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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2014 alle ore 07:29.
L'ultima modifica è del 21 agosto 2014 alle ore 12:46.

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(Ap)(Ap)

NEW YORK - Barack Obama aveva provato a salvare James Foley, ma la missione militare segreta era fallita. Il Pentagono ha rivelato ieri notte, al termine di una giornata drammatica che ha visto la conferma della decapitazione del giornalista e Obama promettere di continuare a combattere gli estremisti islamici, di aver inviato nelle scorse settimane forze speciali per liberare Foley e altri ostaggi americani. Al loro arrivo in una località deserta in Siria, dove l'intelligence aveva indicato che lo Stato Islamico avrebbe tenuto Foley e gli altri, dei prigionieri non vi era traccia.

La sfortunata operazione, la prima lanciata in territorio siriano dall'inizio della crisi e della guerra nel Paese, è stata condotta da decine di "commandos" dell'esercito trasportati da elicotteri e protetti da droni e aerei da combattimento. I soldati delle Special Operation Forces sono atterrati nelle vicinanze di una struttura - una sequenza che ricorda la missione coronata da successo in Pakistan nella quale fu ucciso Osama bin Laden - e sono stati protagonisti di scontri a fuoco con i militanti dell'Isis che la proteggevano, uccidendone diversi. Alla scoperta dell'assenza degli ostaggi, i commandos si sono però ritirati.

L'operazione è stata commentata per la Casa Bianca da Lisa Monaco, alto funzionario dell'antiterrorismo e della sicurezza del territorio. «Durante l'estate il presidente aveva autorizzato un'operazione per cercare di salvare cittadini americani che sono stati rapiti in Siria da Isil. L'operazione scattò perché i consiglieri di sicurezza nazionale avevano giudicato che questi ostaggi erano in pericolo ogni giorno che passava e rimanevano nella mani di Isil». L'amministrazione aveva ricevuto quelle che riteneva «sufficienti informazioni di intelligence» e alla prima opportunità ha dato l'ordine di agire. Ma «la missione alla fine è fallita perchè gli ostaggi non erano presenti».

L'amministrazione ha mantenuto top secret i dettagli dell'operazione, citando la necessità di proteggere «le capacità operative delle forze armate». Ma l'azione, nonostante l'esito, deve servire da esempio del fatto che gli Stati Uniti «non tollerano il rapimento di propri cittadini e non risparmieranno alcuno sforzo per garantire la sicurezza dei nostri cittadini e perché i rapitori rispondano delle loro responsabilità». L'assalto alla base dell'Isis sembra confermare che Washington intende alzare la pressione militare e i bombardamenti contro gli estremisti islamici, una scelta sottolineata anche da Obama ieri nello suo discorso alla nazione sull'uccisione di Foley durante il quale ha definito l'Isis un «cancro da estirpare».
Monaco ha aggiunto che la Casa Bianca è vicina alle famiglie dei rimanenti ostaggi. Tra loro potrebbero esserci almeno venti giornalisti scomparsi in Siria.

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