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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2014 alle ore 09:46.
L'ultima modifica è del 24 settembre 2014 alle ore 23:16.

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Il Jobs act approda in Aula al Senato, aspettando la Direzione del Pd. È iniziato infatti con la relazione di Maurizio Sacconi (Ncd), relatore del provvedimento e presidente della commissione Lavoro, l'esame da parte dell'Assemblea di Palazzo Madama del disegno di legge delega sulla riforma del mercato del lavoro. L'Aula del Senato ha respinto, per alzata di mano, le due pregiudiziali di costituzionalità al ddl delega sul lavoro, presentate da M5s e da Sel. L'Aula ha bocciato anche le richieste di sospensiva dell'esame del provvedimento, con un ritorno in commissione Lavoro, presentate da Vito Crimi (M5s) e Loredana De Petris (Sel).

La discussione generale sul Jobs act (approvato in commissionelo scorso 18 settembre) si protrarrà per tutta la settimana, mentre l'inizio delle votazioni sugli emendamenti è previsto per la prossima settimana dopo la Direzione del Pd, che si terrà lunedì prossimo e che esaminerà le modifiche apportate al testo, a partire dal contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti che potrebbe portare al superamento dell'Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Pioggia di 689 emendamenti
Sono 689 gli emendamenti presentati nell'Aula del Senato al Ddl delega sul lavoro ( 40 gli ordini del giorno) Nel dettaglio, la maggior parte degli emendamenti sono stati presentati da Sel (353) seguita da M5S (158). Fi e Lega hanno presentato entrambi 48 proposte di modifica. Nella maggioranza, nessuna proposta è arrivata da Ncd, 31 dal Pd e nove da Sc. La minoranze Pd, che ha chiesto al premier Renzi e alla segreteria un incontro per discutere di un possibile documento unitario da presentare in direzione, ha presentato 7 emendamenti (firmati da una quarantina di senatori) al Jobs act: uno è sull'art.18, con la richiesta di garantire la tutela dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori - con il diritto alla reintegra in caso di licenziamento illegittimo – ai nuovi assunti con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, a partire dal quarto anno. Mentre il premier Renzi punta a sostituire la reintegra in tutti i casi (ad eccezione dei licenziamenti discriminatori) con un indennizzo economico commisurato all'anzianità di servizio.

Alla ricerca di una mediazione sull'articolo 18
Un'ipotesi di mediazione che circola tra i parlamentari del Pd è che la tutela piena dell'art.18 (con possibilità di reintegra in caso di licenziamento illegittimo) scatti nel nuovo contratto a tutele crescenti (previsto dal Jobs act) solo 10 anni dopo l'assunzione. Ma non è affatto detto che Renzi accetti questo compromesso. E il confronto è appena iniziato. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che ha partecipato alla riunione del gruppo del Pd al Senato, insieme al responsabile Economia e Lavoro del partito Filippo Taddei, dopo la quale le minoranze dem hanno presentato gli emendamenti. Poletti ha ribadito ancora una volta che i licenziamenti discriminatori «non sono mai entrati nella discussione» e ha sottolineato che «sul resto c'è una discussione del Pd» sulla delega sul lavoro, che «guarderà tutte le questioni che sono aperte».

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