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Questo articolo è stato pubblicato il 20 ottobre 2014 alle ore 11:01.
L'ultima modifica è del 21 ottobre 2014 alle ore 15:10.

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(Afp)(Afp)

Le parole pronunciate in piazza San Pietro ieri mattina alla messa di beatificazione di Paolo VI sono il sigillo di un processo rivoluzionario. «Dio non ha paura delle novità», ha detto il Papa, sia alle sue gerarchie che al popolo dei fedeli nel mondo. Era chiaro da tempo che il Sinodo straordinario sulla famiglia convocato dal papa a sorpresa più di anno fa e concluso sabato sera con la votazione a maggioranza del documento finale, rivestiva un significato ben più ampio di un'assemblea consultiva di vescovi e cardinali. È stato un vero banco di prova del pontificato di Francesco, che sta rivoluzionando la Chiesa con un'agenda radicalmente diversa dai suoi predecessori. Una prova che, con tutta evidenza, ha mostrato come il processo avviato la sera del 13 marzo 2013 - la sera dell'elezione - sta andando avanti senza tentennamenti.

L’irrigidimento dei conservatori e il “buonismo distruttivo”
Il dibattito dei primi giorni del Sinodo ha prodotto un primo documento “di lavoro” (la “Relatio post disceptationem”) dove si parlava esplicitamente, e per la prima volta dopo la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II del 1981, di riammettere i divorziati risposati alla comunione, dopo un percorso di tipo penitenziale, e soprattutto di accogliere gli omosessuali nelle comunità, non solo come singoli ma anche come coppie. Effetto dell'invito del Papa a parlare liberamente? Certamente il ciclone argentino sta investendo tutte le strutture e le sovrastrutture della Chiesa, e l'aria nuova (che non a tutti piace) ha travolto quelle “tentazioni” che pure c'erano dentro l'aula del Sinodo, quelle degli irrigidimenti ostili - così li ha definiti lo stesso Bergoglio - e quelle prodotte da un altrettanto deleterio “buonismo distruttivo” dei progressisti. Il risultato finale ha prodotto un dibattito che ha affrontato temi che fino a un anno fa era considerati dei tabù.

Reazioni a una rivoluzione vera
Insomma, una vera rivoluzione, che ha scatenato la reazione, prevedibile, delle forze considerate più conservatrici, timorose che questa apertura pastorale potesse intaccare la dottrina. Sono scesi in campi i cardinali più tradizionalisti - soprattutto di Usa, Africa e di parte dell'Europa - dando l'impressione su alcuni media che si trattasse di una maggioranza di blocco in grado di fermare il processo innescato dagli innovatori. E invece il documento finale, pur ridimensionando molto i toni di qualche giorno prima (ma a quanto pare era tutto calcolato…) ha aperto effettivamente una nuova strada a divorziati risposati e gay, sia come individui che in prospettiva come coppie. I tre capitoli della relazione che hanno affrontato più a fondo questi temi non hanno raggiunto la maggioranza qualificata dei due terzi, ma sono stati comunque approvati con un larghissimo margine, segno che comunque queste aperture - in linea con la pastorale di papa Bergoglio, che sul tema è rimasto sempre al di sopra delle parti - sono espressione della gran parte delle gerarchie e sicuramente della base dei fedeli cattolici.

Punto di non ritorno per il Sinodo 2015
Dal punto di vista politico è sicuramente un successo, nonostante i tentativi di ridimensionamento: infatti il documento conclusivo, che si chiama con il nome latino Relatio Synodi, farà da base per il Sinodo ordinario del 2015, quello da cui arriveranno le indicazioni finali (sempre e comunque di natura consultiva) sulle quali il Papa prenderà delle decisioni, e che saranno rivoluzionarie per la vita della Chiesa, specie in occidente, dove i due temi sono molto sentiti. Quindi si ripartirà non da zero, ovvero dal documento del 1981, ma dal punto raggiunto sabato sera scorso: quindi è prevedibile che non si potrà che andare avanti, non certo tornare indietro. Dopo i cambi nelle finanze vaticane e il previsto ridimensionamento della Curia, questa è la vera riforma di Francesco.

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