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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2014 alle ore 17:15.
L'ultima modifica è del 29 settembre 2014 alle ore 07:27.

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Fornero: è una battaglia ideologica
Sulla vicenda dell’articolo 18 scende in campo anche l’ex ministro Elsa Fornero. «Io non credo che da una nuova riforma dell'articolo 18 possa arrivare una variazione per l'occupazione ma sull'articolo 18 è in corso una nuova partita ideologica. «L'ultima cosa di cui il Paese ha bisogno è una nuova polemica e meno che meno di una polemica ideologica. Si dica invece, in una discussione serena, se l'articolo 18 ha funzionato, o non ha funzionato, e perché», chiede, ribadendo come «una battaglia di principio sia un pessimo servizio per il Paese».

Gelmini: l’abolizione dell’articolo 18 è sempre stata nei nostri programmi
«L'abolizione dell'articolo 18 è sempre stato nei nostri programmi di Governo. Siamo quindi pronti a votare qualunque emendamento ne preveda il netto superamento senza ambiguità», ha scritto su Facebook Mariastella Gelmini, vice capogruppo vicario Forza Italia alla Camera. Per l’onorevole Gelmini «l'ottimo testo iniziale è stato peggiorato nel passaggio parlamentare con una trattativa al ribasso. Con l'articolo 18 occorre essere chiari, occorre evitare testi ambigui che consentano di farlo sopravvivere solo per alcune categorie di lavoratori o solo dopo tre o cinque anni dall'instaurazione di un contratto a tempo indeterminato. Renzi si ricordi che con il contratto a tutele crescenti, lasciando l'articolo 18 come il massimo grado di tutela, si finirebbe per penalizzare proprio i più giovani e per segmentare ulteriormente il mercato del lavoro, con lavoratori ultra tutelati da un parte e giovani lavoratori con tutele inferiori». Gelmini si dice anche favorevole «all'introduzione di un contratto a tempo indeterminato più flessibile, purché non si riducano le altre forme di flessibilità a disposizione delle imprese».

Damiano (Pd): una mediazione sull’articolo 18 si può fare
«Capisco che la cancellazione dell'articolo 18 voluta da Renzi non richieda coperture finanziarie e che la Ragioneria dello Stato e il ministero dell'Economia non potranno sollevare le solite obiezioni. Si tratta, quindi, della vittima piu facile e predestinata da portare in dono alla destra europea. Ma questo non è un buon motivo per rendere più liberi in Italia i licenziamenti dei giovani neo assunti con il contratto a tutele crescenti», ha affermato in una nota il presidente della Commissione Lavoro, Cesare Damiano. «Una mediazione si può fare, è solo una questione di volontà politica: la stessa che il Pd ha avuto appena due anni fa, al tempo del Governo Monti, quando l'articolo 18 fu radicalmente modificato». Damiano chiede di fare un monitoraggio di quella riforma, come prevede la legge, per poi procedere sulla base dei dati. «Accanto a questo siamo anche disponibili a prevedere un lungo periodo di prova di 3 o 4 anni senza articolo 18 per i nuovi assunti, a condizione che se viene superata positivamente la prova stessa e l'imprenditore decide l'assunzione a tempo indeterminato, quel lavoratore dovrà avere le attuali tutele dell'articolo 18. Niente serie A e serie B».

Gasparri: contenuti condivisi o Renzi si arrangi
«Il jobs act sta diventando più una prova di nervi che una riforma del mercato del lavoro», ha detto il senatore Maurizio Gasparri (Fi). «Sull'articolo 18 lo scontro è frontale. É chiaro che si tratta di un tabù alimentato solo dai sindacati mentre agli italiani interessa andare al sodo e cioé lavorare avendo le giuste tutele e puntando anche al merito». Il centrodestra, ha detto gasparri, « ha dimostrato, a partire dalla legge Biagi, di saper approvare norme che favoriscano l'ingresso nel mercato del lavoro. Se Renzi non si farà influenzare e non seguirà i diktat della Cgil, ma condividerà con noi i contenuti, FI farà la sua parte. Ma non siamo disponibili a riformicchie e cedimenti. In tal caso, Renzi si arrangi da solo».

Della Vedova: Renzi farà quello che non è riuscito a fare D’Alema
Sulla riforma del mercato del lavoro, Renzi riuscirà a fare quel che non è riuscito a fare D'Alema. Ne è convinto il senatore di Scelta Civica, Benedetto Della Vedova, nel commentare l'intervista dell'ex presidente del Consiglio al «Corriere della Sera» e il dibattito all'interno del Pd sull'articolo 18, in vista della decisiva direzione di domani. «Mi ricordo quando D'Alema, in sintonia con quanto stava facendo Blair in Gran Bretagna - ha dichiarato Della Vedova all'Adnkronos - provò ad aprire un confronto, nel tentativo di ammodernare lo Statuto dei lavoratori. Ma, ai tempi, D'Alema dovette arrendersi alla prepotenza della Cgil». La situazione di oggi, ha detto Della Vedova, «ci dimostra che aveva ragione. Sono passati 15 anni le cose sono cambiate e oggi ha ragione Renzi che, mi auguro, che possa riuscire. I sindacati si devono arrendere all'evidenza che rappresentano solo una parte degli interessi e delle esigenze del mondo del lavoro e delle imprese».

Blog di Grillo: + 7 morti e Renzi pensa all’abolizione dell’articolo 18
«In questi giorni il bollettino delle morti sul lavoro è diventato un bollettino di guerra. È uno dei pochi successi di Renzie, un bel +7,1% di morti rispetto all'analogo periodo del 2013. 489 morti ad oggi e lui pensa all'abolizione dell'articolo 18», si legge nel blog di Grillo che commenta i dati sugli incidenti sul lavoro.

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