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Questo articolo è stato pubblicato il 22 agosto 2014 alle ore 20:35.
L'ultima modifica è del 23 agosto 2014 alle ore 17:36.

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(Reuters)(Reuters)

Stimolare la crescita e creare occupazione si può. Anche con il rigore dei conti pubblici. Il messaggio che Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea ha voluto lanciare al Simposio di Jackson Hole organizzato dalla Federal Reserve di Kansas City e dedicato al mercato del lavoro, si è dedicato poco alla politica monetaria e al suo ruolo, e ha piuttosto sottolineato il sostegno che la politica fiscale e quella delle riforme può dare alla sua azione.

L'euro destinato a scendere ancora
Draghi ha comunque ricordato che la Bce «resta pronta a modificare ulteriormente il proprio orientamento», evidentemente in senso più espansivo. Ha voluto nuovamente sottolineare come le iniziative già prese hanno cambiato la percezione dei mercati valutari, che lasciano deprezzare l'euro. «Si sono già visti movimenti dei cambi che dovrebbero sostenere sia la domanda aggregate e l'inflazione». Questi movimenti, secondo la Bce «saranno sostenuti dai percorsi divergenti attesi per la politica monetaria negli Usa e in Eurolandia». I mercati ormai scontano un rialzo dei tassi Usa più vicino di quello della Uem e questo – è la conclusione implicita del ragionamento di Draghi – dovrebbe far calare l'euro/dollaro.

I limiti della politica monetaria
Molto di più, però, la politica monetaria non può fare, ha spiegato Draghi. Nell'impossibilità di portare i tassi (a breve) sotto quota zero, «c'è il rischio concreto che la politica monetaria possa perdere efficacia nel generare domanda aggregata», necessaria per ridurre la disoccupazione ciclica ma anche per sostenere le riforme strutturali (che senza una domanda sufficiente non riescono a diventare efficaci.

Crescita e rigore, si può
Uscendo fuori, dunque, dalle questioni di politica monetaria in senso stretto, Draghi ha ricordato come si possano sostenere la domanda in una fase di rigore, che resta necessaria: dopo un primo incremento legato alla Grande Recessione, la disoccupazione è cresciuta in coincidenza con la crisi dei debiti sovrani. Occorre innanzitutto usare tutta la flessibilità che le attuali regole Ue consentono. Occorre poi ridurre le imposte, ma in modo da non aumentare il deficit. Come? Abbassando le tasse in quelle aree in cui l'effetto espansivo di questa manovra è maggiore, riducendo contemporaneamente le spese improduttive dove l'effetto restrittivo di questi tagli è più basso. In una nota al testo scritto, c'è poi un riferimento indiretto al cuneo fiscale, da ridurre.

Più investimenti pubblici a livello europeo
Draghi va anche oltre e chiede un maggior coordinamento della politica fiscale al livello di Eurolandia, in modo che non sia più la mera somma dei 18 budget nazionali dei paesi aderenti all'euro ma persegua obiettivi voluti e condivisi a livello unitario. In questo senso, Draghi ha sostenuto le proposte di Jean-Claude Juncker, il prossimo presidente della Commissione Europea, che vuole disegnare un programma di investimenti pubblici e privati da 300 miliardi. Occorre, ha detto, «un ampio programma di investimenti pubblici, coerente con le proposte del prossime presidente della Commissione europea». Occorre in ogni caso fare molto e presto, sul fronte della domanda. In questa fase, ha spiegato Draghi, «iI rischio di fare ‘troppo poco', supera quello di fare ‘troppo'». È quindi più probabile ed è più grave che la disoccupazione ciclica, quella che si riduce con la ripresa, diventi strutturale; meno probabile e meno grave che si scatenino pressioni eccessive su prezzi e salari.

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