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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2014 alle ore 07:36.
L'ultima modifica è del 30 luglio 2014 alle ore 20:11.

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«Condanno nei termini più decisi possibile questa grave violazione del diritto internazionale da parte delle forze israeliane», ha concluso l'alto funzionario Onu, ricordando come l'ubicazione precisa della palazzina fosse stata comunicata a Tsahal in ben diciassette occasioni. «Questa è la sesta volta in cui è stata colpita una delle nostre scuole», ha rincarato la dose il numero uno dell'Unrwa.

Il ministero della Sanità di Hamas, il gruppo radicale che controlla l'enclave, ha denunciato ulteriori otto vittime, tra cui un bambino, in un attacco israeliano a una casa di Khan Younis, nel sud del territorio.

La diplomazia si muove per la fine delle ostilità
Nel frattempo il Vaticano muove la sua diplomazia per la fine delle ostilità a Gaza e la ricerca di una pacificazione. La Segreteria di Stato ha inviato alle ambasciate accreditate presso la Santa Sede una «Nota verbale» per richiamare i recenti appelli sul Medio Oriente rivolti dal Papa dopo gli ultimi Angelus.
In giornata ha parlato con i giornalisti anche Shimon Peres, ex presidente israeliano: «Israele ha esaurito l'opzione militare». Peres ha osservato che lo Stato ebraico deve lavorare per fare in modo che Gaza sia posta di nuovo sotto il controllo dell'Anp di Abu Mazen.

Malumori nell'esercito israeliano
Intanto si registrano forti malumori nell'esercito israeliano che chiede alla leadership politica del Paese di prendere una decisione sui prossimi passi da intraprendere nell'offensiva militare nella Striscia di Gaza. «La leadership politica deve decidere ora - ha detto un alto ufficiale citato dai media israeliani- o ci spingiamo più in profondità (a Gaza, ndr) o ci ritiriamo». Le parole dell'alto ufficiale lasciano trasparire la certa tensione tra i militari e il governo. «La nostra responsabilità è di condurre l'offensiva fino a dove è necessario che giunga, non dove vuole l'opinione pubblica. Questo non è un reality televisivo e gli indici di ascolto non sono un fattore», ha detto l'ufficiale.
Critiche anche per la decisione politica di non voler definire l'operazione militare in corso una guerra vera e propria. «A prescindere da come la chiamano i politici, per i nostri soldati questa è una guerra», ha detto ancora l'ufficiale.

Hamas parla di «aggressione» e non accetta la tregua umanitaria
Frattanto l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) ha annunciato ieri di aver ottenuto il consenso di Hamas per una tregua umanitaria di 24 ore, riferendo di contatti tra il presidente palestinese Abu Mazen e il capo dell'uffucio politico di Hamas, Khaled Meshaal: «Ha proposto una tregua di 24 ore e Meshaal e Hamas hanno accettato», ha detto Nabil Shaath alla France presse. Tuttavia in una rarissima dichiarazione diffusa da radio e televisione, Mohammed Deif, leader delle Brigate Ezzedin al-Qassam, ha ribadito che ogni accordo di tregua con Israele deve prevedere la fine dell'«aggressione» israeliana e la revoca del blocco a Gaza. «Non accettiamo nessuna condizione per il cessate il fuoco - ha detto - e non c'è cessate il fuoco senza la fine dell'aggressione e la revoca dell'assedio».

Israele chiede di proteggersi dai tunnel
Israele non ha invece commentato l'iniziativa delle autorità palestinesi, mentre ieri il segretario di Stato Usa, John Kerry, ha riferito di un colloquio telefonico con Benjamin Netanyahu, in cui il premier israeliano avrebbe avanzato la possibilità di una tregua, a condizione «che permetta a Israele di proteggersi dai tunnel».

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