Notizie Asia e OceaniaLa «valanga» della vittoria hinduista
La «valanga» della vittoria hinduista
di Ugo Tramballi | 16 maggio 2014
Attesa dagli elettori e annunciata dalle previsioni, la vittoria hinduista sembra sia una valanga. Narendra Modi, il leader del Bjp, il partito a chiara vocazione religiosa, supera abbondantemente la percentuale e il numero di seggi in parlamento, necessari per governare senza gli ostacoli elle forze politiche minori e di quelle regionali. I prossimi, dunque, dovrebbero essere cinque anni di stabilità di governo. Un evento non molto comune in India.
Ora si tratta solo di capire quanto profonda sia la definizione di hinduista del Bjp: se cioè Modi farà prevalere l'aspetto religioso, la fede alla quale appartiene la grande maggioranza del miliardo e 100 milioni di indiani; o se l'arancione sia solo un colore di base che promuoverà, anziché abbandonare le riforme.
In realtà le riforme economiche indiane che in un ventennio hanno permesso al Paese di diventare un protagonista fra i Paesi in via di sviluppo, sono ferme da anni. Nemmeno la leadership di Manmohan Singh, il ministro delle Finanze e poi premier del Congress, padre di quelle riforme, è servita per rinvigorirle.
Un partito a vocazione religiosa come il Bjp, i cui attivisti a volte fanno adunate in calzoncini e camicia bruna, ha tendenze populiste. Vent'anni fa, quando arrivarono per la prima volta al potere, ma in governi pletorici e divisi dall'inizio, dimostrarono più immaturità che estremismo. Nel quinquennio a partire dal 1999, quando finalmente vinsero come oggi, sbaragliando il Congress, governarono invece con grande pragmatismo. Atal Bihari Vajpayee, che era stato un frequentatore di quelle ridicole adunate, dimostrò di essere un premier moderno.
L'India aveva proseguito brillantemente e con coerenza le riforme di Manmohan Singh. E cinque anni dopo, alle soglie delle nuove elezioni, il Bjp si presentò al voto con due slogan: "India shining" e "Abbiamo costruito più autostrade noi in cinque anni che il Congress in cinquanta". Erano entrambi slogan veritieri: gli hinduisti avevano fatto crescere un'India che mai aveva brillato così, dai tempi degli imperatori Moghul (musulmani). Ma il Bjp perse clamorosamente le elezioni. Perché cinque anni non bastano per soddisfare la maggioranza di un elettorato così vasto, così democratico e così bisognoso d'infrastrutture.
Narendra Modi interpreta le due anime del Bjp: quella modernista e nazionalista moderata e quella religiosa e tribale. Il Gujarat, a Nord di Mumbai che ha governato, è lo Stato con la crescita più alta e il più aperto agli investimenti privati indiani e internazionali. Nella sua squadra torna al potere anche Chandrabapu Naidu, l'ex chief minister dell'Andhra Pradesh che fece del suo Stato centro-meridionale e della capitale Hyderabad, uno dei fenomeni dell'hi-tech indiano e mondiale.
Ma nonostante il Gujarat sia lo Stato dove è nato il Mahatma Gandhi, gli scontri fra hindu e musulmani sono stati fra i più violenti. Di quelli scoppiati un decennio fa, con un migliaio di morti, Modi è accusato di essere stato un istigatore. È per questo che Stati Uniti e Gran Bretagna gli hanno sempre negato un visto d'ingresso. Potranno farlo ora anche con il primo ministro indiano?