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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2014 alle ore 07:42.
L'ultima modifica è del 01 agosto 2014 alle ore 19:12.

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Sullo scranno di giudice siede ormai dagli anni di Nixon presidente, viene dall'America profonda di Kansas City nel Missouri ed è un prodotto delle migliori università degli Stati Uniti, da Harvard a Stanford.

Thomas Poole Griesa, il magistrato federale di New York che ha messo alle strette l'Argentina sul debito, ha ormai 83 anni ma non ha perso sagacia e spirito combattivo.

Nel bloccare i pagamenti tentati da Buenos Aires ai creditori che hanno accettato la ristrutturazione del debito senza rimborsare contemporaneamente i fondi dissidenti, ha opposto un veto duro e senza ambiguità: l'ha definita una «azione esplosiva», che rischia di far fallire qualunque negoziato tra il Paese latinoamericano e i detentori delle sue obbligazioni.

Di più: il magistrato ha ordinato a Bank of New York Mellon, che ha ricevuto dall'Argentina fondi per 539 milioni destinati ai creditori piu' docili, di non muovere un dollaro - anzi di rispedirli tutti al mittente - se non vuole rischiare a sua volta violazioni. «Questo pagamento è illegale e non verrà eseguito», ha tuonato.

Le sue parole mostrano un giudice abituato a non scherzare e a chiamare i bluff delle parte in causa - e a far valere le loro responsabilità legali . Oggi scadono infatti i termini per il pagamento di interessi sul debito argentino ristrutturato, con lo spettro di un nuovo default del Paese. Anche se Buenos Aires ha sostenuto che il deposito stesso dei soldi presso la Bank of New York Mellon la metterebbe al riparo da accuse di non aver rispettato gli obblighi.

Griesa aveva già dato ragione ai fondi dissidenti, hedge fund definiti da Buenos Aires come avvoltoi e speculatori, i quali chiedono di essere pagati il valore pieno dei titoli dopo aver comprato debito argentino a prezzi stracciati all'indomani del default del paese nel 2001 su 95 miliardi di dollari di debito estero. Questi fondi, guidati da NML, avevano negli anni scorso respinto uno swap con nuovi titoli che valgono circa il 30% dei bond originali.

La Corte Suprema, la massima autorità giudiziaria statunitense, ha nei giorni scorsi bocciato a sua volta un ricorso dell'Argentina, rifiutando di intervenire contro la sentenza di Griesa.

Il giudice, nell'ultima udienza, ha preso di mira apertamente i legali dell'Argentina con toni perentori, criticandoli per aver presentato irregolari richieste di sospensione della sua decisione e per continuare a tergiversare su nuove trattative con i fondi ribelli che possano risolvere il caso.

«Perchè non sono in corso negoziati, invece di essere tutti qui seduti in tribunale?» ha rincarato. «Non ci vuole uno scienziato per capire cosa fare per trattare». Griesa il 23 giugno ha anche nominato uno speciale rappresentante della corte per incoraggiare i negoziati tra le parti oggi ai ferri corti.

Nel frattempo i fondi dissidenti hanno offerto all'Argentina un'estensione della scadenza di pagamento fino a fine luglio se pero' dimostrera' buona fede in nuove trattative.

Chi avesse pensato di trovare in Griesa un magistrato facile da aggirare ha così commesso un errore. Giudice dal 1972, dopo aver servito nella Guardia costiera e aver lavorato al Dipartimento della Giustizia, non è nuovo a decisione controverse e difficili quanto legalmente ineccepibili: nel 1982 salì alla ribalta con l'ordine di bloccare la costruzione di una nuova autostrada da oltre 2 miliardi di dollari a New York, la WestWay.

Diede ragione a chi sosteneva che avrebbe danneggiato irreparabilmente la fauna ittica e si contrappose alle autorità cittadine e all'allora presidente Ronald Reagan che sosteneva il progetto. La Corte d'Appello confermò la sua decisione.

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