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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2014 alle ore 16:27.
L'ultima modifica è del 09 agosto 2014 alle ore 21:03.
Prima di partire per le vacanze a Martha's Vineyard, Barack Obama parla dalla Casa Bianca dei raid in Iraq che ha autorizzato due giorni fa: il presidente americano ribadisce che i bombardamenti servono «a scongiurare un genocidio» e «non vi saranno truppe di terra». Lo aveva già detto: quello che aggiunge oggi è che i raid aerei, il cui via libera è stato ufficializzato ieri dal Pentagono, non hanno una durata prefissata. Si andrà avanti finché necessario, finché cioè finirà l'assedio dei miliziani sulle minoranze in particolare i 40mila yazidi delle montagne del Sinjar che rischiano i«il 72esimo genocidio della loro storia» grida la loro parlamentare Vian Dakhil a Baghdad, e i centomila cristiani scappati da Mosul e assendiati nei villaggi della piana di Ninive.
A Baghdad, continua Obama, rimarranno per ora ambasciata e consolato americani. Ma è appunto un «per ora» perché le cose potrebbero presto cambiare e i problemi non «si risolvono nel giro di qualche settimana, occorre tempo»; il pericolo non era stato calcolato, dice il presidente Obama, l'avanzata dei jihadisti è più rapida di quanto previsto.
Obama parla dal giardino della sua residenza a Washington mentre nei villaggi iracheni i terroristi dell'Isis si dà la caccia ai «miscredenti»: gli yazidi, una minoranza dalla religione antichissima e preislamica. Uno di loro, un attivista, Ali Sanjari, dice a un sito di notizie curdo che i jihadisti minacciano di «giustiziare circa 4mila yazidi di due villaggi di Haju e Hatemiya, a sud della città irachena di Sinjar se non si convertiranno all'Islam».
Miliziani dell'Isis che Obama definisce «terroristi barbari» contro cui è necessaria la formazione di un governo «legittimo» che dialoghi con tutte le fazioni. «Noi potremmo aiutare le determinazioni del governo iracheno, così come altri Paesi». Il presidente cita Regno Unito e Francia, due Paesi che daranno il loro apporto per aiutare le minoranze perseguitate, e parla di «un corridoio» per portare in salvo i civili minacciati dallo Stato islamico.
I raid mirati di ieri sono andati a segno, continua Obama, sono stati distrutti armi e dispositivi dell'Isis che servivano per attaccare Erbil, la capitale della regione curda in Iraq.
Poi il passaggio su un «progetto a lungo termine» per l'Iraq e la promessa che Stati Uniti continueranno a fornire assistenza militare e consigli al governo di Baghdad e alle forze curde. Insiste però sull'importanza di un governo iracheno «che includa le opposte fazioni», non spiccatamente sciita come sembra volere l'attuale premier al Maliki.
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