%, riconducibile alle circostanze eccezionali per sisma e migranti: fino a ieri pomeriggio l’ipotesi dominante parlava di uno 0,3% aggiuntivo, ma alla fine del consiglio dei ministri il premier Renzi ha ufficializzato il decimale in più, che porta il deficit “sostanziale” del 2017 al 2,4%. Tradotta in euro, questa mossa metterebbe a disposizione del governo 9-10 miliardi aggiuntivi. Per arrivare all’obiettivo bisogna però superare due passaggi non scontati: il governo deve prima di tutto ottenere in Parlamento, a maggioranza assoluta come impone la riforma della legge di bilancio, l’autorizzazione a chiedere all’Europa di poter utilizzare questi spazi aggiuntivi, e la Ue deve a sua volta accendere il disco verde guardando anche al deficit strutturale e al percorso per centrare il pareggio di bilancio che per il ministro Padoan rimane al momento confermato nel calendario attuale.

Il rallentamento del prodotto nazionale si riflette anche sul peso del debito, facendo mancare l’obiettivo di limare già da quest’anno la sua incidenza sul Pil. La nota di aggiornamento certifica che il passivo della Pubblica amministrazione resta a quota 132,8%, mentre il Def di aprile prevedeva una leggera discesa, a 132,4. La sfida viene quindi rinviata all’anno prossimo, quando il rapporto fra debito e Pil è chiamato a scendere al 132,2% anche grazie a una nuova tranche di privatizzazioni, altro filone che nel 2016 ha marciato a ritmi più lenti del previsto. Per completare il quadro dei numeri di finanza pubblica manca a oggi il dato sulla pressione fiscale, che per il momento il governo non ha fornito.

In questo quadro, i nuovi margini di «extra-deficit» al centro della trattativa con Bruxelles dovrebbero permettere al Governo di costruire una manovra da 22-25 miliardi. La coperta resta corta, e la conferma arriva dall’orientamento di limitare a 1,5 miliardi la dote per il pacchetto pensioni che sarà discusso oggi con i sindacati, in questi giorni già “freddi” di fronte all’ipotesi iniziale che parlava di uno stanziamento intorno ai due miliardi. Solo la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia legate agli aumenti Iva, del resto, “ipoteca” oltre 15 miliardi di euro, dunque intorno al 60 per cento della manovra complessiva. Il resto, come ribadito in più di un’occasione dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, andrà concentrato sulla spinta agli investimenti: in questo quadro così stretto, però, resta ancora da capire quale sarà la dote effettiva sul versante degli investimenti pubblici, a partire da quelli locali. 

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