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Pensioni, per Ape e Rita la partenza è posticipata

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Pensioni, per Ape e Rita la partenza è posticipata

Niente avvio al 1° maggio, come previsto dalla legge, per l’anticipo pensionistico (Ape) e la rendita integrativa temporanea anticipata (Rita). Il quadro normativo non è stato ancora completato e così per l’Ape sociale, se tutto va bene, si dovrà attendere la fine di settimana prossima, mentre per l’Ape volontario e la Rita si rischia di andare oltre la metà del mese di maggio.

Per le due versioni dell’Ape, secondo quanto previsto dalla legge di bilancio 2017 che li ha istituiti, sono necessari due decreti della presidenza del Consiglio dei ministri contenenti le disposizioni attuative. Quello relativo all’Ape sociale, destinato alle persone più in difficoltà, hanno fatto sapere ieri i tecnici di Palazzo Chigi, ha appena superato l’esame del Consiglio di Stato, va ora corretto alla luce delle valutazioni fatte dai giudici amministrativi, quindi deve essere registrato alla Corte dei conti e pubblicato in Gazzetta ufficiale. Successivamente l’Inps, che ha un ruolo centrale nella gestione operativa dello strumento, dovrà emanare una sua circolare. Giovedì, però, Tito Boeri, presidente dell’istituto, ha affermato che l’Inps è pronto a partire nel giro di mezza giornata una volta pubblicato il Dpcm. La circolare è praticamente pronta, salvo modifiche al decreto.

Tempi più lunghi, invece, saranno necessari per l’Ape volontario. Anche in questo caso è necessario un Dpcm, oggi ancora in bozza, contenente diversi dettagli per far partire lo strumento. Inoltre, poiché il meccanismo di anticipo si basa su un prestito che deve essere poi restituito con rate sulla pensione, vanno chiuse le convenzioni con le banche che erogheranno il finanziamento e le compagnie di assicurazione per il premio a copertura del decesso del pensionato prima della conclusione del piano ventennale di rimborso. La possibilità di un ritardo rispetto alla data di partenza del 1° maggio era emersa in occasione di «Tuttolavoro» (si veda Il Sole 24 Ore del 1o aprile) ma era stata stimata dal governo in 15 giorni al massimo.

Il ritardo dell’Ape volontaria trascina con sè, ovviamente, quello dell’Ape aziendale, dato che quest’ultima è una variante della prima, in cui il datore di lavoro può versare dei contributi aggiuntivi in favore del dipendente, andando così a ridurre o eliminare l’impatto del prestito sulla pensione.

Ma, e questo era meno scontato, influisce anche sulla partenza della Rita. La legge di Bilancio ha previsto infatti la possibilità di ottenere un assegno “ponte” utilizzando già a 63 anni il montante accumulato nella previdenza integrativa. Anche se l’operazione in questo caso si basa sul “secondo pilastro” e non sono previsti Dpcm, è sempre l’Inps che deve certificare i requisiti per accedere all’operazione (tra cui almeno 63 anni di età, 20 anni di contributi, pensione di vecchiaia non più lontana di 3 anni e 7 mesi). Ebbene, come precisato ieri dall’istituto di previdenza, poiché il comma della legge che si riferisce alla Rita rimanda ai requisiti per l’Ape volontaria, prima di partire con la certificazione l’Inps attende il Dpcm riferito a quest’ultima.

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