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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2014 alle ore 18:05.

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La comunità ebraica di Roma ha lanciato una campagna sui social network per chiedere il ritorno in patria dei due fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati di aver ucciso due pescatori nel corso di una missione antipirateria a bordo della Enrica Lexie. «Le ultime decisioni dell'India, che allontanano il ritorno dei due marò in Italia, non possono lasciarci indifferenti», ha sottolineato il presidente, Riccardo Pacifici. «Siamo vicini al Governo italiano di Matteo Renzi, al ministro della Difesa Roberta Pinotti e al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che si stanno prodigando affinché la crisi porti a una soluzione positiva». Oggi la Giunta della Comunità Ebraica di Roma ha deciso di lanciare la campagna sui social network e in tutta la rete «per chiedere al mondo di non lasciare soli Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Ci impegneremo a promuovere iniziative fino al giorno in cui li rivedremo tornare a Roma dalle loro famiglie», ha dichiarato Pacifici.

Frattini: l’Europa denunci l’India all’Onu
Intanto sulla vicenda sono scesi in campo due ex ministro degli Esteri. Per l’ex ministro degli Esteri, Franco Frattini «c'è un'unica strada da prendere: l'Italia deve chiedere al presidente del Consiglio europeo Tusk e al presidente della Commissione Juncker di avanzare una denuncia formale all'Onu nei confronti dell'India, per avere violato, nei confronti di un Paese membro, la regola di diritto internazionale secondo la quale se vi sono militari in servizio su una nave la giurisdizione spetta allo Stato di bandiera dei militari: cioè in questo caso all'Italia e non all'India». Giulio Terzi di Sant'Agata, ex ministro degli Esteri del Governo Monti, conferma le sue accuse all’ex premier Monti che lo portarono alle dimissioni: «La vera vergogna è stata quella di rimandare indietro i due marò, il Governo aveva assunto un orientamento diverso, confortato dalla legge e dall'assenso dei partner internazionali. Poi, misteriosamente, si cambiò idea». Terzi di Sant'Agata ritiene che dietro quella decisione «ci fossero ragioni economiche e affaristiche» e auspica che il Governo di Roma «sollevi la questione a livello internazionale. Ma in maniera seria».

Monsignor Marcianò: sconcerta il no indiano
La scelta dell'autorità giudiziaria indiana sulla vicenda dei due marò «non può che suscitare un profondo sconcerto che sento di dovere esternare anche a nome di tutta la Chiesa dell’Ordinariato militare», ha detto monsignor Santo Marcianò, ordinario militare per l'Italia, intervenendo sulla vicenda dei marò. L'ordinario militare ha detto di riporre «grande fiducia e stima nell'opera del Governo italiano che è impegnato da tempo nella ricerca di una soluzione a questo difficile caso e che, anche in queste ultime ore, sta mettendo in opera tutti i mezzi possibili per risolverlo».

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