Sarà poi così pericoloso se davvero passasse la proposta di alzare da 130 a 150 all’ora il limite in alcuni tratti di autostrada? E siamo sicuri che i tempi di viaggio diminuirebbero? Domande semplici. Ma le risposte sono complesse. Finora il dibattito pubblico sulla proposta della Lega si è sviluppato tra le argomentazioni prettamente politiche di uomini di governo e parlamentari e le affermazioni di personaggi e associazioni che hanno una loro precisa connotazione e quindi difendono le proprie posizioni “a prescindere”. Qui proviamo a superare tutto ciò.
Statistiche incoraggianti
Semplicità vorrebbe che un verdetto inappellabile venisse dai numeri: dal 29 maggio dello scorso anno si è saputo che la Polizia
stradale ha dovuto spegnere il Tutor (controllo automatico della velocità media, presente su circa metà della rete, più o meno 2.900 chilometri su un totale di 5.761), che il 10 aprile precedente la Corte d’appello di Roma aveva dichiarato contraffatto da Autostrade per l’Italia.
Da quel giorno, chi voleva superare i 130 km/h sapeva di poterlo fare con rischi molto minori di essere multato. E l’esperienza ha dimostrato che, quando la corsia di sorpasso era sufficientemente libera, molti l’hanno percorsa propriotenendosi sui 150 km/h.
Anche chi voleva andare più forte si è dovuto allineare a questa velocità per molti tratti: tranne che di notte, è difficile trovare un’autostrada tanto sgombra da permettere andature più elevate.
Dunque, i dati sugli incidenti in questi ultimi 11 mesi, se confrontati con il corrispondente periodo di un anno prima, potrebbero in teoria dire molto di come andrebbero le cose con i nuovi limiti proposti dalla Lega. E sembrerebbero anche piuttosto confortanti: 202 incidenti mortali contro 189, appena 12 in più (11 se consideriamo che uno è stato il crollo del Ponte Morandi). I sinistri con feriti sono stati 6.884 contro 6.903. Il totale degli incidenti (compresi quelli con soli danni a cose) è addirittura diminuito sensibilmente: 24.454 contro 24.645.
Il lieve aumento dei mortali appare quindi compensato da un’altrettanto lieve diminuzione degli incidenti con feriti. A dimostrazione che la velocità più elevata ha effettivamente aggravato le conseguenze di alcuni urti, ma in maniera molto limitata.
Ma i numeri non dicono tutto
Non è però possibile trarne conclusioni definitive. Non solo perché questi sono solo i dati che risultano dalle rilevazioni
giorno per giorno della Polizia stradale, sempre soggetti a un margine di correzione quando verranno elaborati dall’Istat.
Va anche considerato che sarebbe interessante vedere l’andamento tratta per tratta, in modo da capire se le differenze rispetto al periodo precedente sono effettivamente dovute alle tratte con Tutor, ma per
fare questo basandosi su fonti aperte ufficiali occorre aspettare ancora diversi mesi, quando uscirà il prossino report dell’Aiscat
(peraltro relativo a tutto il 2018 e non allo spezzone di anno senza Tutor).
Ma soprattutto va considerato che ormai molti italiani sono convinti che il Tutor sia stato completamente riattivato, cosa che invece è vera per appena 37 delle circa 300 tratte precedentemente controllate. Sulle altre è rimasta la segnaletica, ma non si è riusciti a sostituire il vecchio sistema con quello nel frattempo messo a punto sempre da Autostrade per l’Italia, evidentemente con difficoltà. La riattivazione delle prime 22 tratte è avvenuta a fine luglio con grande pubblicità, quella delle altre è stata effettuata alla spicciolata nei mesi successivi, fino a febbraio.
Dunque, più si va avanti nel tempo e meno c’è la certezza che il comportamento di guida sia influenzato anche dalla consapevolezza che sarà difficile essere multati.
Previsioni e luoghi comuni da sfatare
Bisognerebbe poi vedere quale sarebbe la formulazione finale della norma, anche per capire quali margini avrebbero i gestori
per aggirarla reimponendo i 130 km/h sotto forma di limite di velocità locale. In alcuni casi, ciò sarebbe anche giustificato perché le autostrade hanno problemi occulti: per esempio, l’A1 e l’A14, in
Lombardia ed Emilia-Romagna, sono tra le papabili per sperimentare i 150 km/h ma hanno recinzioni insufficienti a evitare
le invasioni di animali (soprattutto cinghiali, che a gennaio hanno causato un morto e 10 feriti nel Lodigiano) e Autostrade
per l’Italia per anni non ha trovato nulla di meglio che mettere segnali di «pericolo attraversamento animali».
Senza contare gli errori di costruzione: persino il nuovo Ponte Morandi (che di certo non potrà mai “ambire” ai 150 km/h ma dovrebbe essere comunque un simbolo della migliore capacità italiana di costruire autostrade) nascerà fuori norma e con una distribuzione delle corsie che potrebbe ingannare l’occhio di chi guida.
Non è nemmeno detto che sia corretto consentire i 150 km/h solo sulle autostrade col maggior numero di corsie: normalmente proprio qui c’è il maggior numero di veicoli (spesso pesanti) in circolazione, cosa che impone a chi guida di fare ancora maggiore attenzione al comportamento degli altri conducenti e agli angoli morti di visibilità determinati dalla presenza degli altri (tanto più se con veicoli alti, come camion, bus, furgoni e le sempre più diffuse suv). E, più corsie ci sono, più si moltiplicano i cambi di corsia, che comportano sempre situazioni di rischio, tanto più quando con una sola manovra ci si sposta di due o tre corsie.
Inoltre, non si può essere sicuri che i tempi di viaggio diminuirebbero sempre: nelle ore diurne spesso il limite è imposto dal traffico. E, se il numero di incidenti tornasse ad aumentare, si rischierebbe di perdere più tempo nelle conseguenti code.
Altro luogo comune da sfatare è che la maggior sicurezza dei veicoli di oggi in termini di frenata, stabilità e tenuta di strada basti a dare tutte le garanzie necessarie anche a 150 km/h: spesso sono diventati maggiori anche la silenziosità e le prestazioni, quindi ci si può ritrovare a velocità più alte di quelle percepite.
Molti non sanno che anche 120 km/h sono spesso da considerare alta velocità: una manovra di emergenza a quell’andatura è nettamente diversa da quando avviene a 80 km/h. Soprattutto se si guida una suv: per quanto nella marcia normale dia sensazione di maggior sicurezza, in emergenza reagisce peggio della corrispondente vettura “normale” (a baricentro basso, come la fisica consiglierebbe caldamente).
La verità è che le alte velocità, anche quando si hanno accessori di sicurezza fondamentali e ormai obbligatori come il controllo elettronico della stabilità, richiedono sempre capacità molto superiori a quelle del guidatore medio.
È anche per tutto questo che attualmente in nessun altro Paese si sta pensando di alzare i limiti di velocità.
I rischi dell’andare piano
D’altra parte, come dimostrano il fatto che negli ultimi anni di Tutor la mortalità era tornata a salire rispetto agli inizi
e non si è impennata dopo lo spegnimento del sistema, oggi come oggi andare piano non risolve tutti i problemi. Rispetto a ieri, la distrazione è molto più in agguato.
La colpa non è solo degli smartphone, citati da tutti, ma anche dei sempre più sofisticati impianti multimediali di bordo: per districarsi tra le loro varie funzioni, occorre distogliere lo sguardo dalla strada per molti, troppi secondi. Il che è perfettamente legale, ma anche ugualmente mortale. E sempre più frequente, quando si smanetta a lungo fra le attrazioni offerte dalla plancia, in cerca di un antidoto alla noia dei limiti di velocità e di un appagamento dopo aver speso migliaia di euro per un mega-impianto multimediale (su cui gli stessi costruttori di veicoli investono sempre più).
L’ambiente, il grande assente
Ma la cosa che più stupisce in tutto l’acceso dibattito sui 150 km/h è che non li si collega all’aumento delle emissioni di CO2 che esso causerebbe. Infatti, la CO2 emessa è direttamente proporzionale ai consumi di combustibile.
Certo, la CO2 non inquina. Ma fa di peggio: è responsabile dei cambiamenti climatici che ormai tutti percepiscono con preoccupazione, tra siccità, tempeste e alluvioni. Tanto da indurre centinaia di migliaia di persone a scendere in piazza e milioni a “impegnarsi” sui social network. Tutti in difesa della Terra.
Appare incredibile che adesso, a poche settimane da quelle manifestazioni e dall’entrata in vigore di ecobonus ed ecotassa (che sono commisurati appunto alla CO2), quasi nessuno se ne ricordi quando si parla di limiti di velocità.
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