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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2014 alle ore 08:13.
L'ultima modifica è del 20 ottobre 2014 alle ore 11:04.

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È anche in una lunga lista di numeri la fotografia della Chiesa di Francesco, che dibatte e si interroga sulle questioni fondamentali della famiglia che toccano da vicino il popolo dei credenti, come la famiglia. Ieri sera l'assemblea del Sinodo straordinario ha votato l'atteso documento finale - frutto di due settimane di confronti serrati e spesso anche di scontri, ma anche di un anno e più di lavoro preparatorio - e dal conteggio dei voti è emerso che tre paragrafi, tra i più discussi e dibattuti, relativi a divorziati risposati e omosessuali, non hanno raggiunto la maggioranza dei due terzi.

In particolare non hanno superato il quorum dei 123 voti i capitoli in cui si prevede un percorso penitenziale per la riammissione ai sacramenti dei divorziati risposati (104 e 112 voti) e quello sull'accoglienza («gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza») per i gay (118 voti). Si tratta comunque della larga maggioranza dei consensi dell'assemblea, il che smentisce quanti nei giorni scorsi andavano affermando che i cardinali e vescovi considerati progressisti erano in minoranza.

In uno dei tre capitoli che riguarda le cure da rivolgere alle "famiglie ferite" (separati, divorziati non risposati, divorziati risposati, famiglie monoparentali) viene sottolineato che deve essere tenuta «ben presente la distinzione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti», ma per una decisione definitiva si rimanda al Sinodo del 2015 sulla famiglia, in attesa di risolvere la divisione tra quanti «hanno insistito a favore della disciplina attuale» e quanti si sono espressi per un'accoglienza che sarà comunque non generalizzata. In ogni caso il capitolo sui gay ribadisce quanto è stato sempre detto da tutti: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Inoltre si riafferma che «è del tutto inaccettabile che i pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all'introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso».

Il documento finale rispecchia quindi quanto emerso negli ultimi giorni: il dibattito, avvenuto nei "circoli minori" ha impresso una frenata rispetto a quanto scritto sulla relazione intermedia presentata lunedì scorso - la Relatio post disceptationem - ma rappresenta in ogni caso un enorme passo avanti nella pastorale familiare e getta un seme nel campo della dottrina. Ora la Relatio Synodi diverrà la base per il Sinodo ordinario del prossimo anno: sarà quella approvata ieri la base di partenza, e quindi c'è attendersi che tra un anno possano maturare le condizioni per ulteriori progressi. Il Papa ha pronunciato un discorso alla fine del Sinodo, che è stata salutato dau na stading ovatrion di cinque minuti. «Il dibattito si è sviluppato con franchezza e coraggio, senza mettere mai in discussione le verità fondamentali del Sacramento del Matrimonio: l'indissolubilità, l'unità, la fedeltà e la procreatività, ossia l'apertura alla vita», ha detto Bergoglio che sin dall'inizio aveva inviatato tutti a esprimersi in libertà e senza timori: «Personalmente mi sarei molto preoccupato e rattristato se non ci fossero state queste tentazioni e queste animate discussioni».

Inoltre Papa Francesco ha ripetuto quanto aveva detto all'inizio raccomandando, ora che si apre una nuova fase di approfondimento, di «vivere tutto questo con tranquillità, con pace interiore anche perché il Sinodo si svolge 'cum Petro et sub Petrò, e la presenza del Papa é garanzia per tutti». Il messaggio è chiaro: il Pontefice ascolta tutti e garantisce la libertà di espressione del pensiero, ma poi a decidere sarà lui, e nessun altro. Nel Messaggio del Sinodo, presentato ieri mattina dal cardinale Gianfranco Ravasi, si afferma tra l'altro che «Cristo ha voluto che la sua Chiesa fosse una casa con la porta sempre aperta nell'accoglienza, senza escludere nessuno».
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