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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2014 alle ore 17:56.
L'ultima modifica è del 09 luglio 2014 alle ore 10:58.

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(Ansa)(Ansa)

Matteo Renzi ascolta gli interventi di 30 rappresentanti dell'industria digitale poi prende la parola: «Questo è il primo incontro in cui le istituzioni vengono per ascoltare gli esperti, ora la sfida è portare le idee fuori da questa stanza nella quotidianità dei cittadini».

La premessa fa capire che non ci saranno grandi annunci, e infatti anche l'attesa nomina del direttore dell'agenzia per l'Italia digitale slitta, probabilmente al Cdm di giovedì. Il premier elenca le priorità della presidenza italiana del semestre europeo: la creazione di un unico mercato digitale con un'autorità continentale, la necessità che gli investimenti in economia digitale siano fuori dai vincoli di bilancio, la cyber security come opportunità per una collaborazione aziende-governi, l'open government e gli open data.

Le priorità sono note, l'applicazione è il punto dolente e l'agenda digitale europea, Italia in particolare, sull'attuazione degli adempimenti previsti negli ultimi due anni è in ritardo. Il premier torna a definire la sua idea di Europa: «Per i cittadini deve essere uno spazio di libertà, non burocrazia». La priorita al momento è però cambiare l'Italia («Su questo il Wall Street Journal ha ragione», dice Renzi riferendosi a un recente commento critico con i ritardi italiani nelle riforme). «L'Italia deve smetterla di piangersi addosso» continua. Quando incontra brevemente i giornalisti, senza fare la conferenza stampa, dice, riferendosi alla stretta attualità, che «le riforme le faremo» e che chi rema contro deve arrendersi.

Quanto alla nomina del direttore dell'Agid, posto vacante da quando si è dimesso Agostino Ragosa, sembra che i nomi in lista siano rimasti due: Alessandra Poggiani, ceo di Venice City Ict, e Stefano Quintarelli, deputato di Scelta Civica ed esperto di lungo corso di tlc.
Il governo italiano sta inoltre preparando un documento chiamato Venice Declaration da presentare al Consiglio europeo di ottobre. I contenuti definitivi emergeranno a conclusione dei tavoli di lavoro tematici, per il momento, come anticipato ieri da Sole 24 Ore, sono: digitale al centro di una nuova politica industriale, mercato unico, banda larga per tutti entro il 2020, sicurezza, cloud computing, smart cities, formazione digitale già nelle scuole, creare le condizioni perché l'Europa sia il migliore posto per creare imprese innovative, modernizzaione della Pa.

Nella prima parte della mattinata l'intervento più deciso è quello del numero uno di Telefonica, Cesar Alierta: «Per creare un'Europa digitale servono 300 miliardi di euro e noi, come settore, ne abbiamo investiti 15 nel 2013. Bisogna cambiare le regole sulle infrastrutture di rete fissa a livello europeo». E ancora: «È incredibile che esistano dei sistemi operativi chiusi in tempi di trasparenza, la Ue non deve più permetterlo».
Marco Patuano, ad di Telecom Italia, annuncia la presentazione di un documento unitario da parte delle Telco: «È la prima volta che ci presentiamo con una posizione unitaria». Per la creazione di una nuova agenda digitale le priorità sono 4: infrastrutture, cittadinanza digitale, stimolo per nuovi posti di lavoro, governare le sfide del web.

Il ceo di Vodafone Vittorio Colao dice che «l'attuale proposta di net neutrality rischia di essere un ostacolo per l'innovazione, meglio quella americana» e lancia il tema delle sicurezza dei cittadini «che va garantita dai governi» nel rispetto della privacy grazie a una governance condivisa di internet. Secondo Maximo Ibarra, ad di Wind, «bisogna ridisegnare il ruolo formativo della scuola affinché nei prossimi 5 o 6 anni l'Europa possa essere il miglior posto come produttività ed efficienza».

Al tavolo non siedono solo operatori e grandi nomi di internet: la responsabile di Uber in Italia, Benedetta Arese Lucini, dice che «la Ue deve creare le condizioni per spingere le innovazioni, anche a costo di cambiare le regole». L'app che tanto fa arrabbiare i tassisti, e i problemi che sta incontrando, sono forse il migliore esempio.

«La prima fase di internet ha diviso l'Europa: i Paesi del Nord hanno colto meglio le opportunità – afferta David Bevilacqua, responsabile sud Europa di Cisco -. Ora arriva le seconda ondata, con l'internet of things e le opportunità saranno ancora maggiori. Non dobbiamo farcela sfuggire».

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