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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2014 alle ore 09:36.
L'ultima modifica è del 07 luglio 2014 alle ore 12:39.

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Finirà che dopo il Comune di Reggio, saranno commissariate anche le processioni e le confraternite di tutta le regione Calabria. Un paradosso? Una forzatura? Sì e no, visto che l'arcivescovo di Reggio Calabria, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, dopo aver appreso l'ultima notizia proveniente da Oppido Mamertina, dove la Statua della Madonna si sarebbe fermata davanti all'abitazione della potentissima famiglia Mazzagatti, ieri ha inviato un avviso pastorale a tutti i sacerdoti della diocesi, ai membri dei comitati delle feste e alle congreghe.

In questa lettera monsignor Morosini ricorda quanto stabilito il 17 febbraio 2014 per la diocesi di Reggio Calabria-Bova: «Il percorso della processione sia caratterizzato dalla preghiera e dalla riflessione spirituale sia preventivamente concordato con il parroco e successivamente sottoposto al nihil obstat della Curia arcivescovile; durante lo svolgimento dell'itinerario è proibita qualsiasi forma di raccolta di denaro; le soste siano fatte per opportune e doverose pause, e in tale circostanza la statua o l'effige del patrono o della patrona non sia rivolta verso case o edifici. Tali soste devono essere stabilite previamente con il parroco. In caso di non osservanza o adempimento a quanto prescritto, l'anno successivo non sarà concessa l'autorizzazione per la celebrazione della festa».
Se non è un commissariamento poco ci manca anche se l'avviso sarebbe stato bellamente ignorato a Oppido Mamertina.

Non è la prima volta (speriamo sia l'ultima) che le processioni religiose fanno tappa davanti alle case dei boss, veri o presunti (l'importante, a parte le condanne giudiziarie, è che quelle soste siano rispettose di chi comanda davvero in paese). Tanto per citarne una (quella diventata mediaticamente più famosa) a Sant'Onofrio (Vibo Valentia), nel 2010 finì che la ricorrenza dell'Affruntata venne anticipata da paura, tensioni e polemiche e, tanto per non farsi mancare nulla, dagli spari alla casa del priore e dai sospetti di condizionamento mafioso delle funzioni religiose. La funzione pasquale venne fatta slittare di una settimana e da allora, per garantire trasparenza ed evitare il gioco al massacro tra famiglie "influenti", venne interrotta la tradizione dell'asta tra congregazioni e si procedette al sorteggio tra confratelli e fedeli.

Cose che accadono solo in Calabria? Macché… Nel 2011 a Castellamare di Stabia (Napoli) l'allora sindaco Luigi Bobbio litigò platealmente con l'arcivescovo monsignore Felice Cece fino al punto di togliersi la fascia tricolore perché la processione di San Catello si era fermata davanti alla casa del presunto boss, che ebbe anche a lamentarsi perché era mancato il tradizionale inchino che stabilisce la supremazia del potere secolare su quello religioso.

Solo che stavolta – se le indagini della Procura di Palmi che potrebbe aprire un fascicolo anche perché riceverà, come del resto la Dda di Reggio Calabria una dettagliata informativa dei Carabinieri, confermeranno il dolo nella sosta della Vara di Oppido Mamertina – la cosa è completamente diversa.

Ci troveremmo di fronte ad una nuova tappa della sfida lanciata dal potere criminale al Vaticano. Già perché lo scontro (al netto di questo episodio) è tra la Chiesa di Roma e il "crimine" di Reggio Calabria e della regione tutta. Non mancano altri episodi recentissimi e pressoché contemporanei (ad esempio i detenuti del carcere di Larino che si astengono dalla presenza a Messa perché in attesa di conoscere i "contorni" della scomunica papale) dopo la durissima scomunica di Papa Francesco a Lamezia Terme contro la ‘ndrangheta.
Le cosche e le famiglie criminali (soprattutto, in questa fase storica) calabresi non possono fare a meno di imporre il loro potere su riti ed eventi religiosi. Lo hanno fatto per centinaia di anni dimostrando il segno reale del comando nella vita terrena. Quella celeste, poi, si vedrà. E lo hanno fatto con accondiscendenza e complicità (nel peggiore dei casi), trascuratezza o paura (nel migliore dei casi) di alcuni (pochi? molti?) sacerdoti e vertici succedutisi nelle gerarchie ecclesiastiche.

Il momento è particolare perché oltre alla scomunica annunciata nei confronti dei mafiosi, Papa Francesco ha spianato la strada al coraggio della Chiesa locale, raccolto subito da monsignor Fiorini-Morosini che ha rilanciato l'idea di sospendere per dieci anni il padrinato per battesimi, comunioni e cresime. Spesso i "padrini", infatti, sono Padrini o loro surrogati.

La sfida è lanciata e oggi pochi ricordano che Nicola Gratteri, procuratore aggiunto a Reggio Calabria e fustigatore del malcostume dei preti senza coraggio, per primo, il 13 novembre 2013, in un'intervista al Fatto Quotidiano, disse che la pulizia del Papa fa paura alle mafie che, se potessero, gli farebbero volentieri uno sgambetto. A Gratteri venne rimproverato che quella "sparata" era indotta dalla necessità di presentare il suo libro (Acqua Santissima) ma, come spesso accade, il monito del pm antimafia ci aveva visto lungo.

«La chiesa è grande perché ognuno ci sta dentro a modo proprio», scriveva Leonardo Sciascia nel Giorno della civetta. Papa Francesco ha capito che l'unico modo è quello di scacciare i mercanti dal Tempio.

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