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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2014 alle ore 12:38.
Ogni qualche anno, alcuni quartieri di Genova (sempre gli stessi) vengono allagati dalle piene del Bisagno e dei suoi affluenti. Spesso qualcuno muore affogato. Si promettono, e spesso anche si fanno, lavori per difendere l'abitato dalle inondazioni.
La colpa dei danni viene data all'imponderabilità delle nuvole, alla natura che si riprende i suoi spazi, all'uomo che costruisce in modo dissennato, ai cambiamenti del clima che generano le “bombe d'acqua”, ai lavori di difesa eseguiti, ai lavori di difesa non eseguiti.
Io invece di “dare la colpa”, di attribuire responsabilità, mi pongo alcune domande.
1 - Perché nella sua espansione del ‘900 Genova ha occupato anche terreni pianeggianti ed economici che da sempre vengono inondati?
2 - Nel tempo gli allagamenti si sono fatti più frequenti e più intensi?
3 - Che differenza di costo c'è fra una costruzione in un luogo malagevole da raggiungere e una costruzione in un comodo fondovalle?
4 - Ci sono – e quanto costano - polizze assicurative per coprire il rischio di allagamento?
5 - Visto che quelle parti di città vengono inondate con ricorrenza, è più efficace sgomberare la popolazione in via definitiva restituendo quelle zone alla natura, oppure costruire nuove opere di difesa, oppure infine è il caso di rassegnarsi a cercare di convivere con gli allagamenti?
Io non ho risposte ai quesiti che mi sono posto. Chi ha le soluzioni a queste cinque domande può contribuire nello spazio dei commenti qui sotto.
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