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Tecnologie Scienza

La lunga guerra del clima che divide gli scienziati

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 agosto 2010 alle ore 19:39.

Non è un mistero che vi sia chi si oppone alle tesi scientifiche che legano il riscaldamento climatico all'azione dei gas serra prodotti dalle attività umane, mettendo in guardia sui pericoli che ne potrebbero derivare per l'equilibrio ambientale del pianeta. E le vicende del Climategate, esploso nel novembre scorso, hanno inevitabilmente dato voce a coloro che criticano i teorici del global warming. Un hacker ha sottratto server di migliaia di email e altri documenti da un server usato dalla Climatic Research Unit (CRU) della Università dell'East Anglia.

In alcune di queste email sembrerebbe che il direttore della CRU Phil Jones dichiari di aver manipolato i dati per occultare prove che avrebbero indebolito le ipotesi favorevoli al global warming. In altre email indirizzate a Phil Jones, invece, Michael Mann, climatologo dell'Università della Pennsylvania, manifesta l'intenzione di ostacolare la pubblicazione di articoli in cui si evidenziano critiche agli studi che sostengono l'incremento delle temperature sulla Terra.

Va detto che in seguito inchieste indipendenti condotte dalla Camera dei Comuni del Parlamento britannico e dalle Università dell'East Anglia e della Pennsylvania, hanno fatto cadere le accuse più gravi ai danni sia di Jones e dei suoi collaboratori sia di Mann. In sostanza, le inchieste hanno confermato «l'esistenza del global warming e la sua correlazione con l'azione dell'uomo» e hanno negato che da parte della CRU siano stati manipolati i risultati delle indagini scientifiche. Tuttavia, è emerso che il professor Jones «avrebbe potuto seguire criteri statistici migliori e usare una maggiore trasparenza» nella pubblicazione dei contenuti delle sue ricerche. In ogni caso, l'uso di metodi statistici più efficienti, «non avrebbe modificato in modo significativo l'esito degli studi della CRU».

«Why we disagree about climate change». Il libro del professor Mike Hulme
E c'è anche chi come il professor Mike Hulme della Università dell'East Anglia, autore nel 2006 del libro "Why we disagree about climate change", non contesta tanto le tesi a favore del global warming, ma le soluzioni che si ipotizzano per risolverlo. «Io riconosco l'esistenza del climate change, è vero l'azione dell'uomo sta progressivamente modificando il clima del pianeta. Quello che io metto in dubbio è che possiamo trovare un rimedio comune per questo problema, immaginare di affrontarlo a livello mondiale con una strategia buona per tutti», precisa Hulme, evidenziando come, ad esempio, oggi le esigenze dell'Inghilterra siano molto diverse da quelle della Cina o di altri paesi in via di sviluppo.

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«Più in generale è piuttosto presuntuoso pensare di poter controllare l'evoluzione del clima. Credo che sia più realistico accettare il climate change e conviverci». E, una volta abbandonati i propositi, a suo dire irrealistici, di un piano globale sui cambiamenti climatici, Hulme suggerisce di agire con politiche rivolte alle singole comunità: "Si può intervenire con più forza localizzando questi problemi, migliorando l'ambiente delle città attraverso il ripensamento del sistema dei trasporti e acquistando cibo prodotto in loco"

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