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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2011 alle ore 08:02.

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ROMA. Sulle pensioni «serve un compromesso» ha concesso ieri a mezzogiorno Umberto Bossi uscendo dalla Sala del Mappamondo di Montecitorio dopo l'informativa di Giulio Tremonti. Un'apertura che, in serata, sembrava però concretizzarsi in una mediazione molto al ribasso. Un «quasi annullamento» delle ipotesi su cui i tecnici hanno lavorato negli ultimi giorni. La Lega (con un consenso della Cisl) avrebbe concesso solo un anticipo al 2015 e non al 2012 della scalettatura per elevare l'età di pensionamento di vecchiaia delle donne del settore privato. Nulla di più perché, come ha spiegato il Senatur, bisogna anche saper dire dei no «altrimenti si rischia la crisi».

Secondo alcune fonti politiche i lumbard potrebbero arrivare al massimo a sostenere un anticipo di «quota 97» al 2012 (rispetto al 2013) sulle pensioni di anzianità e, forse, sosterrebbero anche l'anticipo sempre al 2012 del meccanismo di aggancio del momento del pensionamento all'aspettativa di vita. Se questa sarà la mediazione massima, se negli incontro notturni Bossi non andrà oltre la battuta di ieri sera («sulle pensioni Tremonti non mi ha convinto») allora si può già dire che il contributo di questo dossier alla correzione per il close to balance 2013 si riduce a meno di un miliardo. Il conto è presto fatto: 300 milioni circa dall'aggancio anticipato all'aspettativa di vita e 400 milioni da «quota 97», vale a dire la possibilità di andare in pensione d'anzianità con 61 anni compiuti e 36 di contributi l'anno prossimo per i dipendenti (62 e 36 per gli autonomi).

La distanza con le misure messe a punto anche sulla base delle indicazioni fatte recapitare al governo dalla Bce è grande. Salterebbe il blocco totale delle anzianità da qui al 2015 con la scalettatura che portava a «quota 100» (si veda in grafica). E salterebbe l'avvio immediato della manovra di innalzamento dell'età a 65 anni per la pensione di vecchiaia delle donne, un adeguamento che quando sarà a regime garantirà 13 miliardi di minore spesa pensionistica. Ma la Lega direbbe «no» anche ad interventi immediati sulle pensioni di reversibilità, che nelle ipotesi circolate sarebbero rientrati nell'anticipo della delega fiscale-assistenziale per portare un risparmio di almeno 1,5 miliardi.

Ieri a fotografare la distanza delle posizioni leghiste, tutte schierate a difesa dei tanti lavoratori ultracinquantenni del Nord con 35-40 anni di contributi già versati, sono state le parole del presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua. Ospite a CortinaIncontra, Mastrapasqua, nel corso di una riflessione sull'età di pensionamento effettivo ancora basso in Italia, ha riconosciuto che andare in pensione a 35 anni, grazie al meccanismo delle quote, «è un privilegio che crea ingiustizia», per cui, ha aggiunto, «mi auguro che Governo e parti sociali provvedano a sanarlo». Mentre non andrebbe toccata la pensione con 40 anni di anzianità, ha poi concluso il presidente dell'Inps, poiché rappresenta «un legittimo diritto».
Tornando alle ipotesi di intervento circolate ieri, ma questa volta da fonti tecniche, resta da riferire di un possibile e ulteriore ricorso al contributo di solidarietà sulle pensioni più elevate. Le misure già contenute nella manovra di luglio, dovrebbero garantire circa un miliardo in tre anni.

Come si ricorderà la prima prevede un contributo di solidarietà del 5% sopra i 90mila euro annui e del 10% sopra i 150mila. La seconda invece blocca la rivalutazione annuale per le pensioni d'oro. L'idea è di abbassare ancora un po' le soglie di reddito per allargare la platea dei soggetti colpiti dal taglio. Si vedrà.

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