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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2014 alle ore 16:21.
L'ultima modifica è del 24 giugno 2014 alle ore 17:17.

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NATAL - Attesa, prevista, temuta. La notizia dell'improvviso peggioramento delle condizioni di Ciro Esposito è arrivata anche qui, nella pancia dell'Arena Das Dunas, a poche ore dal calcio d'inizio di quest'Italia-Uruguay che vale tutto il nostro Mondiale.

È un intreccio di destini, quest'amara sovrapposizione di tempi, momenti, istanti, emozioni diverse e contrastanti. Nel giorno che qui chiamano della «finale della prima fase», nell'ora cui il calcio italiano ha scrivere il proprio futuro di fronte alla prova del campo, la più importante dell'ultimo quadriennio, la storia di Esposito ci ricorda la parte più amara della realtà del nostro football fino a poche ore dalla partenza del charter azzurro verso Rio de Janeiro.

Per qualche giorno, val la pena confessarlo, eravamo quasi riusciti a dimenticarlo, prima inebetiti dall'amazzonico successo sugli inglesi, poi imbambolati dallo schiaffo beccato dalla Costarica nella torrida Recife. Ed ecco invece che quel passato che non passa, quello del calcio nostrano prono a curve e ultrà, ritorna nel "giorno dei giorni", con gli occhi del mondo sugli Azzurri e sulla Celeste.

Da Ciro Esposito a Ciro Immobile. È in questa macabra e grottesca distonia l'essenza stessa del calcio italiano, nel fango che ha generato i fattacci della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, e in tutto ciò che negli anni ha preceduto e nelle settimane ha seguito quel folle pomeriggio romano.

Tutto torna, il cerchio si chiude, ahinoi, abbiamo visto un'altra vittima sacrificale della follia ultrà. Ma quella stessa finale, in campo, è stata decisiva per la convocazione azzurra di un altro"scugnizzo", Lorenzo Insigne. Oggi deleghiamo a tutt'altro Ciro, anche lui partenopeo, il pezzo di un sogno mondiale che comunque vada porterà la stigmate dolorosa della notizia arrivata dall'Italia.

Da Ciro a Ciro: questa la parabola che il nostro calcio sta disegnando. Ricordiamocene verso le 20 italiane, quando potremo esultare per il ritrovato orgoglio patrio e pallonaro, oppure saremo lì a disperarci per la fine anticipata dell'incantesimo mondiale.

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