Il decreto legge sicurezza incide anche sulle norme della legge n. 91/1992 concernenti l’acquisito della cittadinanza italiana. Peraltro non sono chiare le ragioni di straordinaria necessità e urgenza che richiedevano un intervento normativo anche
in tale area. In particolare, con il dl:
1) si abroga la norma che precludeva il rigetto dell’istanza di acquisizione della cittadinanza per matrimonio per motivi di
sicurezza nazionale decorsi due anni dall’istanza;
2) si aumenta da 200 a 250 euro l’importo del contributo richiesto per le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza;
3) si prevede che il termine dei procedimenti amministrativi di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio e per concessione della cittadinanza a seguito di lunga residenza sia portato a ben 4 anni, anche per i procedimenti che erano in corso al momento dell’entrata in vigore del decreto legge;
4) si prevede la revoca della cittadinanza acquistata per matrimonio o per lunga residenza o dopo 18 anni di residenza regolare durante la minore età allorché siano trascorsi tre anni dalla condanna definitiva per delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale per i quali la legge prevede la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a 5 anni o nel massimo a 10 anni, per i delitti di ricostituzione, anche sotto falso nome o in forma simulata, di associazioni sovversive delle quali sia stato ordinato lo scioglimento, partecipazione a banda armata, di assistenza agli appartenenti ad associazioni sovversive o associazioni con finalità di terrorismo, anche internazionale, di sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro per prevenire il finanziamento del terrorismo.
Quest’ultima innovazione appare incostituzionale sotto molti profili.
In primo luogo si crea una situazione di disparità tra i cittadini italiani in violazione del principio di eguaglianza: i
cittadini per nascita o per adozione, non vedranno mai revocata la loro cittadinanza italiana, mentre altri che l’hanno acquistata
in seguito potrebbero vedersela revocata.
In secondo luogo la revoca sarebbe disposta per reati che hanno una indubbia natura politica in violazione del divieto di revoca della cittadinanza per motivi politici previsto dall’art. 22 Cost.
In terzo luogo la revoca contraddice lo scopo costituzionale della pena, che è la rieducazione del condannato: la revoca della cittadinanza sarà disposta anche se costui a fine della pena capirà
che non esiste altra modalità di convivenza se non quella tipica di uno Stato democratico-sociale come quello previsto dalla
Costituzione italiana, il che sarebbe la maggiore vittoria della Costituzione (così come è accaduto in 70 anni per quasi tutti
i suoi oppositori anche violenti).
In quarto luogo la revoca della cittadinanza italiana potrebbe comportare la creazione di situazioni di nuova apolidia in colui che non ha la cittadinanza di altro Stato. Ciò violerà gli obblighi internazionali dello Stato e in particolare la
convenzione internazionale sulla riduzione dei casi di apolidia, fatta a New York il 30 agosto 1961.
Il Senato in sede di conversione in legge prevede altresì di esigere forme di conoscenza della lingua italiana per l’acquisizione della cittadinanza italiana.
L’insieme di queste misure indicano la volontà di restringere l’acquisizione della cittadinanza italiana, proprio in un periodo
in cui l’Italia era il Paese che attribuisce il maggior numero di cittadinanze alle seconde generazioni nate e visssute regolarmente
per 18 anni.
Non è chiaro il senso di queste restrizioni, perché l’acquisto della cittadinanza non è soltanto un mezzo per premiare l’inclusione sociale degli stranieri, ma anche
uno strumento per dare un futuro a un Paese.
Poiché l’Italia è uno Stato in inesorabile ed imminente crollo demografico la restrizione dell’acquisto della cittadinanza
invece che il suo allargamento può preparare un futuro molto difficile per tutti, a cui non potranno sopperire neppure i 5
milioni di italiani emigrati all’estero, né i 60 milioni di oriundi italiani che non sono stati mai effettivamente invogliati
a ritornare in Italia.
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