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Il panel Onu bocciato a metà. Il presidente Pachauri invitato a farsi da parte

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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2010 alle ore 08:02.

Dalle stelle del Premio Nobel per la Pace alle stalle di un vero e proprio processo alla sua attendibilità. E tutto nel giro di soli tre anni. L'Intergovernmental panel on climate change delle Nazioni Unite, meglio noto come Ipcc, è finito sotto inchiesta dopo la scoperta di alcuni marchiani errori nel suo monumentale rapporto del 2007. Ieri il comitato di esperti incaricato di svolgere un'indagine sulla condotta scientifica dell'Ipcc ha emesso il suo verdetto. Le conclusioni del rapporto non vengono messe in discussione, ma il panel di 2.500 scienziati di tutto il mondo, chiamato a fornire all'Onu indicazioni sul futuro del clima, dovrà essere «profondamente riformato».

L'InterAcademy Council, il consesso incaricato di condurre il "processo" all'Ipcc, offre una lunga serie di raccomandazioni. Tanto per cominciare il panel intergovernativo dovrà dotarsi di un «forte comitato esecutivo, che includa anche esperti di altri campi e un direttore esecutivo capace di imprimere una forte leadership». Inoltre sia il direttore che il presidente dovranno essere in carica soltanto per la durata di un rapporto, che solitamente viene pubblicato ogni 5-7 anni.

Il che chiama ovviamente in causa Rajendra Pachauri, l'ingegnere indiano che presiede l'Ipcc dal 2002 e che è in carica anche per il prossimo rapporto sui cambiamenti climatici, atteso fra il 2013-2014. «Questo dibattito spetta ai Governi del mondo - ha risposto Pachauri invece di dimettersi - e saranno loro a decidere cosa cambiare e quando». Il riferimento è alla riunione convocata in Corea del Sud fra due mesi, dove i 194 Governi che aderiscono all'Intergovernmental panel saranno chiamati a prendere delle decisioni, ormai inevitabili.

«La struttura decentralizzata dell'Ipcc, un network planetario di scienziati - dice Harold Shapiro, il professore di Princeton che presiede l'InterAcademy Council - è la sua forza e l'origine della sua vitalità. Tuttavia la scienza climatica è diventata così importante nei pubblici dibattiti che trasparenza e verificabilità sono diventati un obbligo. E questo richiede di rivedere i processi e le procedure dell'Ipcc». Per esempio fare più attenzione alle fonti.

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In mezzo alle sue oltre mille pagine, il rapporto 2007 includeva alcune affermazioni poi rivelatesi discutibili: l'alta probabilità che i ghiacci dell'Himalaya si sciolgano entro il 2035, per esempio. Secondo le ricostruzioni una frase buttata lì da uno scienziato e ripresa da un libriccino di una organizzazione non governativa è finita come oro colato nel rapporto Ipcc, che in teoria dovrebbe rivedere ogni singola affermazione tramite il peer review, il controllo incrociato fra scienziati.

In realtà, a parte qualche leggerezza di troppo, questa indagine sul rigore scientifico dell'Ipcc origina dal cosiddetto Climategate, scoppiato lo scorso autunno, quasi una bomba a orologeria alla vigilia del vertice di Copenhagen, quando il mondo era chiamato a prendere decisioni sul taglio alle emissioni di anidride carbonica. In poche parole un misterioso hacker trafugò le email dell'Università dell'East Anglia e le rivelò al mondo. Qualcuna di quelle missive era quantomeno imbarazzante: dava l'impressione che i climatologi che lavorarono al rapporto Ipcc volessero forzare la mano, e anche i dati, pur di dipingere un fosco futuro per il clima terrestre.

Certo non si può imputare al Climategate di aver fatto fallire Copenhagen. Ma di sicuro ha dato fiato alle trombe di coloro i quali escludono che il clima stia cambiando per mano dell'uomo, proiettando l'ombra del dubbio popolare anche sul prossimo appuntamento negoziale: il vertice fissato a Cancun, in Messico per il prossimo dicembre.
I fasti del Premio Nobel sembrano lontani anni luce. Però il verdetto sull'Ipcc non mette in dubbio le previsioni sul riscaldamento planetario che, al contrario, vengono definite «fondamentalmente corrette». Adesso non c'è che attendere le decisioni sulla riforma dell'Ipcc e sulle sorti del suo presidente. Dopodiché il network planetario di climatologi dovrà tornare presto al lavoro. Il mondo attende risposte. Certe e credibili.

Che cos'è
L'Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) è stato istituito nel 1988 dalla World Meteorological Organization (Wmo) e dal Programma ambientale dell'Onu (Unep) per fornire ai governi una valutazione scientifica della letteratura disponibile in materia di cambiamenti climatici. È un organo intergovernativo (e non di ricerca) aperto a tutti i paesi membri della Wmo e dell'Unep. Partecipano anche le Organizzazioni internazionali, intergovernative e non governative
I riconoscimenti
Migliaia di scienziati di tutto il mondo contribuiscono al suo lavoro su base volontaria
Nel 2007 l'Ipcc, insieme ad Al Gore, ha ottenuto il premio Nobel per la pace per l'impegno dedicato al tema dei cambiamenti climatici
Le previsioni sbagliate
Il rapporto del 2007 sul clima è stato oggetto di critiche. In particolare si è rivelata infondata, per ammissione dello stesso Ipcc, l'affermazione di un possibile scioglimento dei ghiacciai himalayani entro il 2035. Un'altra vicenda controversa riguarda le e-mail di alcuni professori della University of East Anglia da cui deriverebbe la volontà di manomettere alcuni dati
Le raccomandazioni
In febbraio l'Ipcc ha deciso di rispondere alle critiche promuovendo una revisione indipendente della sua organizzazione e del suo metodo di lavoro. Le conclusioni della review, guidata dall'Interacademy council, sono state pubblicate ieri. Due le raccomandazioni essenziali: ridurre l'attuale doppio mandato di sei anni del presidente dell'Ipcc; dotare il panel di un «forte comitato esecutivo, che includa anche esperti di altri campi e un direttore esecutivo capace di imprimere una forte leadership»