Alzare l’asticella del deficit fino al 2,4% del Pil «ha liberato 10 miliardi per il reddito di cittadinanza» che a detta
del vicepremier Luigi Di Maio restituirà un «futuro a 6 milioni e mezzo di persone».
Ora la domanda sorge spontanea: quale sarà l’importo effettivo di questa nuova ciambella di salvataggio che potrebbe aiutare tante persone a riemergere da situazioni di difficoltà economiche? Facendo una semplice operazione– 10 miliardi diviso 6,5 milioni – risultano 1.538 euro l’anno, cioè 128 euro al mese, ben al di sotto dei 780 euro mensili dichiarati nel contratto di governo tra Movimento Cinque Stelle e Lega. Tutto questo ipotizzando che tutti i 10 miliardi arrivino direttamente nelle tasche delle persone povere.
Se fosse così l’importo medio del reddito di cittadinanza sarebbe meno della metà dell’assegno Rei – il reddito di inclusione introdotto dal Governo Gentiloni e attualmente in vigore - finora pagato: 307 euro al mese a 267mila nuclei per 841mila persone coinvolte in sei mesi (da gennaio a giugno 2018).
Anche considerando l’ipotesi di una famiglia con un solo componente la disciplina del Rei prevede importi mensili più alti:
188 euro (mentre con due componenti si sale a 295, con tre a 383, con 4 a 461, con 5 a 534, dai 6 in avanti si arriva a 540
euro al mese).
Se poi dai 10 miliardi ne togliamo 2 per rafforzare i centri per l’impiego, 8 miliardi diviso 6,5 milioni di persone farebbe ancora meno, circa 103 al mese.
Le ipotesi in campo
Sarà proprio così? Difficile dirlo in assenza di maggiori dettagli. Di Maio ha precisato che «quel numero di 128 euro risulta da una divisione aritmetica ma non è che tutti partono da reddito
zero, c’e’ un’integrazione. 780 euro significa che nessuno potrò guadagnare o avere una pensione minima inferiore a 780 euro».
Un’ipotesi comunque da non scartare è che la platea dei destinatari del reddito di cittadinanza - che dovrebbe partire a
marzo 2019 e avere una durata di tre anni -si riduca rispetto a quanto dichiarato dal ministro Di Maio subito dopo l’approvazione
della nota di aggiornamento al Def.
Tenendo fissi i 780 euro al mese, i beneficiari (persone o famiglie) sarebbero molti di meno, circa un milione. Ipotesi questa
piuttosto irrealistica che presuppone tutti i beneficiari abbiano diritto all’assegno pieno, non avendo alcuna forma di reddito.
Da un lato sei milioni e mezzo di destinatari e un importo medio di poco più di 100 euro, dall’altro un milione di beneficiari
con un sussidio di 780 al mese.
Dentro questa ampia forbice si trovano tutte le altre possibili combinazioni ed è probabile che al tetto di 780 euro mensili,
come scritto dal Sole 24 Ore, si arriverà attraverso un meccanismo a integrazione, come ribadito dal ministro Di Maio, per
chi ha qualche forma di reddito, comunque inferiore alla soglia: per un disoccupato o un lavoratore “povero”, si stima ad esempio che serviranno altri 480 euro medi mensili per raggiungere
la cifra di 780 euro. E secondo le ultime dicharazioni di Di Maio il reddito di cittadinanza - che potrebbe essere ricaricato sulla tessera sanitaria
e speso solo in Italia nei negozi italiani - verrebbe ridotto per chi è proprietario di una casa. «Se hai un appartamento e chiedi il reddito di cittadinanza, dai 780 euro ti viene stornato il cosiddetto affitto imputato,
quindi dai 780 euro dei redditi zero arrivi a circa 400 euro» ha spiegato il vicepresidente del Consiglio il 2 ottobre.
Nel bugdet il tesoretto del Rei e di Garanzia Giovani
Fare una stima precisa è difficile anche perché non è del tutto chiaro se ai dieci miliardi si andranno a sommare (in più)
o saranno invece incluse le risorse stanziate per il reddito di inclusione che dovrebbe sparire per lasciare posto al nuovo
sussidio. Si tratta di 2,54 miliardi per il 2019 e 2,74 miliardi dal 2020.
Ci sono poi le risorse che potrebbero essere attinte dal Fondo sociale europeo, uno dei pilastri di sostegno del programma Garanzia Giovani: da questo canale si ragionerebbe di prelevare circa 330 milioni di euro, anche se non mancano ostacoli tecnici. Altre risorse
ancora potrebbero essere attinte dal fondo delle politiche attive creato al ministero del Lavoro, in particolare dal bugdet
destinato all’assegno di ricollocazione, lo strumento per favorire il reinserimento sul mercato del lavoro dei disoccupati
che ricevono la Naspi da almeno 4 mesi, che ha riguardato finora poche migliaia di persone che hanno perso il lavoro. In tutto, secondo fonti ministeriali, ci sarebbero circa 600/700 milioni di euro disponibili a cui si potrebbe attingere.
Reddito di cittadinanza con quali requisiti
Una volta trovate le risorse il vero nodo da sciogliere riguarderà i requisiti economici per ottenere il reddito di cittadinanza.
Nel contratto di Governo è scritto che «l’ammontare dell’erogazione è stabilito in base alla soglia di rischio di povertà
calcolata sia per il reddito che per il patrimonio». In Italia ci sono poco più di 5 milioni di persone in povertà assoluta:
le donne sono 2,5 milioni, i minorenni 1,2 milioni, i giovani tra i 18 e i 34 anni poco più di un milione, gli anziani 611mila
e gli stranieri 1,5 milioni (questi ultimi nelle intenzioni del Governo rischiano però di essere esclusi, anche se il ministro Di Maio ha precisato che saranno ammessi i residenti da almeno 10 anni). Le soglie di povertà assoluta
rappresentano i valori rispetto ai quali si confronta la spesa per consumi di una famiglia: ad esempio, spiega l’Istat, per
un adulto che vive solo, la soglia di povertà è di 826,73 euro mensili se risiede in un’area metropolitana del Nord, di 742,18
euro se vive in un piccolo comune settentrionale, di 560,82 euro se risiede in un piccolo comune del Mezzogiorno.
L’ipotesi più probabile è che si faccia riferimento all’Isee, l’indicatore che misura la ricchezza delle famiglie.
Considerando solo gli importi più bassi le maggiori possibilità di rientrare tra destinatari del reddito di cittadinanza riguardano
le 600mila famiglie con Isee pari a zero, il milione di nuclei tra 0 e 3mila euro, il milione e mezzo di famiglie tra 3mila
e 7.500 euro.
Ci sono poi 625mila famiglie con Isee, tra 7.500 e 10mila euro, 816mila tra 10 e 15mila euro; oltre un milione e mezzo con
indicatori superiori.
Pensioni di cittadinanza
Sempre di cittadinanza ma riservato ai senior già fuori dal mercato del lavoro è la pensione di cittadinanza, che ha una platea
di circa 4,5 milioni di pensionati che non raggiungono l'importo di 780 euro al mese.
L’intenzione del Governo è integrare l’assegno per arrivare ai 780 euro, secondo gli stessi parametri previsti per il reddito
di cittadinanza. Il costo stimato è di almeno 4 miliardi di euro, che in parte verrebbero recuperati dal taglio delle pensioni
d’oro (quelle sopra i 4.500 euro).
Centri per l’impiego: due miliardi per il rilancio
Il reddito di cittadinanza è “una misura attiva” rivolta ai cittadini italiani con l’obiettivo di reinserirli nella vita sociale
e lavorativa del Paese. Tra i requisiti per poter beneficiare del reddito di cittadinanza ci sarà infatti la ricerca attiva del lavoro, il completamento dei percorsi di formazione, e lo status di disoccupati involontari,
oltre ovviamente al reddito familiare. Nel contratto di governo è scritta anche l’intenzione di voler investire «due miliardi
di euro per la riorganizzazione e il potenziamento dei centri per l'impiego per la riorganizzazione e il potenziamento dei
centri per l'impiego che fungeranno da catalizzatore e riconversione lavorativa» dei disoccupati.
Un compito davvero impegnativo visto che secondo gli ultimi dati appena il 3,4% di chi si rivolte a un centro per l’impiego riesca poi a trovare un lavoro.
Oggi nelle 501 strutture sparse sul territorio lavorano meno di 8mila persone, che hanno in “carico” una media di 360 disoccupati
a testa da seguire, con strumenti informatici molto spesso arretrati. L’83,5% dei centri per l’impiego considera il proprio
personale insufficiente e vorrebbe un rinforzo di almeno undici nuovi addetti per ciascuna struttura.
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