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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2014 alle ore 19:09.
L'ultima modifica è del 14 agosto 2014 alle ore 19:16.

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A Donetsk colpi su Procura e istituto tecnico
Colpi di mortaio, più intensi, anche nel centro di Donetsk, la più grande delle città ucraine controllate dai ribelli filorussi. Lo hanno riferito i giornalisti dell'Afp presenti in città. Il bombardamento ha colpito la procura locale, occupata dagli insorti, e l'edificio di un istituto tecnico, ferendo un insegnante. Un civile è rimasto ucciso e altri tre feriti per un'esplosione a un incrocio stradale. Negli ultimi tre giorni di combattimenti almeno 74 civili sono stati uccisi e 116 sono rimasti feriti nella regione di Donetsk. Da marzo hanno perso la vita 839 civili e 1.623 sono rimasti feriti. I dati sono del dipartimento sanitario regionale.

Cambio al vertice tra i separatisti filo-russi
Il «ministro della Difesa» dell'autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, il russo Igor Strelkov, principale capo militare dei ribelli nell'Est dell'Ucraina, ha rassegnato le sue dimissioni. Il suo posto è stato preso da Volodimir Kononov. Strelkov diventa primo vice ministro e capo del personale. Lo ha comunicato l'agenzia Interfax citando un leader dei separatisti. Secondo alcuni media, Kononov è noto come «lo zar».

Da Kiev sì a legge sulle sanzioni e apertura metanodotti a Ue e Usa
Intanto il Parlamento ucraino ha approvato la legge che consente al governo di imporre sanzioni ad aziende e singoli cittadini russi. Il provvedimento, alla sua seconda e definitva lettura, è passato all'unanimità. Sia Mosca che l'Unione europea hanno messo in guardia Kiev dal rischio di sanzioni contro le compagnie russe Gazprom e Transneft, che potrebbero rispondere bloccando le forniture di gas all'Europa.

L'Ucraina ha poi deciso di aprire all'Occidente le porte dei suoi gasdotti, facendo tramontare l'idea di un consorzio a tre per la loro gestione con Unione europea, Ucraina e Russia di cui si era a lungo discusso durante la presidenza del filorusso Viktor Yanukovich: una soluzione che appariva comunque da mesi improbabile vista la tensione con Mosca. Il Parlamento ucraino ha approvato una legge che consente agli operatori stranieri di partecipare alla gestione del sistema dei gasdotti della repubblica ex sovietica, da cui passa (per ora) circa metà del metano russo diretto in Europa, che a sua volta rappresenta circa un terzo del fabbisogno di gas del Vecchio Continente.

La riforma dei gasdotti è stata approvata con 228 voti a favore, appena due in più del necessario, ma tanto basta per un primo passo verso gli investimenti di compagnie europee e americane attraverso una joint venture di cui il governo ucraino avrà comunque una quota di controllo del 51% e che gestirà sia i metanodotti veri e propri che i depositi sotterranei di gas. A essere esclusa resta ovviamente la Russia, che negli anni passati ha provato a mettere le mani sui gasdotti ucraini in cambio di uno sconto sul prezzo del metano. Ma resta una problema non di poco conto, visto che il gas da trasportare è tutto russo.

Rosneft chiede aiuti per 30 miliardi
Il gruppo petrolifero russo Rosneft, oggetto di sanzioni da parte degli Stati Uniti per effetto della crisi ucraina, si è rivolto al governo di Mosca per chiedere un aiuto finanziario che potrebbe essere nell'ordine dei 30 miliardi di euro. Lo scrive il quotidiano finanziario russo Vedomosti. Il direttore generale di Rosneft, Igor Setchine, considerato vicino al presidente Vladimir Putin, avrebbe proposto al Governo russo cinque scenari di aiuto, il più costoso dei quali ammonterebbe a 1.500 miliardi di rubli (31 miliardi di euro), da prelevare nel fondo statale in cui si colloca una parte dei proventi del settore petrolifero per far fronte a eventuali crisi. Contattata dalla France Presse, Rosneft, che è controllata al 70% dallo Stato russo, non ha voluto commentare le indiscrezioni.

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