A Milano nemmeno i nuovi autovelox sembrano essere in regola. A giudicare dall’unico attivato finora (il 2 agosto, sulla carreggiata
di viale Palmanova in direzione centro), neanche in questo caso c’è il segnale che individua la postazione: quello bianco
con la silhouette nera del casco, che per il Codice della strada è il simbolo della polizia municipale. Lo stesso problema
degli autovelox «vecchi», in funzione da marzo 2014. Con l’aggravante che da questo mese chi non mette questo simbolo viola un obbligo preciso e così rischia una denuncia per abuso d’ufficio.
E la consolazione che ora, proprio a causa di questo nuovo obbligo, chi viene multato in questo modo ha buone possibilità
di ottenere ragione dal giudice di pace.
Il simbolo è il mezzo che è imposto dall’ultima norma in materia di controlli di velocità (il Dm Infrastrutture e trasporti
n. 282 del 13 giugno, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 luglio) per garantire quella visibilità della postazione di controllo che è richiesta per legge (articolo 142, comma 6-bis, del Codice della strada). Prima dell’ultimo Dm, il simbolo era solo
un “consiglio” del ministero dell’Interno, contenuto nella direttiva Maroni del 14 agosto 2009. Un atto che, essendo solo
una circolare, non vincolava direttamente e strettamente i Comuni.
Aldilà delle questioni giuridiche, ci sono vari accorgimenti utilizzabili da chi vuol rendere poco visibile un autovelox:
su strada, più che le leggi dello Stato, contano quelle dell’ottica. E il Comune di Milano si muove da anni su questo crinale.
Apparentemente, a Milano c’è massima trasparenza (proprio quella vantata nella presentazione ufficiale dei nuovi autovelox fatta dal Comune): tutte le postazioni sono presegnalate, rispettando l’altro requisito imposto dal comma 6-bis assieme a quello della visibilità. E la segnaletica piazzata dal Comune è sovrabbondante rispetto a quella richiesta dalle norme attuative dell’obbligo (i Dm Infrastrutture 15 agosto 2007 e 13 giugno 2017). Ma proprio quest’abbondanza può essere ingannevole per chi guida.
Lo si vede da come sono state sistemate nei giorni scorsi le due postazioni di controllo di viale Palmanova: quella nuova e quella vecchia (situata alla stessa altezza, sulla carreggiata opposta), per la quale la segnaletica è stata rinforzata. Si susseguono coppie di segnali di preavviso autovelox. Sono tutte uguali, poste su entrambi i lati (i Dm invece si “accontenterebbero” di uno solo) di entrambe le carreggiate (nella foto).
Il problema è che l’ultima coppia di segnali di preavviso non dovrebbe esserci: è stata messa non qualche decina di metri prima della postazione di controllo, ma in sua corrispondenza. Così chi guida è portato a credere che ci sia ancora spazio prima di arrivare alla postazione e continua a cercarla puntando lo sguardo più avanti. Magari contando di scorgere il segnale col simbolo del casco dei vigili, che per la normativa in vigore dovrebbe indicare il punto esatto in cui si trova il misuratore di velocità.
E invece niente. Potrebbe sembrare uno dei tanti casi in cui le presegnalazioni non sono seguite da un controllo effettivo (situazione che peraltro il Dm del 13 giugno si preoccupa di limitare). Ma in realtà la velocità è già stata misurata, all’altezza dell’ultima coppia di cartelli di presegnalazione. Qui, gli apparecchi sono ben poco visibili. Non solo perché manca il segnale col simbolo del casco, che ora è diventato pienamente obbligatorio dal punto di vista giuridico.
Ci sono infatti anche problemi di ottica
L’autovelox nuovo (un Kria T-Exspeed, montato sulla carreggiata in direzione centro) consiste solo in una stretta asta ancorata a un normale palo della luce, dal quale è ben difficile distinguerla perché è quasi in asse con esso, soprattutto per chi percorre la corsia di sorpasso.
L’occultamento è completato dalla cassetta che ospita gli impianti ausiliari dell’apparecchio, montata sullo stesso palo alla
stessa altezza e rivolta verso chi sopraggiunge (nella foto qui sotto).
L’autovelox vecchio è più «ingombrante» (è un Traffiphot III-Sr, che consiste in due box montati su altrettanti pali piazzati a pochi metri l’uno dall’altro), ma ora è stato occultato dall’ultimo dei nuovi segnali di preavviso (usato impropriamente, perché ci vorrebbe il segnale col simbolo del casco). Inoltre, i due pali sono neri,
per cui non erano visibilissimi neanche prima che venissero messi i nuovi segnali (nella foto qui sotto).
Quello dei pali neri poco visibili è un problema comune a tutte le postazioni Speedophot, attivate a marzo 2014, quando infatti rilevarono infrazioni a ripetizione.
Fino a quando la notifica (peraltro illegittimamente ritardata, ma questa è un’altra storia) delle prime ondate di verbali
fece improvvisamente scoprire a molti che il controllo velocità era reale e non la solita «promessa» a vuoto riportata sui
cartelli di presegnalazione.
Accade soprattutto sul cavalcavia Ghisallo e in viale Fermi (nella foto sotto), dove il nero del palo si «perde» nello scuro della vegetazione a lato della carreggiata. Il problema sarebbe risolto (se
non altro giuridicamente) se il Comune mettesse sui pali il segnale col simbolo del casco.
Si dirà che queste sono argomentazioni capziose, perché i limiti di velocità vanno rispettati. Ma anche chi li rispetta ha spesso paura di incorrere in sanzioni e si distrae dalla guida alla ricerca degli autovelox. E, se si dà per scontato che l’eccesso di velocità provochi incidenti, chi non si accorge dei controlli poco visibili va forte e rischia di urtare altri utenti della strada incolpevoli. Inoltre, il legislatore italiano ha scelto di rendere presegnalati e visibili gli autovelox; non sempre questa scelta aumenta la sicurezza, ma finché sarà consacrata da una legge in vigore va rispettata esattamente come i limiti di velocità.
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