Oggi il presidente del Consiglio ha firmato il decreto attuativo dell’Ape sociale, l’indennità-ponte per i lavoratori con almeno 63 anni di età e 30 di contributi che si trovano in condizioni di difficoltà economica (un ammortizzatore sociale scaduto o in scadenza) a poco più di tre anni (3 anni e 7 mesi massimo) dalla pensione. Il testo dovrà ora superare il vaglio del Consiglio di Stato prima di approdare in Gazzetta Ufficiale. La norma in questione, a differenza dell’Ape di mercato, non prevede alcun coinvolgimento di banche e assicurazioni essendo l’anticipo completamente finanziato dallo Stato.
Millecinquecento euro mensili
I soggetti che hanno diritto al beneficio riceveranno un trasferimento monetario direttamente dall’Inps, pari alla pensione certificata al momento della richiesta (se è inferiore a 1.500 euro lordi) o direttamente 1.500 euro lordi (se la pensione futura certificata fosse maggiore). Bisognerà fare domanda all’Inps tra il primo maggio prossimo e non oltre il 30 giugno per rientrare nella prima finestra utile di pagamento della prestazione, che dovrebbe scattare tra settembre e dicembre. L’anno prossimo, invece, le domande di accesso all’Ape sociale dovranno essere presentate tra il primo gennaio e il 30 marzo per la finestra dei pagamenti che si apre in giugno. La misura, vale ricordarlo, ha una natura sperimentale, il che significa che solo dopo la prossima legge di Bilancio si saprà se il Governo intenderà renderla strutturale. Questa erogazione sociale - vale sottolinearlo - è tassata come reddito da lavoro dipendente(quindi il netto è maggiore di quello associato a un reddito da pensione equivalente).
Le categorie interessate
Per accedere all’Ape sociale, come detto, bisogna aver compiuto almeno 63 anni. Non solo. Occorre anche avere 30 anni di contributi se si è disoccupati, invalidi o con parenti 1°grado con disabilità grave, oppure 36 anni per chi ha effettuato lavori con lavori pesanti.
Per rientrare in quest’ultima categoria bisogna rientrare nell’elenco delle mansioni considerate gravose e selezionate nella legge di Bilancio del 2016 (dagli operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici, ai conduttori di mezzi pesanti, i conciatori, le badanti o le maestre d’asilo). Questa mansione gravosa devono averla svolta per almeno 6 anni continuativi, conteggiati al netto di sette anni (per esempio sono validi anche in caso di interruzione fino a 12 mesi per una cassa integrazione). Attenzione: chi ha un ammortizzatore sociale in corso (per esempio una Naspi per un operaia con 64 anni) deve aspettare che questo trattamento vada ad esaurimento e, dopo 90 giorni, potrà incassare l’Ape sociale fino al primo mese di pensionamento. I nati tra il 1952 e il 1955 disoccupati e senza ammortizzatore dovranno avere 30 anni di contributi se assistono familiari di 1°grado con disabilità grave o se sono portatori di una invalidità superiore o uguale al 74%.
Le platee e le risorse in campo
Secondo le stime governative i lavoratori 63enni che si trovano in condizioni do difficoltà e che potrebbero beneficiare dell’anticipo Ape social (che non prevede alcun rimborso a carico del percettore) potrebbero essere tra i 30 e i 35mila quest’anno e un poco meno nel 2018. La misura è finanziata quest’anno con 300 milioni che salgono a 609 l’anno prossimo, 647 nel 2019, 462 milioni nel 2020. Dal 2021 la curva di spesa scende a 281 milioni per andare a esaurimenti nei due anni successivi essendo sostituita con le pensioni dei beneficiari. Il monitoraggio che dovrà effettuare Inps prevede uno scorrimento delle “graduatorie” degli apisti social in caso le domande eccedessero le risorse disponibili.
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