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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2014 alle ore 16:28.
L'ultima modifica è del 22 agosto 2014 alle ore 09:25.

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Papa Francesco ha telefonato a John e Diane Foley, i genitori del giornalista James Foley decapitato dall'Isis. Il Pontefice, riferisce il sacerdote gesuita americano James Martin, ha raggiunto i Foley nella loro casa del New Hampshire.

Il riscatto
Cento milioni di dollari: tanto, secondo l'Isis, valeva la vita di James Foley, e negli Stati Uniti è polemica perché la vita di altri tre ostaggi americani è in bilico. La somma chiesta dai miliziani per rilasciare il reporter americano e' stata confermata al Wall Street Journal da Phil Balboni, l'editore di Global Post, la testata della vittima.

Com'è noto, Washington non tratta la liberazione di ostaggi e negli Usa oggi è polemica anche perché, secondo il New York Times, altri tre americani rischiano la fine di James. Uno di questi il è freelance Stephen Sotloff, ripreso nel video della decapitazione. "Spero che facciano di più per Stephen. Si può fare di più.

La strada è indicata da altre nazioni", ha detto Michael, il fratello di James. Per organizzazioni come l'Isis o al Qaida, catturare ostaggi è un business: l'organizzazione di Osama bin Laden in cinque anni ha incassato 125 milioni di dollari, 66 solo nel 2013, secondo una stima del New York Times. E' salito a dismisura il tariffario: nel 2000 la media di un riscatto era di 200 mila dollari, oggi cresciuto a parecchi milioni per ostaggio. Con i tre americani (uno di loro sarebbe Austin Tice di Houston, un ex Marine diventato freelance scomparso in Siria due anni fa ), l'Isis ha catturato cittadini del Regno Unito, un altro paese che non paga riscatti.

Il gruppo terroristico, riporta il New York Times, ha inviato una serie di richieste per il rilascio degli stranieri: non solo denaro ma anche scambi di prigionieri tra cui Aafia Siddiqui, la neuroscienziata pakistana legata ad al Qaida e incarcerata da sei anni in Texas. La linea dura sui riscatti ha messo Washington e Londra in contrasto con gli alleati europei che usualmente cedono alle pretese dei sequestratori, anche se nessuno lo ammette ufficialmente. "Gli ostaggi americani vivono la prigionia diversamente. La paura e' maggiore perche' sanno che il loro governo non paga", spiega all'Afp un ex sequestrato che ha chiesto di restare anonimo. Ed e' un dato di fatto: per un cittadino Usa catturato le chance di uscire vivo dall'avventura sono minime. Quelli che ce l'hanno fatta evadendo dai carcerieri, come il premio Pulitzer David Rohde, si contano sulle dita di una mano. Quest'anno invece quattro francesi e uno spagnolo hanno riacquistato la liberta' dopo un pagamento in denaro, hanno confermato al New York Times due delle vittime e i loro colleghi.

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