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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2014 alle ore 16:29.
L'ultima modifica è del 14 settembre 2014 alle ore 19:06.

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Un funzionario del regime di Assad è ora l'uomo a capo delle fabbriche di farina, dei forni e della distribuzione del pane. Chi gestisce la diga di Raqqa sono sempre gli stessi tecnici di tre anni fa. In altri casi a dirigere le "aziende di Stato" sono nuovi volti, dai tratti somatici stranieri. Il "Califfato" è stato infatti capace di attrarre gli estremisti di tutto il mondo. Non soltanto combattenti, ma anche ingegneri, tecnici informatici, scienziati e burocrati. In queste piane assolate è accorso l'universo intero del jihadismo. Come l'uomo nominato da Baghdadi a capo delle Telecomunicazioni, incaricato di ripristinarle e svilupparle là dove sono carenti. Sarebbe un tunisino con un PhD nelle Tlc accorso a Raqqa per "servire lo Stato".

Brutale senz'altro, ma anche scaltro. Il califfo Baghdadi ha rigorosamente diviso l'amministrazione civile dalle operazioni militari, assegnando ai combattenti solo mansioni all'interno della polizia locale e delle milizie. Il resto del lavoro lo compiono i "walis", i funzionari civili, competenti nelle rispettive professioni distribuiti nelle nuove municipalità e province. A distribuire gli stipendi è l'Ente finanziario musulmano, una struttura pensata per ricalcare quella di un ministero delle Finanze e allo stesso tempo di una grande banca il cui obiettivo è ridurre la povertà. L'organizzazione terroristica ha messo in piedi tre fabbriche di armi, realizzate soprattutto la costruzione di missili.

«Ogni giorno arrivano qui almeno mille combattenti. Le nostre pensioni sono piene di mujaheddin. Stiamo esaurendo gli spazi per ospitarli», ha raccontato all'agenzia Reuters un jihadista arabo la scorsa settimana. Il tempo di adattarsi e i miliziani ricevono un'abitazione, spesso confiscata agli abitanti non sunniti, e un salario di circa 400-600 dollari al mese. Potrebbe sembrare poco, ma non lo è in questo territorio dove la povertà è sempre stata di casa.

Vivere sotto il Califfato non è dispendioso, i prezzi sono mantenuti volontariamente bassi. Esiste perfino un ufficio per la protezione dei consumatori. Con tanto di funzionari armati di kalashnikov incaricati di ispezionare il suq e controllare che i negozianti non alzino i listini dei generi alimentari e non vendano merce avariata o scadente. Anche in questo per i trasgressori la pena è severa. Fisicamente molto dolorosa. Tutto ciò lascia supporre che l'Is è venute in queste terre con l'intenzione di restarci a lungo. Una simile organizzazione sociale rende comunque molto più difficile per la coalizione americana sconfiggere gli jihadisti. Da sole le bombe dell'aviazione americana non saranno sufficienti a distruggerla.

Anche perché il Califfato ormai è in grado di reggersi sulle proprie gambe anche finanziariamente. Dispone di un "prodotto interno lordo", i cui settori più redditizi sono il contrabbando di petrolio e prodotti raffinati dei pozzi da lui controllati (circa un milione i dollari al giorno), il lucroso business dei riscatti, la vendita di antichità, i fondi che finora sono arrivati da Paesi amici del Golfo e, come ogni stato che si rispetti, le tasse. Queste ultime estremamente pesanti peri cristiani, gli yazidi e chiunque non sia arabo sunnita.

Il califfo al Baghdadi è coinvolto profondamente nella gestione della vita pubblica di Raqqa. Lui ha l'ultima parola su qualunque decisione assunta dai suoi comandanti e dirigenti. Anche sui prezzi dei generi alimentari più comuni. La leadership del Califfato ha comunque compreso che accanto al settore militare, ed a quello finanziario, l'istruzione è decisiva. La chiusura delle facoltà di Belle Arti e di Diritto, ritenute «contrarie alla sharia», i programmi delle scuole elementari, così come delle medie e delle università, riformulati con corsi obbligatori su vari aspetti dell'islam, sono uno dei tanti esempi di come la religione permea ogni aspetto della vita sociale. A cominciare dalle giovanti menti, più malleabili. Gli jihadisti sono venuti qui per restare, e quindi vogliono forgiare nuove menti. Le scuole, e le attività postscolastiche, sono trasformate in fucine di lavaggio del cervello. In un documentario girato nello Stato islamico da Vice news, un guerrigliero barbuto interroga una bambino, presumibilmente di età minore dieci anni. Cosa vuoi fare da grande? Combattere la jihad o fare il martire? Per il piccolo la vocazione al martirio è meno attraente. Risponde con entusiasmo di voler fare il jihadista. Per uccidere gli infedeli.

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