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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2014 alle ore 14:56.
L'ultima modifica è del 03 luglio 2014 alle ore 20:46.

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(Ansa)(Ansa)

«Se l'Europa facesse un selfie, mostrerebbe il volto della noia. Eppure, il mondo fuori di qui corre veloce». Inizia con questa battuta il messaggio con cui il premier Matteo Renzi ha aperto a Strasburgo la presidenza italiana dell'Unione europea. Alle 15. 18, in lieve ritardo sul programma, davanti all'assemblea del Parlamento europeo in seduta plenaria presieduta da Martin Schultz (Pse), Renzi ha pronunciato a braccio (abbandonando il testo scritto) il suo discorso per chiedere un cambio di passo, da un'Europa del rigore fiscale all'Europa dello sviluppo e della flessibilità sul Patto di stabilità. «Non vogliamo cambiare le regole, ma vogliamo anche la crescita, così come previsto dal patto fondativo firmato dai nostri padri. Non ci interessa giudicare il passato ma iniziare il futuro». Al termine, standing ovation dei parlamentari, subito dopo la chiusa del premier: «Il nostro destino non è solo nella moneta che abbiamo in tasca».

Non a un'Europa "unione di burocrazie": ci basta la nostra
Per Renzi, non è possibile «sottovalutare la questione finanziaria». Esiste «un grande tema finanziario, ma l'Italia sostiene che la grande sfida del semestre non sia solo elencare una serie appuntamenti, che pure ci saranno e spero con partecipazione la delle parlamentari e dei parlamentari, ma la grande sfida p ritrovare l'anima dell'Europa, il senso profondo del nostro stare insieme. Se dobbiamo unire burocrazie, a noi in Italia basta e avanza la nostra. C'è un'identità da ritrovare». L'italia - ha sottolineato ancora Renzi «non viene qui per chiedere all'europa i cambiamenti che lei non é in grado di fare. L'italia viene qui per dire che lei per prima ha voglia di cambiare. E lo fa con il coraggio di chi va nelle istituzioni europee non per chiedere ma per dare».

Italia in Europa per dare, non per chiedere
Parlando dell'Italia, Renzi ha chiarito che il nostro paese «non viene qui a chiedere l'Europa i cambiamenti che non è in grado di fare, ma per dire che siamo i primi a sapere di dovere cambiare». In questa sede, ha sottolineato Renzi, «rappresento un Paese fondatore e che dà ogni anno un contributo importante alle istituzioni europee: diamo di più di quello che prendiamo, e ne siamo felici e orgogliosi. Ma rappresento anche il partito che ha preso più voti di tutti: e li abbiamo presi non dicendo che è colpa dell'Europa, ma che i nostri problemi nascono in Italia, che noi dobbiamo cambiare le istituzioni, la giustizia, la Pa. Sappiamo che prima di tutto dobbiamo chiedere a noi la forza di cambiare se vogliamo essere credibili».

Il Patto di Stabilità non dimentichi la crescita
Allargando il discorso alle prospettivve di crescita del Vecchio continente, Renzi ha quindi sottolieeato che «la questione economica e la discussione dell'ultimo Consiglio non si riduce alla richiesta di alcuni Paesi di cambiare le regole». Noi, ha ribadito, « vogliamo rispettarle», ma le rispetta «chi ricorda che abbiamo firmato insieme il Patto di stabilità e crescita. Non solo di stabilità. E la richiesta non è di un singolo Paese, ma per tutta l'Europa». Detta in altro modo, «non chiediamo un giudizio sul passato, ma vogliamo cominciare il futuro, subito. Il mondo corre al doppio: vogliamo recuperare questo gap o no? Su Ict, su climate change, sul capitale umano. Non ci sarà nessuno spazio per l'Europa se resteremo solo un espressione geografica».

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