Non importa se si guida con un tasso alcolemico doppio rispetto a quello massimo consentito: anche in questo caso si può evitare la condanna penale e “cavarsela” con la sospensione della patente e la decurtazione dei punti. A patto che si vada piano e non si mostrino particolari problemi nella guida. Parola della Cassazione, che con la sentenza 12863/2019 depositata oggi dalla Quarta sezione penale ha aggiunto un tassello al mosaico dell’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto alla guida in stato di ebbrezza.
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La sentenza richiama i princìpi già fissati dalle Sezioni unite sulla tenuità per decidere sul caso di un anziano automobilista sardo colto mentre guidava con a bordo un passeggero e un tasso alcolemico di 1,03 grammi/litro (il limite è 0,5 e, quando si supera la soglia di 0,8, le sanzioni diventano da amministrative a penali).
La tenuità del fatto
Dal 2016, l’articolo 131-bis del Codice penale prevede che «nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore
nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando,
per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale».
Le Sezioni unite (sentenza 13681/2016) hanno stabilito che occorre soprattutto analizzare la condotta in sé e le sue conseguenze in termini di danno e pericolo nel caso concreto. Senza farsi “ingabbiare” dal fatto che la condotta viene inquadrata in una fattispecie di reato di una certa gravità.
Il ricorso del pm
Nel caso dell’automobilista sardo, il gip aveva applicato la particolare tenuità, ma il pm aveva presentato ricorso perché
guidatore «manifestava segni esteriori di ebbrezza». Una circostanza che - unita alla presenza di qualcun altro a bordo e
al fatto che la guida in stato di ebbrezza è un «reato di pericolo che si perfeziona con il semplice fatto di porsi alla guida» in tale stato - aveva indotto il pm a presentare ricorso alla Cassazione.
La risposta della Cassazione
Ma la Quarta sezione non si è discostata per nulla né dalla linea delle Sezioni unite né dall’interpretazione che ne aveva
dato in passato, secondo cui non si può dimostrare le pericolosità della condotta nel caso concreto senza descriverla e spiegare esattamente in che cosa consista il pericolo (si veda, per esempio, la sentenza 24100/2018).
Così non è stato ritenuto sufficiente il fatto che l’automobilista sardo avesse gli occhi lucidi e un forte alito vinoso: «non presentava ulteriori e più importanti segni di ebbrezza», annota la Corte. Almeno stando a quanto verbalizzato dagli agenti che lo avevano fermato: negli atti non ci sono segnalazioni di «comportamenti di guida inadeguati né difficoltà a parlare né, ancora, incertezze nei movimenti».
Non si sa se quel guidatore fosse davvero sufficientemente presente da non manifestare tali segni o se gli agenti non li abbiano colti. Sta di fatto che ora le sanzioni penali (ammenda da 800 a 3.200 euro e arresto fino a sei mesi) non si possono applicare.
Restano le sanzioni accessorie che riguardano la patente, di competenza del prefetto: sospensione da sei mesi a un anno e decurtazione di 10 punti. Ma bisogna vedere se davvero nella prassi le Prefetture danno seguito a sentenze penali dalle conseguenze così complesse. Senza contare che, trascorsi cinque anni dal fatto, scatta la prescrizione.
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